“Anime morte”, mertvye duši. In Russia si chiamava così la bassa servitù composta da servi della gleba scomparsi tra un censimento e l’altro. Finché il nuovo non la sanciva, nonostante morte fisica certa, per l’anagrafe civile e l’ufficio delle tasse faceva fede l’attestazione in vita del vecchio censimento.
Su queste “anime” si versavano imposte e c’era persino chi – come il consigliere Cicikov immortalato da Gogol -, con fare da lobbysta, escogitava continui artifici per frodare lo Stato. Come? Per esempio acquistando i servitori fantasma sui quali avrebbe poi iscritto ipoteca. Uno “schema Ponzi” ante litteram.
Per attuare il suo piano, il Cicikov di Gogol rompe, ordisce e trama, gioca d’azzardo sulla vita altrui, sconvolge equilibri e perverte valori. E infine… quando il piano che credeva segretissimo viene scoperto, andando così a catafascio, lui e i suoi simili si rivelano ben più morti dei morti su cui volevano speculare.
Anche nella vicenda del decreto “Salva-Roma” ee nell’emendamento pro-azzardo presentato dalla senatrice Chiavaroli, c’è qualcosa che ricorda il romanzo di Gogol. Farsa e tragedia si uniscono. Lobby e servitù vanno a braccetto. Anche qui, come là, “ognuno tira acqua al suo mulino”. Solo che non sempre la ruota gira come vorremmo e le anime che crediamo morte talvolta si rianimano.
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