Salute

Un cocktail salva la vita

Un risultato ottenuto con l’impiego prolungato di nuovi farmaci, tra cui gli inibitori della proteasi. La cura è valida anche per le epatiti virali. È allarme contagio tra gli eterosessuali

di Stefania Olivieri

Si apre uno spiraglio di speranza per i malti di Aids. Se la sconfitta del virus Hiv è ancora un miraggio, la prolungata somministrazione dei nuovi farmaci, tra cui gli inibitori della proteasi, sembra rafforzare il sistema immunitario e migliorare le condizioni generali, anche nei pazienti gravi che non rispondono positivamente alla terapia antivirologica. È l?ultima frontiera raggiunta dal professor Ferdinando Aiuti, frutto di uno studio di tre anni su 77 malati di Aids e condotto da un gruppo di ricerca dell?Università ?La Sapienza? di Roma. «Solitamente quando le analisi cliniche non danno risultati positivi, la terapia viene sospesa o comunque modificata», spiega il vicepresidente dell?Anlaids. «Noi abbiamo voluto continuare ugualmente e lo studio si è focalizzato su pazienti gravi, in fase preterminale, che tra febbraio e marzo del ?96 iniziarono ad assumere inibitori della proteasi». Il risultato? A distanza di tre anni si è verificato un recupero immunologico: la media dei linfociti CD4, annientati dal virus Hiv, è decisamente migliorata, salendo da 9 a 200. «Il dato interessante», spiega il professor Aiuti, «è la risposta immunologia positiva sia nei malati che hanno manifestato una riduzione virologica significativa sia in quelli che solitamente rispondevano poco agli antivirali. Da questo studio deriva un messaggio di estrema importanza, che deve giungere a tutti i malati: non sospendere le terapie sulla base di analisi di laboratorio che mostrano la permanenza di virus Hiv nell?organismo». Come è avvenuto nei pazienti esaminati, infatti, la ripresa del sistema immunitario può essere riscontrata anche dopo molti mesi dall?inizio delle terapie. Inoltre, può essere registrata anche in coloro che sembrano avere una scarsa reazione positiva ai test in vitro. Non solo. Su 24 dei 77 pazienti tenuti sotto osservazione per tre anni, si è riscontrata una risposta funzionale delle cellule, anche in coloro che non avevano dato risposta virologica. «Come già osservato da alcuni studi sui topi», spiega il professor Fernando Aiuti, «gli inibitori della proteasi potrebbero aver agito sul sistema immunitario riducendone l?azione tossica verso le proprie cellule». Nei malati di Aids, infatti, la morte non sopraggiunge solo a causa dell?azione del virus, ma per effetto di un?autoaggressione da parte del sistema immunitario che in risposta all?attacco del virus distrugge anche le cellule sane. «Non solo i farmaci hanno evitato questo processo autodistruttivo, ma si è verificata anche una ripresa funzionale delle cellule, vale a dire il recupero della loro memoria immunologica. Per esempio: prima la reazione al virus influenzale era negativa mentre oggi è positiva, e lo stesso vale per reazione all?antitetanica», aggiunge l?immunologo. Secondo i dati dello studio, inoltre, grazie alla loro azione immunomodulante, gli inibitori della proteasi potrebbero essere utilizzati anche per altre malattie del sistema immunitario, per malattie autoimmuni e infettive, come le epatiti virali. Rimane irrisolto il problema degli inevitabili effetti collaterali: lipodistrofia, calcoli duodenali, insufficienza epatica, etc. «Per il momento questi sono disagi inevitabili», commenta il professor Aiuti, «ma a fronte di un?inevitabile peggioramento della malattia devono essere necessariamente accettati». Quanto alla riduzione dei casi di Aids conclamata, l?immunologo sottolinea il rischio di un?eccessiva sottovalutazione della permanente pericolosità del virus. «Noto un atteggiamento diffuso di esagerato ottimismo» commenta. «Il numero dei casi di Aids conclamata è in diminuzione perché le persone sieropositive assumono i farmaci e si ammalano meno. Ma il dato relativo agli infetti è stazionario tra i 4 e i 5 mila casi. Ciò che assolutamente non va sottovalutato è l?aumento dell?incidenza del virus tra gli eterosessuali: fascia in cui quasi tutti non presentavano particolari fattori di rischio. Questo mi porta a pensare che non abbiamo la minima idea delle dimensioni del fenomeno sommerso». Prevenzione, il farmaco più efficace Goffi e isterici, decisamente messi male ma ugualmente agguerriti: sono i virus dell?Hiv, sempre in agguato e mortalmente pericolosi. Vietato abbassare la guardia, dunque. È questo il messaggio dell?ultimo spot ideato per la nuova campagna di sensibilizzazione della Lila dalla Ammirati Puris Lintas. Diretto da Marcello Cesena, tornato a recitare coi suoi compagni dei Broncoviz Carla Signoris e Maurizio Crozza, lo spot andrà in onda sulle reti Mediaset, Tmc, Tmc2, Telepiù e Mtv e nei circuiti cinematografici. Protagonisti tre virus all?interno del corpo umano che, barcollanti e tremebondi si lamentano dei tempi odierni dei nuovi preparati farmacologici. Salvo poi rallegrarsi rapidamente al pensiero dell?estate imminente e delle tante persone che si esporranno al contagio. Tra le risate suscitate dai tre comici, dunque, la Lila lancia un messaggio tanto sintetico quanto efficace: i farmaci non fermano il contagio, la prevenzione sì.


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