Non profit
Un dibattito No Slot al Parlamento europeo, per capire e agire
Il giro d'affari del gioco d'azzardo online, in Europa, è di circa 10 miliardi di euro. Cifre da capogiro, che in Italia fanno ancor più paura: l'azzardo legale muove 84,7 miliardi l'anno, più del 4% del Pil nazionale. Oggi al Parlamento Europeo, alle 18,30, un convegno No Slot farà il punto della situazione, per capire come agire secondo una logica locale e globale
di Marco Dotti
Nel 1936, l'economista inglese John Maynard Keynes diede alle stampe uno dei suoi lavori più importanti e ambiziosi, la Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta. Un passaggio delicato, critico, decisivo e, sotto molti aspetti, profetico di Keynes richiama proprio oggi l'attenzione dei decisori.
Scrive infatti Keynes: «Quando l’accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un Casinò, è probabile che le cose vadano male».
Partendo da questa evidenza, martedì 11 novembre alle 18,30, presso la sede del Parlamento Europeo di Bruxelles, si terrà un convegno organizzato dall'onorevole Patrizia Toia e dal Gruppo dell'Alleanza Progressista dei Socialisti & Democratici.
Oltre a Patrizia Toia, parteciperanno la parlamentare Cristel Schaldemose, Franco Taverna, coordinatore della Fondazione Exodus, Simone Feder, della Comunità Casa del Giovane di Pavia, Riccardo Bonacina, direttore di Vita e Presidente del Movimento No Slot e Marco Dotti e Jim Orford del Gambling Watch UK.
La piramide rovesciata: l'intero sistema sulle spalle dei giocatori
Che le cose non vadano per il verso giusto, né in Italia, né altrove è un dato di fatto. Meno evidente, anche se il velo comincia a far trasparire qualcosa, è il fattore che, con un'espressione resa celebre da Susan Strange potremmo chiamare "casino-capitalism": un capitalismo che segue le linee di fuga e la messa a valore tipiche di un casinò, impiantato su scala globale ma capace ugualmente di incidere su scala locale.
L'esempio italiano è lampante: nei luoghi di socialità, negli spazi di quella "sfera pubblica temporanea" che sono bar o circoli ricreativi sono presenti più di 400.000 "macchinette".
Su queste macchinette si innesta una piramide rovesciata, che vede in sempre precario equilibri interessi fiscali, privati, locali, globali e permette – come ha dimostrato ampiamente il sociologo Maurizio Fiasco – la costruzione "a debito" di strumenti derivati.
Tra le materie prime messe a valor, in questo "casino capitalism" c'è il tempo. Non a caso è proprio il tempo uno dei fattori a preoccupare di più nell'accelerazione che il gioco d'azzardo legale, industriale e di massa imprime alle dinamiche locali. C'è il tempo della macchina – in Italia a una slot machine si gioca una "partita" da 4 secondi con 1 euro – che schiaccia il giocatore alla macchina stessa e c'è il tempo di questi flussi di denaro: rapidissimi, ingentissimi, che schiacciano i luoghi di incontro e di prossimità alterandone la fisionomia. A titolo di esempio, pensiamo che oggi circa il 60% delle nuove sale gioco aperte sono in sedi di ex banche. C'è una ragione di apparati di sicurezza già presenti, ma c'è anche l'evidenza di una deriva: le banche, che nel nostro immaginario sono simbolo di potenza e vampirismo sociale, vengono addirittura sfrattate da dinamiche di flusso più potenti delle loro.
Un altro sociologo, Manuel Castells, nel suo The Rise of network society, richiama la nozione di compressione "spazio-tempo": un flusso incredibile di transazioni e di flussi di capitale investono i luoghi, assorbendo e inglobando il tempo. I flussi, nella loro istantaneità e circolarità, investono i luoghi e li snaturano nel punto più piccolo del loro network. In questa rete, la rete del gambling legale è solo un sottoinsieme, ma è metaforicamente determinante per comprendere il funzionamento del sistema di referenza.
Una logica perversa
Non è, infatti, una distorsione logica quella che si rivela nel punto più piccolo di quella rete – in un bar, osservando donne o uomini intenti a giocare i propri euro, pochi si pongono la domanda di comprendere quanto sia il flusso di denaro che transita da quel luogo e il numero di interazioni-transazioni per secondo tra uomo e macchina – ma, al contrario, una vera logica distorta che sta segnando le nostre economie.
Benché di competenza degli Stati membri, che al loro interno hanno però conflitti non minimi di giurisdizione e paradosso spesso non spiegabili nemmeno ricorrendo alle più bizantine analisi giuridiche, negli ultimi tempi il Parlamento europeo si è occupato di azzardo, in particolare di azzardo online, uno degli aspetti che più preoccupano perché porta a accelerare ancora di più non solo le dinamiche di gioco, ma la possibilità di rompere gli ultimi muri di prossimità rimasti, penetrando direttamente nelle case dei "target" di questo mercato, ossia dei "giocatori". Mentre in Italia si discute ancora di "proibizionismo" e "antiproibizionismo", come se i termini del problema fossero racchiusi dentro queste due polarità, in Europa ci si muove diversamente, riallacciandosi a un discorso molto simile, per certi versi, a quello fatto dai sindaci più attivi sul territorio.
L'Europa si muove
In una raccomandazione del 14 luglio scorso, inoltre, la Commissione europea ha confermato che nel 2012 i proventi del gioco online in Europa si aggirano attorno ai 10 miliardi di euro.
In Italia, l'azzardo legale nel suo complesso muove 84,7 miliardi di euro l'anno, più del 4% del Pil nazionale.
Due, in particolare, le risoluzioni che hanno visto il Parlamente europeo intervenire in questo settore.
La prima, approvata il 15 novembre 2011, sottolinea il valore aggiunto europeo di una regolamentazione del fenomeno e ha tentato di avviare una maggiore cooperazione tra Stati per regolamentare e contrastare con omogeneità il fenomeno.
La seconda risoluzione sul “Gioco d’azzardo online nel mercato interno” è stata approvata il 10 settembre del 2013. Nel testo si ricorda, tra le altre cose, che «il durissimo clima sociale ed economico attuale è stato determinante per l’enorme incremento della diffusione del gioco d’azzardo, soprattutto nei segmenti più poveri della società».
@oilforbook
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.