Non profit
Un miliardo di affamati
Lo dicono i dati del rapporto 2008 della Fao. Nella Repubblica democratica del Congo l'aumento più considerevole
La fame è aumentata. È di quasi un miliardo, precisamente 963 milioni, il numero delle persone denutrite nel mondo, secondo il rapporto 2008 pubblicato oggi dalla Fao: 40 milioni in più dell’anno scorso e 115 milioni in più rispetto al biennio 2003-2005. E l’attuale crisi finanziaria ed economica – avverte l’agenzia dell’Onu con sede a Roma – potrebbe far lievitare ulteriormente questa cifra.
Il grosso di questo aumento si è registrato in un singolo paese, la Repubblica Democratica del Congo, come conseguenza della persistente situazione di conflitto: da 11 milioni il numero è lievitato a 43 milioni (nel 2003-05) portando la proporzione delle persone sottonutrite dal 29 al 76 per cento del totale. Nell’insieme l’Africa sub-sahariana ha fatto qualche passo avanti nella riduzione della proporzione delle persone che soffrono la fame cronica passando dal 34% del biennio 1995-97 al 30% del biennio 2003-2005. Ghana, Congo, Nigeria, Mozambico e Malawi sono i paesi che hanno registrato la riduzione più marcata. Il Ghana è il solo paese che ha raggiunto sia l’obiettivo di riduzione del numero, stabilito dal Vertice dell’alimentazione, sia quello della diminuzione della proporzione, stabilito dagli Obiettivi di sviluppo del Millennio.
«I prezzi alimentari sono calati dall’inizio del 2008, ma l’abbassamento dei prezzi non ha messo fine alla crisi alimentare di molti paesi poveri: per milioni di persone nei paesi in via di sviluppo, riuscire a mangiare ogni giorno una quantità di cibo sufficiente per poter condurre una vita attiva e sana è ancora un sogno lontano» ha dichiarato il Vice Direttore Generale della Fao Hafez Ghanem. «I problemi strutturali della fame», ha aggiunto, «come l’accesso alla terra, al credito ed all’occupazione, sommati ai prezzi sostenuti dei generi alimentari, continuano ad essere una spaventosa realtà».
Nonostante il sensibile calo del costo dei cereali degli ultimi mesi, l’Indice Fao dei prezzi alimentari nell’ottobre 2008 era ancora un 20% più alto rispetto all’ottobre 2006, e da allora i prezzi delle sementi e dei fertilizzanti sono più che raddoppiati. Per questo i contadini poveri non sono nelle condizioni di poter aumentare la produzione, e mentre gli agricoltori nei paesi sviluppati, sono riusciti a sostenere l’innalzamento, aumentando di almeno il 10 per cento nel 2008 la produzione cerealicola, l’aumento nei paesi in via di sviluppo non dovrebbe essere superiore all’1%.
«L’obiettivo del Vertice dell’alimentazione del 1996 di dimezzare il numero delle persone che soffrono la fame entro il 2015 richiede un forte impegno politico e finanziario di almeno 30 miliardi di dollari l’anno per l’agricoltura e per le misure di protezione sociale delle popolazioni povere», spiega Ghanem. Ma senza l’impegno internazionale, la situazione nel Sud del mondo precipita: il 97% delle persone sottonutrite (907 milioni su 936) vive nei paesi in via di sviluppo. Di questi, il 65% vive in soli 7 paesi: India, Cina, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Indonesia, Pakistan ed Etiopia. La regione dell’America Latina e dei Caraibi era quella che nel 2007 aveva registrato i maggiori passi avanti nella riduzione della fame prima dell’impennata dei prezzi alimentari, che ha fatto salire il numero delle persone affamate a 51 milioni. I paesi del Vicino Oriente e del Nord Africa, invece, hanno in generale registrato bassi livelli di persone sottonutrite, ma conflitti (Afghanistan ed Iraq) e rialzo dei prezzi alimentari hanno fatto salire il numero dei sottonutriti dai 15 milioni del biennio 1990-92 a 37 milioni nel 2007.
Anche la crisi mondiale attuale ha contribuito, e non poco, a peggiorare la situazione. Alcuni paesi erano sulla buona strada per il raggiungimento dell’obiettivo del Vertice prima che i prezzi alimentari schizzassero in alto, ma «perfino questi paesi hanno subito delle battute d’arresto e parte dei progressi fatti sono stati cancellati a causa dei prezzi alti», ha detto Ghanem. La situazione potrebbe ulteriormente deteriorarsi man mano che la crisi finanziaria colpirà le economie reali di nuovi paesi. Una domanda ridotta nei paesi sviluppati minaccia i redditi dei paesi in via di sviluppo attraverso le esportazioni. Sono inoltre a rischio le rimesse di denaro, gli investimenti e tutti gli altri movimenti di capitale, compresi gli aiuti allo sviluppo. Le economie emergenti in particolare saranno quelle che subiranno gli effetti della stretta creditizia più a lungo, anche se la crisi dovesse essere di breve durata.
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