Famiglia
Un bambino su tre abbandona il nido o non riesce a pagare la retta
L'Istituto degli Innocenti conferma un allarme lanciato già nel 2013: le rette dei servizi per la prima infanzia sono troppo onerosi per le famiglie. D'altro canto la scuola per l'infanzia a breve avrà più posti che bambini. Ecco i consigli dell'Istituto degli Innocenti per realizzare davvero il sistema 0-6 anni
di Redazione
Un bambino su tre lascia il nido o lo frequenta senza poterne pagare la retta. Lo afferma una ricerca dell’Istituto degli Innocenti, che evidenzia la crescita dei fenomeni delle rinunce, delle dimissioni e delle morosità, dovute in larga parte alle precarie condizioni economiche delle famiglie. I fenomeni si accentuano in maniera più evidente nel Centro-Nord dove il sistema dell’offerta dei nidi per la prima infanzia è più sviluppato: nel 13,5% dei casi le famiglie di bambini accolti al nido rinunciano, il 15,3% non paga regolarmente la retta e il 5,6% interrompe la frequenza nei primi mesi. Sono in aumento anche nel Mezzogiorno, dove si registrano il 12% di rinunce, il 7,4% di dimissioni e il 4,7% di morosità.
In sostanza, mentre il numero di famiglie che fa richiesta di accesso al nido è ancora superiore al numero dei posti disponibili, quando le famiglie ottengono il posto e vengono chiamate per accettarlo, su 100 famiglie chiamate ce ne sono 13,3 che rinunciano al posto ancora prima di entrare, così che solo 86,7 bambini su 100 iniziano effettivamente a frequentare il nido. Altri 6 degli 86,7 bambini di cui sopra interrompono la frequenza e si dimettono nei primi tre mesi. Il fenomeno del mancato pagamento della retta è più che triplo nel Centro-Nord rispetto al Sud: la maggiore diffusione dei servizi non garantisce di per sé la loro reale accessibilità se ci si mette di mezzo una retta da pagare.
«Dal rapporto emerge chiaramente che l’andamento evolutivo del sistema dell’offerta dei servizi mostra di essere proporzionale al fatto che la politica pubblica sostenga il sistema attraverso la copertura di una buona parte dei suoi costi di gestione, indipendentemente dalla natura dei soggetti pubblici o privati coinvolti nell’attivazione e gestione dei servizi», afferma l’indagine. Prevedere finanziamenti strutturali a copertura dei costi di gestione e per l’abbattimento delle tariffe a carico delle famiglie è quindi un passo necessario per sviluppare la possibilità reale di accesso ai nidi, al di là del numero di posti disponibili. Se è vero infatti che in Italia aumentano i posti nei nidi d'infanzia, che passano da 210.541 nel 2008 a 314.741 nel 2015 (questo è l’ultimo dato disponibile), per una percentuale di copertura che dal 12,5% di sette anni fa arriva al 21,1% dell'anno scorso, è anche vero che la percentuale cresce anche in virtù del calo dei nati. I nidi accolgono 314.741 bambini (il 20,8% dei bambini in età utile) e per di più in modo molto disomogeneo (oltre il 25% nel Centro-Nord e intorno al 10% nel Mezzogiorno).
In mezzo resta il dato delle dimissioni in corso d’anno – che riguarda più di 7,5 bambini su 100 – e che non evade il sospetto di essere motivato anche dalla scelta delle famiglie di trasferire il proprio bambino dal nido a una scuola dell’infanzia. Per ovviare al pagamento delle rette dei nidi infatti molte famiglie, soprattutto nel Mezzogiorno, scelgono di iscrivere prima i figli alle scuole dell’infanzia: «in alcuni casi, soprattutto nel Sud d’Italia, la diffusione degli accessi anticipati alla scuola dell’infanzia serve a venire incontro alla mancanza di nidi, in altre situazioni si tratta solo di “concorrenza sleale” al nido perché per le famiglie la soluzione dell’anticipo non dipende dalla scelta della qualità ma solamente dalla retta più vantaggiosa», scrive l’Istituto. Considerando il calo demografico – la scuola dell’infanzia accoglie oggi 1.599.777 bambini, ma le nascite degli ultimi tre anni si fermano complessivamente a 1.473.014 bambini, dunque l’offerta sta per diventare ipertrofica rispetto alla domanda potenziale – e di conseguenza la presenza nelle scuole dell’infanzia di spazi inutilizzati, una delle prime azioni da pianificare secondo l’Istituto degli Innocenti, oltre al supporto alle rette, è quella di sviluppare sperimentazioni innovative per i “poli 0-6”, cioè avviare esperienze di nidi e micro-nidi negli ambienti ristrutturati disponibili nelle scuole dell’infanzia. Finanziamenti strutturali per abbattere le rette, micro-nidi nelle scuole dell’infanzia svuotate e rafforzare la qualità offerta dalle scuole dell’infanzia ai bambini più piccoli, tramite il programma di diffusione delle cosiddette “sezioni primavera”: sono quindi queste tre le indicazioni che l’Istituto degli Innocenti delinea per spiegare come attuare al meglio la riforma 0-6 e rendere l’approvazione del decreto legislativo 65 del 13 aprile 2017, che istituisce in Italia "il sistema di educazione e istruzione dalla nascita fino ai sei anni", una reale occasione per affrontare i problemi della disponibilità e dell’accessibilità dei nidi.
Per Aldo Fortunati «la continuità zero-sei richiede tre azioni integrate. Naturalmente diffondere i servizi dove non ci sono, ma contemporaneamente tirar fuori i nidi dai servizi a domanda individuale e sostenere con risorse pubbliche i loro costi per renderli finalmente accessibili per tutte le famiglie. È esattamente quello che è successo quando lo Stato ha scelto di investire fortemente per generalizzare la scuola dell'infanzia. È incomprensibile che una famiglia con un bambino di un anno per entrare in un nido comunale spenda 200/300 euro al mese e quando il bambino arriva alla scuola dell'infanzia nel 75% dei casi il servizio diventa gratuito. È poi necessario riorganizzare meglio, passando dagli anticipi alle sezioni primavera, l'accoglienza di bambini piccoli in sezioni aggregate alle scuole dell'infanzia e organizzate per accogliere bambini nel terzo anno. Questa è una prospettiva che trasforma l'accoglienza di non buona qualità che le scuole dell'infanzia offrono ai bambini piccoli attraverso la porta dell'anticipo. La continuità 0-6 non avrà successo senza la compresenza di questi elementi». Al contrario «se si investisse solo nelle sezioni primavera lo 0-6 diventerebbe un "2 – 6", come in Francia. Questo comporterebbe da una parte una precocizzazione della scolarizzazione dei piccoli e soprattutto un buco nella fascia 0 -1, che è il momento in cui il bisogno di supporto è maggiore». È necessario passare da "piani straordinari" alla definizione di piani e azioni strutturali per la garanzia di stabilità e di sviluppo dei servizi educativi per l'infanzia: le prospettive aperte dalla riforma (legge 107/2015), con la complicità del calo demografico, consentono di pensare a strategie per utilizzare in maniera più razionale gli spazi disponibili nelle scuole dell'infanzia per organizzare un'offerta educativa qualificata anche per i bambini sotto i 3 anni.
Photo by Markus Spiske on Unsplash
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