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La diminuzione della percentuale di Aiuti destinati all’agricoltura – passata dal 17% del 1998 al 3,2% dello scorso 2008 – dà ragione di questo peggioramento drammatico che peraltro non registra ancora gli effetti della crisi globale che solo ora inizia a colpire le economie “arretrate” dei Paesi poveri. Aver lasciato intendere che i 20 miliardi saranno gestiti dalla Banca mondiale – il soggetto maggiormente responsabile del taglio della spesa pubblica e della promozione delle grandi concentrazioni agroalimentari con i suoi Piani di aggiustamento strutturale imposti ai Paesi poveri – crea preoccupazione soprattutto se abbinata alla totale assenza di vincoli e di orientamenti strategici per il loro utilizzo.
La lotta alla fame passa per il sostegno alle piccole aziende familiari – l’80% del totale di quelle africane; per il rafforzamento dei mercati locali e regionali – spesso soffocati dalle produzioni per l’esportazione; per il ricorso a tecnologie sostenibili e gestibili in loco – e non per la diffusione degli ogm; per interventi strutturali e di medio termine – piuttosto che interventi spot e emergenziali. Ma di tutto ciò, nella dichiarazione resa a L’Aquila, non vi è traccia. Come non risulta nulla alla voce «impegni pregressi trasformati in azioni concrete». Non ci resta che sperare che almeno questi 20 miliardi siano sulla carta: quella delle banconote e non quelle delle dichiarazioni dei Vertici.
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