Sostenibilità
«Un errore i farmers market in città»
Lo dice Maurizio Ottolini presidente Confcooperative Lombardia
di Redazione
«Portare i farmer’s market in città potrebbe essere un errore. I farmer’s market esistono laddove c’è la produzione, ovvero i campi. Portarli in città significa costringere il produttore a farsi carico anche dei costi di trasporto, da scaricare poi sul consumatore. Ecco perché chi ha fatto la spesa oggi al Consorzio Agrario di Milano parla di “bidone”». Lo dice Maurizio Ottolini presidente Confcooperative Lombardia che ci tiene a puntualizzare, però, l’importanza del farmer’s market.
«I farmer’s market – aggiunge Ottolini – sono nati nelle cooperative agroalimentari di Confcooperative all’epoca si chiamavano “spacci” e sono sorti a partire dal 1900 nell’alta Lombardia, in Trentino, in Toscana, nelle Marche. Le cooperative nella loro azione di valorizzare del territorio credono nella validità del farmer’s market e nella necessità di valorizzarne l’azione, perché offrono un ulteriore contributo alla vendita e perché svolgono un’azione formativa e divulgativa dell’attività agricola».
«Resta inteso, però – continua Ottolini – che è sbagliato individuare nei farmer’s market la risposta ai problemi dell’agricoltura per almeno due motivi: 1) incidono per una quota assolutamente marginale alle esigenze di crescita del settore agricolo che necessita di dimensioni e respiro dei commerci; 2) non raggiungono la collettività dei consumatori, ma solo una ristrettissima nicchia. L’agricoltura ha futuro solo se punta sulla crescita delle imprese e sull’ampio respiro del mercato – conclude Ottolini – questo per difendere il profitto del produttore e il potere d’acquisto dei consumatori. Tutto questo la cooperazione già lo fa».
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