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Un “caso Eluana” scuote l’India

La Corte suprema dovrà decidere se una donna in stato vegetativo da 36 anni possa morire

di Gabriella Meroni

Per la prima volta la Corte Suprema indiana esamina la richiesta di porre fine alla vita di una donna che si trova in stato vegetativo dal 1973. Aruna Shanbaug, un’infermiera di Mumbai, è paralizzata e considerata «cerebralmente morta» da quando, 36 anni fa, venne aggredita da uno stupratore. La richiesta alla Corte – racconta la Bbc – è stata avanzata da un giornalista che ha scritto un libro su di lei. Ora il tribunale dovrà stabilire se la domanda inoltrata sia «assimilabile all’eutanasia», pratica illegale in India così come il suicidio assistito. La Corte Suprema ha già richiesto un rapporto medico sulle condizioni della donna all’ospedale di Mumbai dove è ricoverata e al governo del Maharashtra, dove si trova la struttura sanitaria.

Il giornalista Pinki Virani, autore della richiesta alla Corte, afferma che l’infermiera è «virtualmente morta», tenuta in vita dall’alimentazione artificiale che le viene somministrata due volte al giorno all’ospedale Kem di Mumbai, e auspica che la Corte autorizzi i sanitari a sospendere la somministrazione di cibo e acqua alla paziente. «Lo stato vegetativo permanente non è vita», si legge nel testo di Virani, «e l’alimentazione forzata viola la dignità umana di Aruna. L’assistenza che le viene prestata viola il suo diritto a vivere con dignità. In altre parole, ha il diritto di non trovarsi in queste condizioni subumane». «Aruna  non vede, non parla, non sente», ha dichiarato il giornalista alla stampa, «è un vegetale, priva di qualunque traccia di vita umana». I genitori della Shanbaug sono morti anni fa, e nessuno dei fratelli, sorelle o altri parenti in 36 anni è mai andato a trovarla né ha voluto sapere niente di lei.


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