Non profit

Un miliardo di affamati

Record storico di persone che vivono in stato di sotto-nutrizione

di Maurizio Regosa

La fame nel mondo sta per raggiungere un livello storico: oltre un miliardo di persone (per l’esattezza un miliardo e 20milioni) vive in stato di sotto-nutrizione, secondo le nuove stime pubblicate dalla Fao (il cui Rapporto 2009 sulla Fame verrà presentato in ottobre).

Una drammatica crisi alimentare

Tale incremento non è la conseguenza di raccolti non soddisfacenti, ma della crisi economica mondiale che ha ridotto i redditi e aumentato la disoccupazione. Il che ha ulteriormente ridotto le possibilità di accesso al cibo per i poveri, afferma l’agenzia delle Nazioni Unite. «La pericolosa combinazione della recessione economica e dei persistenti alti prezzi dei beni alimentari in molti paesi ha portato circa 100 milioni di persone in più rispetto all’anno scorso oltre la soglia della denutrizione e della povertà croniche», ha detto il direttore generale della Fao, Jacques Diouf. «Questa silenziosa crisi alimentare – che colpisce un sesto della popolazione mondiale – costituisce un serio rischio per la pace e la sicurezza nel mondo. Abbiamo urgentemente bisogno di creare un largo consenso riguardo al totale e rapido sradicamento della fame nel mondo, ed intraprendere le azioni necessarie ad ottenerlo». «L’attuale situazione dell’insicurezza alimentare nel mondo non ci può lasciare indifferenti», ha aggiunto, «Le nazioni povere devono essere dotate degli strumenti economici e politici necessari a stimolare la produzione e la produttività del loro settore agricolo. Gli investimenti in agricoltura devono aumentare, perché per la maggioranza dei paesi poveri un settore agricolo in buone condizioni è essenziale per combattere i problemi della fame e della povertà».

Chi sono gli affamati

Quasi l’intera popolazione sotto-nutrita vive nei paesi in via di sviluppo. In Asia e nel Pacifico circa 642 milioni di persone sono stimate soffrire di denutrizione cronica; nell’Africa Sub-Sahariana sono 265 milioni; in America Latina e nei Caraibi 53 milioni; nel Vicino Oriente e nel Nord Africa 42 milioni; nei paesi sviluppati la stima è di 15 milioni in totale. «La maggioranza dei poveri e degli affamati nel mondo è costituita dai piccoli contadini dei paesi in via di sviluppo, ha spiegato Kanayo F. Nwanze, presidente del Fondo Internazionale per lo Sviluppo. «Ciò nonostante, essi hanno il potenziale non solo per garantirsi la propria sussistenza ma anche per accrescere la sicurezza alimentare e stimolare una più vasta crescita economica. Per rendere effettivo questo potenziale, i governi, assistiti dalla comunità internazionale, devono proteggere gli investimenti di base nel settore agricolo, in modo da garantire ai piccoli contadini l’accesso non solo a sementi e fertilizzanti, ma anche a tecnologie più adatte, infrastrutture, schemi di finanza rurale e mercati».

Un futuro incerto

Nel corso dell’incontro con la stampa, è stato ribadito che sono specialmente i poveri che vivono nelle città coloro che si troveranno ad affrontare i problemi maggiori legati alla recessione globale, in quanto la riduzione della domanda di esportazioni e degli investimenti diretti esteri si ripercuoterà presumibilmente in maniera più pesante sui lavori urbani. Ma anche le aree rurali non verranno risparmiate. Milioni di persone emigrate nelle città si vedranno costrette a tornare nelle campagne, con conseguenti pressioni sulle condizioni dei poveri residenti in tali aree.  La situazione di alcuni paesi in via di sviluppo è anche aggravata dal fatto che le rimesse degli emigrati nei loro paesi d’origine sono diminuiti sostanzialmente nel corso di quest’anno, causando una notevole riduzione delle riserve estere e dei redditi familiari. «La comunità internazionale si deve stringere assieme nell’obiettivo di garantire che vengano soddisfatti i bisogni più urgenti, mentre vengono elaborate soluzioni di più lungo termine» ha sostenuto Josette Sheeran, direttore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale.

Le reazioni

Tra le prime reazioni, all’allarme Fao, quella di Coldiretti, che in un comunicato sottolinea il peso della speculazione che ha bruciato nel mondo quasi 200 miliardi di dollari solo per il grano con le quotazioni internazionali che sono dimezzate in un anno da 10 dollari per bushel (0,37 dollari al chilo) dello scorso anno a poco più di 5 dollari per bushel (0,18 dollari al chilo) mentre i prezzi dei prodotti alimentari derivati come pane e pasta hanno continuato ad aumentare nei paesi ricchi ed in quelli poveri. «Nonostante il forte calo dei prezzi alla produzione agricola», denuncia in una nota la Coldiretti, «rimangono alti i prezzi al consumo che rendono ancora più difficile la sopravvivenza del miliardo di affamati. Come dimostra il fatto che, secondo la Fao, l’andamento dei prezzi al consumo in 58 Paesi in via di sviluppo ha evidenziato che nell’80 per cento dei casi i prezzi sono più alti dello scorso anno». Gli effetti disastrosi della crisi economica confermano che il cibo non è una merce qualunque. Per questo, afferma nel comunicato il presidente della Coldiretti Sergio Marini, sono necessarie «politiche specifiche: occorre investire nell’agricoltura delle diverse realtà del pianeta, dove servono prima di tutto politiche agricole regionali che sappiano potenziare le produzioni locali con la valorizzazione delle identità territoriali per sfuggire all’omologazione che deprime i prezzi e aumenta la dipendenza dall’estero».

 

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