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Un film per raccontare la prima cooperativa sociale d’Italia, nella Trieste di Basaglia

Verrà proiettato per la prima volta sabato 20 il documentario "50 anni di Clu", che racconta la storia della Cooperativa lavoratori uniti Franco Basaglia, nata nel 1972 all'interno dell'allora manicomio di San Giovanni, nel capoluogo giuliano

di Veronica Rossi

Foto d'epoca in bianco e nero, due persone che caricano degli asciugamani su un furgone, un'altra persona che entra dal sedile del passeggero

Uscirà per la prima volta domani, fuori concorso nel contesto del Trieste Film Festival, il documentario 50 anni di Clu di Erika Rossi, scritto insieme al giornalista Massimo Cirri. Si tratta di un viaggio alla scoperta della Cooperativa lavoratori uniti – Clu Franco Basaglia, nata a Trieste nel 1972. Il 2024 è un anno significativo per la prima di un lavoro che ripercorre una delle grandi novità che si sono sviluppate nel capoluogo giuliano all’epoca della rivoluzione basagliana: è il centenario della nascita del grande medico veneziano, che tanto ha cambiato la psichiatria italiana e mondiale.

Una storia rivoluzionaria, quella della Clu, nata quando le imprese e le cooperative sociali ancora non esistevano in Italia: è stata la prima esperienza nel nostro Paese – probabilmente nel mondo – e ha costituito sicuramente un modello per le realtà sorte successivamente. «Nell’ambito della macrostoria della rivoluzione basagliana, questa vicenda non era mai stata raccontata», spiega la regista, che ha all’attivo diversi lavori sul tema della salute mentale e della deistituzionalizzazione. «Si tratta di un’avventura senza precedenti, la Clu era qualcosa di assolutamente antesignano». La cooperativa, infatti, è nata all’interno delle mura dell’ospedale psichiatrico triestino, diretto da Franco Basaglia, per riconoscere il pieno diritto agli internati dell’ospedale che erano occupati nei lavori che permettevano il corretto funzionamento del manicomio. Fino a quel momento, nel nome dell’ergoterapia, non si era data una vera retribuzione a chi era impegnato in queste attività, ma tutto cambiò il 16 dicembre 1972.

«Gli internati fecero in prima battuta un verbale in assemblea e presentarono una richiesta di costituzione per la cooperativa in tribunale», dice Rossi. «L’istanza venne rigettata, perché queste persone non avevano i diritti civili; allora loro scioperarono e in quel momento – come dice Peppe Dell’Acqua, psichiatra dell’equipe basagliana – rinacquero in un solo secondo, perché esercitarono uno dei loro diritti fondamentali che prima non erano riconosciuti. Michele Zanetti, presidente della provincia, si mise in moto e di fatto la cooperativa sorse per volontà del Consiglio provinciale, che con una delibera dichiarò finita l’era dell’ergoterapia e quindi dello sfruttamento del lavoro degli internati».

Il film – in cui Massimo Cirri, oltre che coautore, è stato cicerone all’avventura della Clu – segue le vicende della cooperativa, oggi impresa sociale, arrivando fino a un presente in cui questa realtà continua a fare inclusione, adattandosi negli anni alle nuove necessità sociali (negli anni ‘90, per esempio, c’è stata una grande apertura al femminile, dando possibilità alle madri rimaste, per qualche motivo, sole con dei bambini). La pellicola, prodotta da Ghirigori, è realizzata con la fotografia di Daniel Mazza, il montaggio di Beppe Leonetti e le musiche della Max Maber orchestra.

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