Mondo

Un mare di pace per i bambini del Donbass

L'associazione “Aiutateci a Salvare i Bambini” continua, grazie ai donatori italiani, a portare aiuto umanitario nelle zone più tormentate dal conflitto del confine tra Ucraina e Russia. L'intervista al presidente Ennio Bordato

di Redazione

Dal 2014, nel silenzio del mainstream occidentale, una terribile guerra prosegue in Europa nelle regioni del Donbass nel sud-est dell’Ucraina. Nulla all’orizzonte fa sperare in una veloce cessazione del conflitto. La ONLUS “Aiutateci a Salvare i Bambini” in questo terribile scenario per i civili e soprattutto per i bambini, continua, grazie ai donatori italiani, a portare aiuto umanitario nelle zone più tormentate dal conflitto, dove gli aiuti diventano un supporto indispensabile per la sopravvivenza. Il presidente Ennio Bordato, promotore di una lunga serie d’iniziative finalizzate a dare sostegno umanitario ai bambini del Donbass e alle loro famiglie, in esclusiva su Vita.it, fa il punto della situazione e lancia un nuovo appello.


Bordato, lei che è costantemente in contatto con persone del posto, ci può aggiornare sulla situazione attuale nelle zona del conflitto?
I dati ONU più recenti, sottostimati, sono sconvolgenti:

  • 1.750 milioni di profughi, di cui oltre 1 milione nella Federazione Russa;
  • oltre 10mila le vittime, 25mila i feriti;
  • 223 bambini uccisi, centinaia i feriti, gli invalidi ed i mutilati;
  • oltre 4 milioni e mezzo di abitanti colpiti dal conflitto e 3 milioni 400mila di questi necessitano di costante aiuto. Il 60% di costoro sono donne e bambini, il 40% anziani;
  • 200mila persone che vivono nella “zona grigia di contatto”, una delle zone più minate del mondo, dipendono unicamente dall’aiuto umanitario esterno.

Una sistematica distruzione delle infrastrutture civili: 25mila abitazioni civili bombardate, distrutte o gravemente danneggiate, oltre 100 le strutture medico-ospedaliere distrutte, 600 scuole, asili, istituti d’istruzione, orfanotrofi non più agibili. L’inverno presto lascerà il posto alla primavera, poi la scuola finirà ed i bambini sperano anche quest’anno di poter trascorrere una decina di giorni in pace al mare”.

Di solito si occupa di assistenza medica davanti a casi estremi che necessitano d’interventi o di determinate cure. Anche accompagnare i bambini al mare rientra in una cornice di supporto sanitario?
I bambini che vivono, come in Donbass costantemente in condizione di guerra accusano una grave patologia: il DPTS (Sindrome post-traumatica da stress). L’impatto è talmente destabilizzante da far sì che i bambini, assieme ad un’altra eventuale patologia principale, accusino anche altri disturbi, o problemi di salute mentale, come: ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, problemi di sonno, somatizzazione ed altre dipendenze comportamentali. Per questo il breve periodo al mare che vorremmo loro regalare non è una vacanza: è essenzialmente assenza di guerra, di paura, è dormire in un letto normale e non sottoterra, è non sentire il rimbombare dei cannoni, è non terrorizzarsi al suono di un sibilo… Ci sono bambini che, dopo cinque anni di guerra, dal sibilo sanno riconoscere se sta arrivando un missile grad, piuttosto che colpi di mortaio, o d’artiglieria… sono letteralmente terrorizzati. È un dramma di portata immensa!

Come si manifesta questa sindrome? Quali sono i sintomi?
I sintomi di questo disturbo sono molteplici e possono essere raggruppati in tre categorie. La prima riguarda il modo con cui viene rivissuto l’evento vissuto: immagini, pensieri o percezioni che si presentano come ricordi intrusivi e persistenti, incubi ricorrenti, flashback, immagini negative, forte disagio psicologico e psichiatrico. Ci basti vedere i disegni che fanno: bombe, fuoco, lacrime.. La seconda descrive il persistente deviamento degli elementi che vengono associati all’evento traumatico e l’abbassamento della reattività. Principalmente nella sfera dell’affettività, in termini d’incapacità a provare amore, o altri sentimenti nei confronti degli altri, sentimenti di diminuzione delle prospettive future. Questi bambini credono di non poter più vivere una vita normale. La terza, un aumento del livello di attivazione che si manifesta sotto forma di ipervigilanza, difficoltà di concentrazione, esagerate risposte d’allarme, irritabilità, scoppi d’ira, difficoltà di addormentamento o di mantenere il sonno, ansia, senso di morte.

Ha già avuto modo in passato di occuparsi di questi casi?
La nostra Associazione, unica la mondo, è intervenuta grazie ad una equipe di psicologi dell’Emergenza dell’Università di Padova a Beslan dove ha sviluppato un progetto, durato sei anni, di aiuto e sostegno psicologico alla popolazione osseta dopo la tragedia della scuola n.1 del 2004. Il Progetto è terminato nel 2010 con la distribuzione di oltre mille DVD interattivi per la gestione, appunto, del DPTS.

Qual è l’appello che lancia ai lettori di Vita?
Questo è il quarto anno che in estate organizziamo una “Vacanza di Pace” al mare per i bambini delle zone di guerra del Donbass. Speriamo, anche quest’anno, di riuscire a realizzare questa iniziativa. Vorremmo portare i bambini sul Mar Nero, a Tuapse, in Russia, è per tal ragione che stiamo lanciando una campagna di raccolta fondi per arrivare alla somma necessaria, circa 10.000 euro. La richiesta ci è giunta direttamente dalle nostre volontarie di Glubokoe (Gorlovka), villaggio “adottato” dalla nostra Associazione che si trova sulla linea del fronte. Tutti i bambini, circa 40, provengono da famiglie povere e numerose. Speriamo molto che, anche per quest’anno, il buon cuore degli italiani ci possa aiutare a regalare ai “nostri” bambini un “cielo di pace,” seppur per un breve periodo, almeno per sottrarsi qualche giorno dai tristi rumori della guerra. L’iniziativa si chiama “Un mare di Pace – obiettivo 10.500 Euro

Riuscirà mai a portare questi bambini in Italia, magari ripetendo le dinamiche dei famosi “bambini di Chernobyl”? Sono convinto che non mancheranno le famiglie disposte ad ospitarli. È realistica questa possibilità?
Purtroppo oggi questo non è assolutamente realistico. Oggi sono irrisolvibili i problemi burocratici del loro arrivo. Speriamo che la pace arrivi al più presto e con la pace la possibilità di ospitarli in Italia. Per loro sarebbe un sogno, per noi la conclusione di un percorso di forte solidarietà e d’impegno umanitario.

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