Non profit

Un intervento di Giorgio Vittadini. Ma sarà l’estetica l’arma vincente

Il libro scritto da Profumo pone una questione cruciale: qual è la suprema convenienza? Se proviamo a rispondere scopriremo che l’etica non basta.

di Giorgio Vittadini

Alessandro Profumo e Giovanni Moro firmano un libro sul tema della responsabilità sociale dell?impresa. La lettura suscita alcune osservazioni generali. La prima è che le ideologie non sono più adeguate a leggere la realtà e questo vale anche per lo specifico di cosa sia un?impresa. Si fa un gran parlare di etica dell?economia, di ritorno al luteranesimo, ma il vero tema è quello di una estetica dell?economia, ovvero ciò per cui una persona è in grado di creare valore aggiunto e ricchezza anche con mezzi di produzione limitati. Non per niente il libro si pone, quasi inconsciamente, la stessa domanda che appare nel Vangelo: qual è la suprema convenienza? È stato pubblicato di recente un libro a firma di Alessandro Profumo e Giovanni Moro sul tema della responsabilità sociale dell?impresa. Si tratta di un testo molto interessante, che tratta a 360 gradi temi che di solito sono affrontati in modo schematico e riduttivo. Come si dice nel testo, infatti, il problema è far crescere una cultura critica dentro l?impresa e nella società civile come “capacità di leggere correttamente senza lenti deformate la realtà e i meccanismi che regolano le nostre società”. La lettura del testo ha suscitato alcune osservazioni di carattere generale. La prima è la constatazione del fatto che le ideologie non sono più adeguate a leggere la realtà in tutta la sua complessità e questo riguarda anche lo specifico di cosa sia un?impresa. A tale proposito il volume sottolinea due aspetti interessanti: il tema della convenienza e la constatazione di come le norme di comportamento di un imprenditore non sono determinate innanzitutto da leggi. Si fa un gran parlare di etica dell?economia, di leggi, di ritorno al luteranesimo, ma il vero tema è piuttosto quello di una estetica dell?economia, ovvero ciò per cui una persona è in grado di creare valore aggiunto e ricchezza anche con mezzi di produzione limitati. Non per niente il libro si pone, quasi inconsciamente, la stessa domanda che appare nel Vangelo: qual è la suprema convenienza? La parola convenienza riguarda proprio il motivo per cui si è spinti a muoversi che è quel desiderio di verità, di bellezza e di giustizia che c?è nel cuore dell?uomo e l?esigenza di risposta a questo desiderio. Quando qualche autorevole personalità propone un?idea di impresa che nasca da presupposti neoclassici, luterani e manichei, tipici della società del capitalismo nascente, non si rende conto di rifarsi a schemi superati che in Italia hanno avuto come esito quello di mortificare la produzione e di generare un clima da caccia alle streghe. Invece, per fare le fabbriche, ci vogliono le cattedrali, l?arte, la cultura, la società, il gusto delle persone. Solo così qualcuno può dedicarsi alla produzione spinto dal desiderio, di cui l?aspetto economico è solo una parte, di migliorare quello che sta facendo. Questa nuova idea di impresa e di costruzione implica un ripensamento anche di tutto il sistema educativo e formativo. In particolare, occorre che l?istruzione scolastica, almeno fino alla scuola superiore e ai primi anni di università (che è stato una dei nostri vanti), rimanga di livello e inoltre sono necessari investimenti affinché master e dottorati possano competere con quelli americani ad oggi qualitativamente superiori semplicemente per una maggiore disponibilità di risorse. Quello che nell?immediato può essere visto solo come un costo, sarebbe in realtà il più grande investimento. Un ulteriore importante aspetto che il libro sottolinea è la necessità che il sistema di rappresentanza non sia unico: non sono solo i partiti e nemmeno solo i sindacati o le associazioni di imprenditori a rappresentare i cittadini, ma, ad esempio, anche movimenti, associazioni, camere di commercio. Per concludere, il libro di Profumo e Moro tratta anche del sistema sociale italiano, sottolineando la necessità che vengano fatte delle riforme. Ritengo che questo tema meriti un adeguato approfondimento. Perché solo l?Italia deve essere privata di un sano sistema di libera concorrenza tra pubblico, privato e privato non profit in sanità, assistenza, scuola? Perché gridare allo scandalo quando si sente parlare di sistema di istruzione misto dove magari il privato è fatto di famiglie e non da grandi investitori? Perché dobbiamo per forza avere a che fare con vecchi sindacalisti che si confrontano con altrettanti vecchi padroni delle ferriere? Non sarebbe molto meglio avere un mondo alla Blair dove privato vuol dire anche privato di realtà sociale? Del resto, anche il mondo della sinistra ha parlato di quasi mercato per sopperire allo spreco dello Stato, con l?idea di integrare il sistema di servizi con il privato sociale. Il libro ha in definitiva il grande pregio di mostrare tutti i limiti di un sistema italiano neoconsociativo, neoclientelare, neopartitico, in cui gli opposti estremismi si toccano fermando un intero Paese per due anni su un problema giuridico personale che risale a vent?anni fa. La speranza è che questo sistema venga presto superato e si possa cominciare a pensare alle cose serie, quelle che interessano la vita quotidiana delle persone.


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