In Italia il 29% della popolazione non ha assistenza pubblica domiciliare. È quanto emerge da un’indagine condotta dalla Fondazione Istud Knocking on patient’s door. Bussando alla porta del paziente tra il novembre 2009 e il maggio scorso, illustrata ai primi di luglio a Roma da Maria Giulia Marini, responsabile dell’area Sanità e salute della fondazione. È emerso che quasi un italiano su tre (circa 17 milioni di persone) non può usufruire dell’assistenza domiciliare. «Ai nostri politici non interessa la bontà delle cure domiciliari, ma solo far quadrare i conti. Speriamo che questi dati li facciano riflettere sulla necessità di investire in questo settore», ha commentato Franco Mandelli, presidente dell’Ail – Associazione italiana contro le leucemie, linfomi e mieloma intervenuto alla presentazione del censimento.
Al Nord il fenomeno riguarda il 17% della popolazione, al Centro il 30 e al Sud il 52. Sugli 841 distretti del servizio pubblico in Italia, solo 541 sono attivi nel fornire cure domiciliari. Risultano attivi il 75% dei distretti al Nord, il 63 al Centro e solo il 46 al Sud. In Lombardia il 100% dei distretti pubblici esistenti garantisce le cure domiciliari pubbliche, mentre Abruzzo e Molise hanno un distretto su cinque disponibile.
Nell’indagine anche il ruolo di enti privati e non profit. Quelli che offrono servizi di cure a casa sono il 44% al Nord, il 26 al Centro e il 27 al Sud. Sempre brillante la posizione della Lombardia, dove opera il 70% degli enti del Nord Italia. I lombardi possano contare non solo su tutti i distretti pubblici attivi, ma anche sulla sussidiarietà del privato. «È un’Italia a due velocità perché da una parte, c’è un welfare positivo nel Nord Italia con cure a domicilio, mentre nel Sud non zoppica solo il pubblico ma anche privati e non profit», ha sostenuto Marini. A farne le spese, secondo l’esperta, «sono sempre i cittadini».
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