Non profit
Un cantiere di idee per Milano
Oggi il secondo appuntamento delle redazioni di Vita e di Abitare per tracciare un percorso comune verso l'esposizione internazionale. Alla Triennale alle 17,30
Oggi alla Triennale di Milano alle 17,30 le due redazioni di Vita e del mensile Abitare diretto da Stefano Boeri, terranno una riunione congiunta per elaborare progetti e idee comuni in vista dell’Expo. È il secondo appuntamento di questo “laboratorio” e come tema scelto c’è quello dell’alimentazione nella città mondo che è oggi Milano. Sul tema è stato allestito anche un numero di Yalla Italia, il mensile delle seconde genearzioni, che uscirà settimana prossima allegato a Vita. Anticipiamo l’editoriale di Paolo Branca.
di Paolo Branca
Le cose che ci sono essenziali, come l’aria, l’acqua e il cibo, finiamo per darle per scontate: almeno noi che ne abbiamo a sufficienza o addirittura più del necessario… Eppure non c’è testo sacro in cui manchi il richiamo a riflettere su questi doni. Il Corano non fa eccezione: “E’ Lui che fa scendere acqua dal cielo per voi, e ne bevete, e ne crescono gli alberi fra i quali spingete a pascolare gli armenti; / e ne fa crescer per voi e il frumento e l’ olivo e le palme e le viti e ogni specie di frutti: e certo un Segno è ben questo per gente che sa meditare” (16, 10-11).
Mangiare in fretta, e per di più nutrirsi di prodotti sempre più standardizzati è uno dei mali delle opulente e minoritarie società occidentali. Altrove, ma sempre meno, si conservano ritmi e veri e propri riti (basti pensare alla celebre cerimonia del the) che accompagnano il gesto umile e quotidiano che ci ricorda che siamo figli della terra.
Quanto tutto ciò possa caricarsi di valenze che vanno ben al di là della mera nutrizione appare evidente in molte espressioni letterarie, come nei versi del poeta palestinese Mahmud Darwiah – appena scomparso – in cui l’olio e il timo persistono quali simboli di una identità antica:
“Scrivi:
sono un arabo
senza nome e senza titolo
Sono paziente in un paese
dove tutto bolle di furia e d’impeto.
Le mie radici si sono stabilizzate qua
prima del nascere del tempo,
prima dell’inizio dei secoli,
anteriormente ai cipressi, agli oliveti
ed al crescere dell’erba.
(…)
Il cibo più squisito per me
è composto di olio e di timo…”.
Né rinunciano al riferimento agli olivi i testi del modernissimo gruppo di rappers palestinesi di Iron Sheik:
“They exiled us and stole our homes
Now all we have are old keys and new poems
They turned us into refugees
And uprooted us like our olive trees”.
Nella società multietnica mangiare insieme, condividere cibi diversi, può diventare forma non banale di comunicazione tra chi proviene da tradizioni differenti. E’ sempre stato così, e i secolari scambi di cibi, aromi e spezie, soprattutto tra le due sponde del Mediterraneo, lo testimoniano al di là di ogni ragionevole dubbio.
Persino il vino, teoricamente proibito dai precetti islamici, conserva nei versi di poeti antichi e moderni una forte carica simbolica. Non solo il suo gusto, ma persino il colore e i riflessi della luce nel bicchiere rappresentano, addirittura presso molti autori mistici, il misterioso rapporto tra le cose umane e quelle divine, capaci di stordire, di confondere, di inebriare… per aprire inattesi varchi verso mondi inaccessibili.
Una gioia per gli occhi, dunque, ancor prima che per il palato, capace di tentare persino il più stretto osservante… quanto mangiamo e beviamo, tutto ciò che si abbina a piaceri tanto fugaci quanto quelli del palato, sembra smuovere ogni remora, ricordando agli esseri umani la fragilità della loro esistenza, sospesa tra la materia e l’eternità, allietata un istante dai sensi che, prima di dileguarsi, fissano per sempre la loro breve esultanza nel miracolo della parola.
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