Cultura

Un calcio al calcio

Il presidente della più grande associazione dello sport di base lancia la sua provocazione: "Fermiamo questo campionato. Sono stati superati tutti i limiti".

di Redazione

Fermare il campionato, costi quel che costi, senza se e senza ma. Non ha nessun dubbio Edio Costantini, presidente del Csi-Centro sportivo italiano, una vera e propria corazzata dello sport di base con i suoi 750mila tesserati, di cui 250mila calciatori (e calciatrici). A 52 anni, un amore appassionato per il calcio e la Lazio (anche se è nato a San Benedetto del Tronto, in provincia di Ascoli Piceno), dal 2000 presidente del Csi dopo 8 anni trascorsi nella segreteria generale dell?associazione, è lui l?uomo che vuole fischiare il triplice fischio e mandare sotto una doccia rigenerante “un modello sportivo disabitato, in crisi di moralità, etica e democrazia”. Il mezzo derby disputato sotto il Colosseo ha segnato un punto di non ritorno. “Ma l?avete vista la gente uscire dallo stadio? Nei loro occhi c?era il terrore, vi pare possibile? “, si interroga Costantini. Che aggiunge: “Non si può far finta di niente. È successo qualcosa di nuovo: gli ultras hanno deciso contro la volontà dell?arbitro, del questore e del prefetto. Per anni il mondo dello sport e della politica hanno chiuso gli occhi di fronte ai bilanci truccati, alla violenza negli stadi, allo sperpero finanziario, a partite vendute e svendute, e perfino di fronte al doping chimico. La gente si è assuefatta: l?opinione pubblica è convinta che sia tutto un marciume. Per gli ultras allora è diventato facile ricattare quel marciume; chi è marcio, è ovvio, non può difendersi e appellarsi alle regole e all?etica. Questo è un mondo in balia di se stesso”. Una disamina chiara e inflessibile. Il cui approdo naturale è la chiusura dei battenti. “E non mi si dica che scoppierebbe la rivoluzione”, anticipa Costantini. “Lo sciopero nel calcio non è una novità: in passato hanno protestato i calciatori che non prendevano gli stipendi e l?intero campionato di B per i diritti televisivi. Nessuno si è strappato i capelli”. Ma le altre centrali dello sport di base sono d?accordo su una proposta così drastica? Alfredo Cucciniello, presidente nazionale di UsAcli, un?associazione che gestisce l?attività di 4mila società sportive con oltre 290mila praticanti, il 25% dei quali impegnato nel tirare pedate a un pallone nei campetti di periferia, dice di sì. “Io il calcio lo avrei fermato per la strage di Madrid o per la tragedia di Nassiriya”, spiega Cucciniello. “Oggi, più che ?fermiamoci?, direi ?fermatevi?”. Parole di fuoco contro il governo del calcio giungono anche dal sociologo Nicola Porro, presidente nazionale Uisp-Unione italiana sport per tutti: 4.150 società calcistiche (su 14mila società affiliate) e oltre 230mila calciatori per hobby. “Questo calcio è un far west, terreno di conquista per finanzieri corrotti, per manovre di riciclaggio di denaro e di truffe ai danni dei cittadini, per evasioni fiscali collettive, per tribù scalmanate che monopolizzano porzioni di stadio e arrivano a ricattare i giocatori in campo”. Fermarsi sì, ma per fare cosa? “Primo”, rispondono in coro Csi, UsAcli e Uisp “per non fare il decreto spalma debiti”. “Non capisco perché se io non pago una multa, mi sequestrano l?auto e questi possono permettersi di non versare l?Irpef”, dice Cucciniello. Secondo: fissare regole precise e invalicabili. UsAcli spinge per introdurre un tetto salariale “in modo che le società smettano di buttare via i soldi con rose di 40 giocatori”. Il Csi si spinge ancora più in là. La proposta giunge addirittura dall?arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, che sabato 20 marzo, con un giorno di anticipo rispetto ai fatti dell?Olimpico, aveva suggerito all?assemblea dei delegati milanesi un?idea che Costantini ha fatto sua. “L?unica via per correggere il tiro è quella di far sedere allo stesso tavolo lo sport professionistico, quello dilettantistico e quello di base”, spiega il dirigente del Csi, “la società civile deve fare un passo in avanti, non vale più dire ?tanto quello è business, che ce ne importa?, i frutti di questo ragionamento sono la paura e il terrore degli spettatori dell?Olimpico”. Lo slancio di Costantini non rallenta neppure davanti alla facile contestazione dei dirigenti del calcio professionistico che da anni ripetono che è il loro calcio a tenere in piedi tutto il sistema con gli introiti del Totocalcio. La replica preventiva di Costantini è sferzante: “Stupidaggini. Questi non mantengono più nessuno. Una volta era vero che ci finanziavano attraverso il Coni. Adesso si fregano tutto: non pagano le tasse, taroccano i bilanci: fanno ridere”.


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