Politica

Un bicchiere di bianco dai tempi di Attila

Il tajut non è solo un rito. A Udine il bicchiere di bianco è anche il fulcro degli affari, poiché è inconcepibile fidarsi di qualcuno con cui non si sia condiviso l’aperitivo.

di Chiara Brusini

Vita sociale e affari ruotano, a Udine, intorno al tajut, il bicchiere di vino – di solito un bianco – che accompagna la giornata fin da prima delle 11. Difficile fidarsi di qualcuno con cui non si è condiviso un aperitivo. A presidio della cultura del tajut è addirittura nato, a metà anni 80, il Comitato friulano per la difesa delle osterie, che ogni anno assegna una targa ai locali che assicurano la difesa della tradizione. Quello del vino, insomma, è a Udine il vero spirito del luogo. Per apprezzarlo al meglio conviene fare una puntata all? Osteria Al Cappello, in via Sarpi. Basta una mezz?ora, sorseggiando un bianco mentre si osserva la collezione di copricapi che pendono dal soffitto, per capire meglio un evento che gli stessi autoctoni, all?inizio, osservavano con sorpresa. Si tratta del fatto che a metà settembre, per quattro giorni, Udine si lascia andare a un?euforia che non le è connaturata: una rassegna eno-gastronomica, Friuli Doc, estende a strade e piazze la convivialità solitamente confinata alle osterie (le frasche), attirando in città fino a un milione di persone. In piazza Duomo, davanti alla cattedrale consacrata nel 1335 e all? Oratorio della Purità che ospita L?Assunta del Tiepolo, si montano gli stand dedicati al Tocai, all?immancabile frico (formaggio fritto) e ai cjarsons (ravioli ripieni di erbe e ricotta). Sotto la statua girevole dell?arcangelo Gabriele, che sormonta il campanile della piccola chiesa di Santa Maria, si riempie di vita anche piazza Libertà, «la più bella piazza veneziana in terraferma», con il porticato di San Giovanni e la Torre dell?orologio, che rimanda subito a piazza San Marco (in puro gotico veneziano anche la Loggia del Lionello, sull?altro lato della piazza). I gazebo delle osterie, che per l?occasione si spostano in strada, invadono via Mercatovecchio e circondano la Loggia, arrivando fino al porticato che ospita l?elegante caffè Contarena. Dalla piazza si sale sul colle del Castello: anche qui, nello spiazzo tra l?edificio che domina la città e la Casa della Contadinanza (copia dell?edificio che ospitava i sindacati dei contadini friulani), compaiono le enormi tavolate della manifestazione. La scena si ripete in piazza Matteotti, davanti alla chiesa trecentesca di San Giacomo, a pochi passi dall?osteria da cui siamo partiti. Questa per tutti è Piazza delle Erbe, perché fino a pochi anni fa ci si ritrovavano le contadine venute a vendere gli ?odori?. Il mercato ci si tiene da quasi ottocento anni, da quando Bertoldo di Andechs, patriarca di Aquileia, volle concedere questo privilegio alla cittadina che sarebbe poi diventata capitale del patriarcato. Era il 1223, e per Udine fu la svolta: con il mercato iniziò lo sviluppo commerciale e urbanistico del piccolo borgo con il castello, che nel 983 l?imperatore Ottone II aveva donato al patriarca di Aquileia. Il patriarca aveva accettato, pur essendo il regalo non proprio di buon gusto: vuole infatti la leggenda che il colle su cui sorge il castello sia stato innalzato con la terra trasportata negli elmi dai soldati di Attila, che pretendeva un?altura da cui meglio godere lo spettacolo di Aquileia stessa in fiamme. Dopo il patriarcato vennero la dominazione della Serenissima (dal 1420 al 1797, anno del trattato di Campoformido) e della Casa d?Austria (dal 1813 all?annessione all?Italia, nel 1866), ma ancora oggi, intorno alla fontana disegnata da Giovanni da Udine, la vecchia Piazza del mercato ospita i banchi di frutta, verdura, pesce e formaggi. Friuli Doc, le osterie, il mercato: non si tratta ?solo? di gastronomia, è cultura locale, la cui difesa è una necessità molto sentita. Non per niente la Società filologica friulana lavora dal 1919 per promuovere l?utilizzo della lingua friulana (la mari Lenghe) e la ricchezza culturale di questa terra.


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