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Un instant book sui 10 anni di guerra in Siria, l’impegno delle ong per i bambini

Metà della popolazione è sfollata interna o rifugiata in un altro Paese. Una guerra che non è ancora finita e ha lasciato mezzo milione di vittime. Nel nostro book scaricabile gratuitamente ripercorriamo i 10 anni di guerra. Intervengono Vittorio Emanuele Parsi, Paolo Branca e Padre Claudio Monge. Ma per ripensare al futuro bisogna partire dai bambini. Il racconto dei progetti che Avsi, WeWorld, Ai.bi, Coopi, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Missioni don Bosco e Intersos stanno realizzando per loro

di Anna Spena

È arrivato il tuo turno dottore”. Era il 15 marzo del 2011 e un gruppo di ragazzini a Dar'a, in Siria, disegnarono questo graffito su un muro della città. Il “dottore” era — ed è ancora oggi — il dittatore Bashar al Assad. I siriani volevo nuove riforme per il Paese. Bashar e la dittatura del partito Baath, hanno risposto con la guerra.

Di mezzo c’è anche l’Isis, le bombe su ospedali e scuole. Città rase al suolo. «L’antico Paese mediorientale si mostra oggi particolarmente ferito e sofferente», dice la giornalista Asmae Dachan che ha scritto la prefazione e ha partecipato alla realizzazione dell'instant book che vi presentiamo “10 anni di Guerra, Ong In Siria – La cooperazione in prima linea a supporto di bambini e famiglie”, scaricabile gratuitamente.

«Sono circa 11,1 milioni i siriani rimasti in Patria che non sono più in grado di acquistare viveri e beni di prima necessità e dipendono dagli aiuti umanitari, mentre l’80% della popolazione vive ormai sotto la soglia della povertà. Il 50% degli ospedali sono stati rasi al suolo o resi inagibili. Le scuole distrutte sono state oltre settemila. Ipotizzare una ricostruzione della Siria che non tenga conto della tutela dei diritti umani di tutta la popolazione, e che non veda un processo contro tutte le parti che si sono macchiate di crimini di guerra rischia di diventare un contributo alle innumerevoli violazioni contro i civili. Una Siria senza i siriani, una Siria in cui si costruisce sul silenzio sui cadaveri di persone abusate e torturate, sull’allontanamento forzato degli oppositori, non è una vera Siria, ma la proiezione di un fallimento internazionale, che consegna buona parte di un popolo all’oblio».

Ma perché siamo arrivati a questo? «La rivolta siriana contro il regime di Bashar al-Assad era iniziata in forma pacifica: un movimento trasversale di una società che chiedeva lavoro, dignità, riforme sociali strutturali e fine della corruzione», si legge nell’intervista a Padre Claudio Monge, Consultore del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. «Incominceremo a capire e quindi a dare un piccolo contributo alla pacificazione del Medio Oriente, quando la smetteremo di “voler semplificare”, sostenendo l’indecente politica Occidentale che, evitando di confrontarsi con la propria cattiva coscienza, ha permesso la jihadizzazione di un’insurrezione per la libertà».

Iniziata come una rivoluzione pacifica è diventata una delle crisi umanitarie più grandi che la storia ricordi: «Non credo», racconta Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta scuola di economia e relazioni internazionale (Aseri) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, «sia mai esistito nessuno che abbia bombardato così tanto il popolo come ha fatto Assad con il suo: ha distrutto il Paese. Se l’Europa smettesse di inquadrare il Paese come “un serbatoio di profughi” farebbe un passo avanti politica- mente per uscire dalla logica per cui “un Paese è un problema”».

La Siria è un Paese complesso: «Complesso, perché molto antico», spiega Paolo Branca, docente di Lingua e Letteratura araba e islamistica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. «Anche nella dinamica — conflitto, dialogo, convivenza — interreligiosa. I piani si articolano — il politico, il religioso, l’appartenenza comunitaria —, si intrecciano, si confondono. Trasferire in Medio Oriente certe categorie — pensiamo a “destra” e “sinistra”, “progressista” o “conservatore” — è una cosa ridicola e rende ancor più complicata la questione».

Ma non si può abbandonare il Paese a se stesso. E per ripartire è fondamentale il supporto della cooperazione internazionale. Nel book raccontiamo del lavoro di otto ong nel Paese: Avsi, WeWorld, Ai.bi, Coopi, Medici Senza Frontiere, Save the Children, Missioni don Bosco e Intersos. In Siria c’è bisogno di tutto ma ripartire dai bambini e reinserirli nel sistema scolastico è il primo passo per garantire al Paese un futuro. Eppure il sostegno umanitario da solo non può bastare.

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