Welfare
Un black friday che per Amazon rischia di andare in bianco
Confermato lo sciopero al centro di distribuzione dell’azienda a Piacenza, dove lavorano circa 4mila persone. Proprio in occasione del giorno dei maxi sconti. Il motivo è il trattamento economico che non sarebbe adeguato ai carichi di lavoro. «Ma la battaglia cui sono chiamati i sindacati non può essere solo quella del giusto salario», sottolinea Paolo Venturi direttore di AICCON. L’intervista
«Non c'è stata da parte di Amazon Italia alcuna apertura concreta all'aumento delle retribuzioni o della contrattazione del premio aziendale, considerando anche la crescita enorme di questi anni. I ritmi lavorativi non conoscono discontinuità, le produttività richieste sono altissime e il sacrificio richiesto non trova incremento retributivo oltre i minimi contrattuali». È questa la motivazione con cui tutte le sigle sindacali (Cgil, Cisl, Uil e Ugl) confermano lo sciopero dei 4mila lavoratori del centro di distribuzione Amazon Italia di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, per domani, 24 novembre. Non una data qualunque ma proprio il giorno del Black Friday, quello tradizionalmente dedicato ai saldi negli Stasti Uniti che oggi è di moda in tutto il mondo. Insomma un’azienda simbolo della new economy, del capitalismo delle piattafrome, precipita nel ‘900 tra sindacati e movimentazioni. Ne abbiamo parlato con il direttore del Centro Studi Aiccon, Paolo Venturi.
È stato confermato lo sciopero dei dipendenti di Amazon del centro di distribuzione Castel San Giovanni. Non è curioso che una delle principali aziende che hanno favorito la disintermediazione si trovino al centro di una battaglia con i sindacati?
Era inevitabile. Al di là dei dettagli contrattuali credo che questo dimostri come c’è una soglia oltre la quale non si può spingere il lavoro umano. Amazon è una nuova forma di impresa nel senso che appartiene al capitalismo delle piattaforme. Quindi ha i propri flussi sempre più poggiati alla tecnologia. Un altro esempio di questo tipo è Ryanair. Entrambe sono modelli di business che hanno come punto di forza i prezzi bassi e come criticità la gestione delle risorse umane. Siamo quindi al secondo caso che conferma come il fattore umano, non solo dal punto di vista salariare, così compresso nella dimensione del senso non regge. È un primo segnale di un modello per produrre valore che si dimostra insostenibile.
L’azienda ha risposto ai sindacati dicendo che «I salari dei dipendenti di Amazon sono i più alti del settore della logistica e sono inclusi benefit come gli sconti per gli acquisti su Amazon.it, l'assicurazione sanitaria privata e assistenza medica privata». Che ne pensa?
Mi incuriosisce molto il fatto che parte della retribuzione stia nei buoni di acquisto su Amazon. Il welfare aziendale dovrebbe essere profilato sui bisogni del dipendente. Ripeto: il lavoro non è solo giusto compenso. È anche quello. Ma c’è molto altro.
Che altro c’è?
Il vero problema è che la tecnologia in potenza dovrebbe essere e in parte è una cosa positiva. Ma solo se potenziare la dimensione umana. Invece assistiamo al contrario. A un lavoro che diventa mera routine parametrato solo su un modello economico. Quando questo parametro economico non è soddisfacente fa saltare tutto. Serve una dimensione di senso in cui le persone si realizzino. Anche perché la realtà dimostra che questa parte non è comprimibile.
Sul lungo periodo questo conflitto com’è destinato a comporsi?
È un fenomeno destinato a esplodere generando una nuova classe di operai e manovali a basso costo che si accontenterà di queste condizioni perché di fatto non ha alternative. Un sistema basato su una distopia che comprime le persone e genera valore sulla tecnologia. Per altro in regime quasi di monopolio come nel caso di Amazon.
I sindacati, che tutto ad un tratto, non sembrano più così desueti non possono fare nulla?
Il sindacato è chiamato a giocare una partita diversa. Lo ripeto: non si tratta solo di rivendicare il giusto salario. Perché un giusto salario in un lavoro che mortifica la persona non è un traguardo. Non si risolve con i soldi, con 5 euro in più all’ora, il tema del senso. Il problema è che la ricchezza per essere prodotta ha sempre meno bisogno dei lavoratori e più dei consumatori. Bisogna proprio cambiare il modello di business. Dietro a questo sistema però ci siamo noi con la bava alla bocca per il Black Friday. Ecco perché penso che la vera battaglia, la partita da giocare, e la politica più potente è quella fatta con il portafogli. Andate a vedervi la piattaforma di Leonardo Becchetti Eye On Buy. Avere la coscienza e la percezione che quando compriamo su Amazon alimentiamo un certo tipo di modello economico è fondamentale. È quella la via, anche per i sindacati.
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