Un centro che fa la differenza

di Alessandra Piraino

Un grande chiostro, una corte e due chiese. Un magnifico portico con archi a tutto sesto su due colonne dall’ alto piedistallo, e poi, al primo piano, la loggia con i suoi archetti su colonnine corrispondenti a due a due agli archi sottostanti.

È il Rinascimento, l’età del cambiamento, del rinnovamento culturale italiano. Siamo a Desenzano di Albino,  in provincia di Bergamo, e questo è il convento della Ripa.

Ho avuto la bella opportunità di disturbare Fabrizio Persico, il responsabile della Cooperativa La Fenice di Albino. Grazie a questa chiacchierata ho fatto un tuffo nel passato e ho guardato anche attraverso la lente del futuro. Il Progetto Diaforà, a cui la cooperativa sta lavorando con tanta passione, vuole dare nuova vita al convento chiuso più di 100 anni fa.

Caro Fabrizio, da dove è nata l’idea del Progetto Diaforà?

La Cooperativa la Fenice ha deciso, nel 2007, di acquistare il vecchio Convento della Ripa e ridargli nuova vita. L’idea iniziale era quella di trasformarlo in un cerntro diurno per disabili. Tuttavia, questo non era possibile a causa delle barriere architettoniche che ne rendevano impossibile la realizzazione.

Allora, grazie alla collaborazione con il Prof. Carlo Sini, filosofo e docente, anche mio, all’Univesità Statale di Milano, abbiamo pensato ad un progetto che avesse come filone quello culturale per restituire al convento la sua vecchia funzione.

Quali sono gli elementi che rendono questo progetto speciale e innovativo?

L’elemento di innovazione più importante e quello che rende speciale il progetto è quello di voler creare un centro di studio e di ricerca sulla differenza. Un ritorno alle origini per restituire al convento la sua vera identità e la sua stretta relazione con il mondo culturale italiano.

In secondo luogo, il progetto culturale si affianca ad un altro ambito che è quello economico. In epoca di crisi, infatti, il centro può rappresentare una fonte di guadagno e di sostentamento.

Il progetto si avvale, poi, della collaborazione con la Pubblica Amministrazione (il comune, la provincia) e con altri soggetti del privato sociale. È importante lavorare a stretto contatto anche con altri enti che riconoscono il valore del nostro progetto e credo che questo sia un punto di forza per validare il successo dell’iniziativa nel tempo.

“La differenza” il concetto-chiave alla base del progetto…ovvero?

Cara Alessandra, spero di essere così bravo per riuscire a spiegarti in poco tempo cosa si cela sotto l’idea di “differenza”.

Il tema dell’identità culturale porta con sé rancori e conflitti; è un concetto che conduce a chiudersi dentro dei recinti senza via d’uscita e senza futuro. È il dialogo la provocazione alla “differenza” che vive dentro ciascuno di noi. Con il centro, vogliamo valorizzare la differenza perché è in essa che vive il futuro. La nostra identità, ciò che abbiamo dentro ci porta ad avere delle relazioni con gli altri, queste conducono comunque, a volte, dei dibattiti ma ci spingono a comunicare e a stare insieme.

 

Ringrazio molto Fabrizio per avermi illuminato sul Progetto Diaforà, che ha partecipato anche al concorso “Che Fare” indetto dal Sole24ore. Molto, infatti, avevo letto sull’ iniziativa, abito anche a pochi chilometri dal convento, ma è solo quando parli al cuore delle persone che comprendi (forse) fino in fondo le radici che l’hanno spinto a pensare ad un progetto come questo.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.