Welfare

Un F35 in meno non basta

di Flaviano Zandonai

Meno F35 e più welfare. Si ripropone, anche sulle colonne (virtuali) di Vita, un classico dell’advocacy civile: tagliare le voci di spesa pubblica che, secondo i promotori, generano negatività e destinare i risparmi per soddisfare bisogni che incidono più da vicino sulla qualità della vita delle persone e delle comunità.

Il problema è se questa sorta di scambio funziona. Ovvero se è efficace sia nell’attività di lobby sui decisori, sia nell’interlocuzione con la più ampia opinione pubblica per creare consenso in merito a un diverso utilizzo dei fondi pubblici. L’impressione è che se funziona, ciò avviene soprattutto a corto raggio. Rafforza soprattutto le convinzioni di chi è già in qualche modo convinto, ma lo scambio tra cacciabombardieri e servizi sociali è ben lontano dal raggiungere l’effetto sperato. Prova ne è il fatto che questo governo “vampiresco” è sostenuto, tra gli altri, da partiti animati da orientamenti favorevoli a ridimensionare (o addirittura eliminare) la spesa per gli F35 per avere in cambio più risorse per il welfare. Ma i risultati – almeno per ora – non si vedono.

Le cause di questa situazione sono diverse. Ad esempio il fatto che manca un rapporto diretto tra elettori ed eletti e quindi è difficile impostare campagne di sensibilizzazione e di protesta che abbiano destinatari precisi. E questo succede sia per un deficit culturale, sia per cause contingenti come l’attuale legge elettorale che, in questo senso, è proprio un autentico “porcellum”. Esistono poi i ben noti problemi legati alla rappresentanza delle organizzazioni della società civile, ma non del comparto in sé, quanto delle tematiche che dovrebbero assumere uno status di autentico “interesse generale”. Ed è forse per questo che da più parti si assiste a tentativi, a volte soprendenti (per usare un eufemismo), di “chiamata a raccolta” del terzo settore da parte di persone e organizzazioni che, almeno in via teorica, dovrebbero occuparsi d’altro.

Occorre forse una proposta più sofisticata e insieme più realistica. Che muova da quel che i proponenti sono effettivamente in grado di mobilitare, anche al loro interno. Per questo, oltre a reclamare minori spese militari, è meglio agire a più corto raggio evidenziando in primo luogo gli elementi di valore creato. Interessanti, ad esempio, i dati forniti dalla cooperazione sociale sull’effetto generato dall’aumento dell’Iva per i servizi sociali in termini di aumento delle spese per amministrazioni pubbliche e per i cittadini acquirenti. Dati più difficili da comunicare, ma a mio avviso più convincenti rispetto all'”operazione F35″. In secondo luogo si può agire su riallocazioni della spesa a corto raggio – da un capitolo all’altro della stessa macro voce – e soprattutto individuare modelli di servizio più efficienti e capaci di mobilitare risorse proprie a cofinanziamento. Una revisione della propria spesa insomma. Prima che ci pensi il vampiro.

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