Sostenibilità

Un metro su 10 è tornato alla natura.

I governi hanno capito l’importanza delle aree protette, che preservano gli ecosistemi, stabilizzano il clima e mantengono le risorse (a cura di Antonio Canu)

di Redazione

Le prime azioni di tutela risalgono a tempi lontani, nell?antichità: già in Persia e in Cina si proteggevano alberi e boschi e i popoli italici anticipavano quelle misure di rispetto che in epoche successive portarono alla creazione dei ?boschi sacri? dei Romani.
Il primo vero parco naturale viene istituito un paio di millenni dopo, nel 1872: è quello di Yellowstone, negli Stati Uniti, voluto dal Presidente Ulisse Grant «per il beneficio e il godimento della gente».
Da allora molte cose sono cambiate. Intanto il nostro il pianeta, che negli ultimi 130 anni ha subito un?escalation devastante di processi di trasformazione da parte dell?uomo. Oggi non c?è luogo che non sia interessato dall?influenza delle attività antropiche, e il futuro non sembra riservare nulla di buono. Di fronte a uno scenario in rapido mutamento, le aree protette hanno assunto nuovi ruoli e nuova importanza strategica. Di fatto hanno creato isole di natura in una fase critica di distruzione.

Attenti ai proclami
Le aree protette, così come si presentano nel nuovo millennio, oltre a essere fondamentali e irrinunciabili per la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi, svolgono altre, importanti, spesso insostituibili funzioni: sono un serbatoio di beni e servizi ambientali per la nostra stessa sopravvivenza: pensiamo all?acqua, al suolo; mantengono le risorse naturali, per esempio quelle destinate all?alimentazione, e le risorse genetiche per l?agricoltura, la zootecnia, la medicina e l?industria; mitigano i cambiamenti climatici in atto e fungono da aree tampone durante gli eventi climatici estremi; difendono le culture locali e tradizionali e sono spesso sede di luoghi di culto; riducono le tensioni alle frontiere tra nazioni; sono un polo turistico che, se gestito bene, porta risorse importanti per molti stati e offre anche altre opportunità di sviluppo economico.
I numeri ci parlano di un 12 per cento della superficie terrestre protetta, ma la realtà è più articolata. Intanto di quel 12 per cento stimato, non tutto è realmente protetto. Ci sono aree istituite per legge, ma gestite male o non gestite: li chiamano i ?parchi di carta? e non sono pochi nel mondo, anzi.
All?interno di quella percentuale, poi, molti ecosistemi importanti non sono ancora significativamente tutelati: le aree umide, le foreste tropicali aride e umide, le savane, le praterie, le zone costiere e soprattutto il mare. In un pianeta che è soprattutto oceano, è già un ritardo gravissimo aver tutelato appena l?1 per cento. Negli oceani si gioca infatti una fetta importante della natura e delle risorse del futuro.
I tempi stanno cambiando e occorrono nuove strategie. Le aree protette sono fondamentali e devono crescere sia in termini di numero complessivo che di superficie, ma da sole non possono far fronte alle necessità, sempre più urgenti, e complesse di tutela della biodiversità, delle risorse naturali, dei processi ecologici essenziali per la vita stessa del pianeta. Intanto vanno collegate tra loro tramite corridoi naturali e aree cuscinetto, in modo da ampliare il più possibile gli spazi protetti.

Appuntamento a Durban
In futuro, per esempio, si dovranno studiare sempre più parchi transfrontalieri, tra l?altro facilitatori anche di rapporti migliori tra stati diversi. L?istituzione di parchi naturali deve essere parte integrante delle strategie di sviluppo e non essere isolate da un contesto più ampio. È questo il tema dominante del prossimo Congresso mondiale sulle aree protette che si terrà a Durban dall?8 al 17 settembre, cui parteciperanno ben 2500 delegati da tutto il mondo: si intitolerà ?Benefici senza confini? e dovrebbe far segnare, almeno nelle intenzioni, importanti passi in avanti nelle strategie da adottare per rafforzare le aree protette del futuro.
Tra le misure da valutare ci sarà sicuramente il rafforzamento della missione di conservazione della biodiversità e degli ecosistemi, in particolare in quelli più trascurati nel tempo; l?utilizzo delle aree protette all?interno di processi di tutela ed ecosviluppo più estesi e coinvolgenti, in termini di partecipazione delle comunità e di obiettivi ben definiti. Non va poi dimenticato che mentre si pianificano azioni così importanti, il mondo continua a cambiare, e i mutamenti climatici in atto porteranno a scenari sempre diversi.

E l?Italia? Più efficienza
In quanto all?Italia, come spesso avviene, abbiamo impiegato anni per avere una legge e una politica sulle aree protette. Così dopo i primi parchi nazionali storici (Abruzzo, Gran Paradiso, Stelvio, Circeo, Calabria) e le prime reti di aree protette regionali (per esempio del Lazio, del Piemonte, della Lombardia), dal 1991, anno della legge quadro sulle aree protette, si è cominciata una nuova fase che ha portato in tredici anni ad avere una rete complessa di parchi e riserve naturali tra i primi, in quantità, in Europa.
Sulla qualità invece c?è ancora molto da fare, almeno in termini di efficacia ed efficienza di gestione. Un problema non solo italiano, ma sicuramente importante, laddove un?area non gestita o gestita male può avere effetti negativi non solo sul territorio, ma anche su altri pezzi della rete. La sfida è quella di creare un sistema nazionale che sia parte di un sistema più complesso a livello mediterraneo e continentale: per farlo occorre mettere a punto una strategia coerente con le priorità di conservazione, con le possibili opportunità di sviluppo, con le politiche di tutela e gestione del territorio in ambiti sempre più ampi e collegati tra loro.

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