Formazione

Un cantiere più che un evento

di Redazione

«L’educazione non è proprietà di nessuno, ma responsabilità di tutti»: con queste parole abbiamo aperto Educa lo scorso anno. Coerentemente il comitato organizzatore ha proposto l’incontro come iniziativa plurale nelle origini e nelle intenzioni. Nelle origini perché promosso da mondi diversi: cooperazione locale e nazionale, università, istituzioni pubbliche, media; nelle intenzioni perché Educa voleva essere di tutti e per tutti. E così è stato: al primo appuntamento, esperti degli ambiti più diversi hanno dialogato con insegnanti e genitori, ragazzi ed educatori.
C’era un rischio però: che, chiusa la manifestazione, l’entusiasmo palpabile delle migliaia di bambini e adulti si sgonfiasse in attesa del prossimo evento. Educa sarebbe allora stato un episodio – certamente bello – ma che non avrebbe prodotto cambiamenti, né personali né collettivi, nella quotidianità e nella prossimità. Sarebbe stata comunicazione balbettante e frammentata che non diventa relazione e fare cooperativo.
Avevamo la consapevolezza che il valore educativo non potesse limitarsi all’opera finale, ma dovesse caratterizzare l’intero processo creativo.
Solo il “dopo” poteva dimostrare se eravamo riusciti a marcare la specificità di Educa, quella cioè di essere priva di demarcazioni corporative.
Eravamo riusciti a creare un luogo di libertà e di opportunità da abitare e non semplicemente da attraversare? Si può davvero costruire una comunità attorno alla comune passione per l’educazione?
Oggi possiamo rispondere di sì: sono più di 120 le organizzazioni locali, nazionali e internazionali che hanno contribuito ad elaborare il programma della seconda edizione. Proposte, idee, riflessioni sono arrivate da tutta Italia e anche dall’estero alimentando un continuo confronto di cui il comitato organizzatore è stato “semplicemente” il regista. Tutto ciò forse non appare, ma è. Sta dietro la tela.
Ora possiamo aspettare l’evento – adesso sappiamo che è solo la tappa di un cammino – in cui l’entusiasmo cresce perché c’è la dimensione del trovarsi e ritrovarsi nelle piazze, vie e teatri e vivere con altri un’esperienza che si è contribuito a costruire.


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