Non profit
Un film sui migranti prodotto grazie a Facebook
Lo promuove una associazione di cineasti auto-definitisi «recidivi»
Recidiva è una malattia che torna. Ma recidiva è anche la realtà che vuole manifestarsi, anche se i riflettori sono altrove. E recidivi sono «quei materiali che filmati o video che non vogliono soccombere all’oblio e tornano a disturbare la nostra memoria». E a questi materiali, si legge nello statuto dell’associazione (lo trovate su www.redicivi.it) che intende dedicarsi un gruppo di cineasti e operatori culturali che hanno scelto di chiamarsi recidivi.
Un documentario di inchiesta
Radicati territorialmente (in Puglia e in Basilicata) i recidivi sono nati nel 2006 e organizzano mostre, rassegne, iniziative culturali, non volendo occuparsi «della polvere sui film» ma essendo piuttosto interessati a «quei processi di rielaborazione e ideazione che nascono dal rimettere mano agli scaffali» (si legge nello statuto). In pratica, sono uomini e donne di cinema che intendono presentare spezzoni di quella realtà per lo più trascurata dai media cosiddetti generalisti. È così che è nato il progetto di Inverno primavera estate autunno (e ancora inverno), un documentario di inchiesta sulle condizioni di vita degli immigrati, che segue il susseguirsi delle stagioni, che scandiscono i tempi della loro esistenza da rifugiati. Parte dall’inverno del 2009 in cui un gruppo di immigrati occupa uno stabile abbandonato nel pieno centro di Bari; prosegue con lo sciopero degli immigrati il 1 marzo 2010 in primavera, raccogliendo riprese, frammenti di realtà, interviste, esperienze da Lucca a Lecce. Continua (anche in questi giorni) attraverso le esperienze di lavoro delle comunità immigrate a Palazzo S. Gervasio, Nardò, Foggia…
L’avventura produttiva
Particolarmente interessante il modo produttivo messo a punto dal regista Domenico de Ceglia (del gruppo Farfa – Cinema Sociale Pugliese) e dai suoi: per realizzare questo documentario (la cui produzione si concluderà a dicembre) hanno lanciato una sottoscrizione, sul web e in particolare sui social network (Facebook sopra tutti). L’idea è quella di invitare amici, sostenitori e simpatizzanti a diventare co-produttori. Con 5 euro versati ciascuno potrà avere il proprio nome nei titoli di coda e via aumentando (ma c’è tutta una casistica molto trasparente: con 7 euro si dà una mano alle riprese e al noleggio dell’attrezzatura; con 10 al montaggio e alla distribuzione). Tutti gli euro raccolti diventeranno capitale sociale, precisa de Ceglia. «Siamo aperti alla collaborazione con enti, privati, individui che vogliano offrire il loro prezioso contributo costruttivo per la costruzione della verità», si legge invece sul sito.
Un metodo produttivo (tecnicamente è chiamato crowdfunding) che consente di saltare i normali meccanismi di finanziamento, e si affida al pubblico, rendendolo parte del movimento creativo e produttivo, protagonista della fruizione e della produzione.
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