Medio Oriente
Un medico a Gaza: «Operiamo alla luce dei fari. Non c’è elettricità»
Dopo la fine dell’assedio alla struttura, i medici dell'ospedale di Al-Awda, nel Nord di Gaza, stanno di nuovo facendo nascere bambini e salvando vite umane in condizioni incredibilmente difficili. «Tre medici e un'infermiera più due operatori rimasti uccisi all'interno dell'ospedale negli ultimi giorni dell'assedio», racconta il dottor Adnan Radi, a capo del reparto di ostetricia e ginecologia. «Molte donne incinte sono state invece uccise nei dintorni dell'ospedale, mentre cercavano di raggiungere la struttura in pieno travaglio»
di Redazione
Dopo la fine dell’assedio alla struttura, i medici dell’ospedale di Al-Awda, nel Nord di Gaza, stanno di nuovo facendo nascere bambini e salvando vite umane in condizioni incredibilmente difficili.
Per oltre 20 giorni, a dicembre, nessuno è potuto entrare o uscire dall’ospedale, gestito da Al-Awda, partner dell’organizzazione ActionAid, dal momento che era completamente circondato. Tutti i servizi sono stati interrotti mentre le 170 persone intrappolate all’interno – personale, pazienti e loro parenti – hanno lottato per sopravvivere con scorte di cibo e acqua sempre più scarse.
Il dottor Adnan Radi, a capo del reparto di ostetricia e ginecologia, ha dichiarato: «Tre medici e un’infermiera più due operatori rimasti uccisi all’interno dell’ospedale negli ultimi giorni dell’assedio. Molte donne incinte sono state invece uccise nei dintorni dell’ospedale, mentre cercavano di raggiungere la struttura in pieno travaglio».
Durante l’assedio, il personale è stato trattenuto dall’esercito israeliano prima di essere rilasciato, ma il direttore dell’ospedale – il dottor Ahmed Muhanna – che è stato arrestato e portato via, è ancora detenuto e non si sa dove si trovi. «Siamo estremamente preoccupati per la sua sicurezza e chiediamo che venga rilasciato immediatamente», scrive ActionAid. «I professionisti del settore medico godono di uno status protetto dal diritto umanitario internazionale, che deve essere rispettato».
Con la fine dell’assedio sono riprese le attività di cura ma la grave carenza di forniture mediche, carburante, cibo e acqua rende il lavoro quasi impossibile. Essendo uno dei soli quattro ospedali parzialmente funzionanti nel nord di Gaza – e l’unica struttura in grado di fornire servizi di maternità nel nord – è un’ancora di salvezza per migliaia di persone disperate e in particolare per le donne incinte dell’area. Domenica scorsa, l’organizzazione mondiale della sanità ha annunciato di aver annullato per la quarta volta una missione programmata per portare forniture mediche ad Al-Awda e ad altri ospedali del nord, non avendo ricevuto garanzie di sicurezza. Sono passate quasi due settimane dall’ultima volta che l’agenzia è riuscita a raggiungere il nord di Gaza.
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«Stiamo affrontando molti ostacoli. Il primo è la sicurezza dell’ospedale e dell’équipe che vi lavora. Ci sono gravi carenze di specialisti e consulenti, poiché la maggior parte dei consulenti e degli specialisti di ostetricia e ginecologia sono stati evacuati a Rafah e Khan Younis. L’immunoprofilassi Anti-D, gli antibiotici e la maggior parte dei farmaci di emergenza in ostetricia non sono disponibili in ospedale. La maggior parte dei nostri interventi chirurgici è fatta alla luce dei fari. Non c’è elettricità. Molte pazienti ci raggiungono con gravi emorragie post-partum, perché hanno partorito durante il tragitto verso l’ospedale o nelle aree evacuate, nelle scuole e in altre zone di Jabalia o Gaza. Molte di loro hanno bisogno di trasfusioni di sangue, che non sono disponibili in ospedale in queste condizioni», conclude il Dottor Adnan Radi.
Riham Jafari, coordinatrice advocacy e comunicazione di ActionAid Palestina, afferma: «È incredibile vedere come l’ospedale di Al-Awda sia di nuovo in grado di fornire le cure disperatamente necessarie alle donne incinte e ad altri pazienti. Ciò è dovuto esclusivamente all’eroico coraggio e all’altruismo del personale dell’ospedale che continua a lavorare nonostante l’immenso pericolo che corre. A nessuna donna dovrebbe essere negato il diritto fondamentale a un’adeguata assistenza alla maternità, eppure, questa è la realtà per le donne che partoriscono a Gaza ogni singolo giorno. Non smetteremo mai di chiedere un cessate il fuoco permanente e immediato, per fermare l’insensata uccisione di civili, permettere agli aiuti vitali di entrare e salvare il sistema sanitario di Gaza dal collasso totale».
AP Photo/Mohammed Hajjar
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