Welfare

Un migrante fortunato: sta in carcere

Sono una persona che si ritiene fortunata perché ho stabilito nuove amicizie e ho stretto legami con persone leali che mi hanno voluto bene per quello che sono, senza interessi

di Ornella Favero

La testimonianza che segue, di Boulak Youssef, tratta dal giornale dei detenuti della casa circondariale di Ivrea, L?Alba, spiega bene il fallimento delle politiche di accoglienza degli immigrati nel nostro paese, se è vero, come è vero, che molti ragazzi stranieri hanno trovato qualche piccola opportunità e qualche rapporto umano decente solo quando sono finiti in carcere: «Sono una persona che si ritiene fortunata non per il fatto di aver lasciato la mia patria a 17 anni venendo in un paese del quale non conoscevo quasi nulla, neanche per il fatto che in quattro anni non sono riuscito a combinare nulla di buono, ho fatto solamente soffrire chi mi voleva bene veramente. Malgrado i sette anni che ho trascorso tra queste mura mi ritengo fortunato perché da ristretto sono riuscito a fare cose che fuori non mi è mai stato possibile fare, mi ritengo fortunato perché ho stabilito nuove amicizie e ho stretto legami con persone leali che mi hanno voluto bene per quello che sono, senza interessi». Qui Rama Sono stati presentati dall?assessorato alle Politiche per le periferie, lo sviluppo locale e il lavoro del Comune di Roma, i dati per il 2005 del Centro per l?orientamento al lavoro – Carceri di Roma. Sono stati 1.306 i colloqui con persone in esecuzione penale. Di questi, 492 sono stati colloqui con donne, 315 quelli con cittadini stranieri. La fascia di età maggiormente rappresentata è stata quella compresa tra i 36 e i 45 anni. Degli utenti contattati, il servizio ha preso in carico 44 persone: di queste 25 soggetti in esecuzione penale hanno trovato occupazione. I numeri dicono chiaramente che, anche dove, come a Roma, c?è un servizio che si occupa attivamente di sostenere i detenuti nella loro ricerca di un lavoro, le opportunità offerte sono poche e spesso scarsamente qualificate. Bisognerebbe, forse, ripensare a tutto il sistema della formazione in carcere.


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