Volontariato

Un attore da marciapiede

Sergio Castellitto in “Hotel paura” era un manager che perde il lavoro e si ritrova sulla strada. Ora presenta il “Barboun”, giaccone-sacco a pelo disegnato da uno stilista (sarà distribuito ai senza

di Mariateresa Marino

Arriva alla chetichella sotto la pioggia battente, strizzando l’occhio ai barboni assiepati di fronte alla biglietteria della stazione Termini di Roma. Loden blu, baffetti appena accennati, Sergio Castellitto è lì come testimonial di un capo d?abbigliamento particolare, il ?Barboun?, il giaccone che alla bisogna si trasforma in enorme borsa da viaggio e comodo sacco a pelo. L?idea, definita ?geniale? dall?attore, è di un giovane stilista milanese, Max Mazza, che ha deciso così di vestire i senza fissa dimora invece che le raffinate mannequin. Una ?griffe? di tutto rispetto anche per i barboni.
Sono trenta o forse più, tutti stretti attorno allo stilista, per osservare nei particolari il giaccone. E nel frattempo Castellitto e Carmelo, il rappresentante degli homeless romani, parlano fitto fitto, sorridono, sembrano divertirsi delle cose che si raccontano, come se si conoscessero da tempo. In realtà, con questo universo colorato ma anche pieno di incognite per noi ?normali?, l?attore romano si è incontrato, lo ha osservato ed esplorato per essere in grado poi di impersonare il barbone protagonista del film ?Hotel paura?.
«È ovvio sentirsi a disagio di fronte alla sofferenza», racconta, «per noi che siamo abituati a consumare, a correre dietro ai nostri impegni, a coccolare un po? le nostre nevrosi, è difficile comprendere realmente la fatica estenuante di vivere per chi non ha nulla, neanche un tetto e la certezza di un pasto caldo ogni giorno». In ?Hotel paura? Castellitto interpretava un manager tranquillo del proprio benessere economico, un uomo con una famiglia e una casa confortevole, impegnato nel lavoro e nella vita sociale. «Un uomo che mai si sarebbe aspettato una caduta rovinosa e improvvisa», continua l’attore, «eppure la fortuna gira male, il protagonista perde il lavoro e la famiglia e si ritrova nel giro di pochissimo tempo per strada, con quattro stracci addosso e un tozzo di pane racimolato qua e là, elemosinando».
Ma fino a che punto la finzione cinematografica riesce a scalfire la verità di quello che si sta rappresentando? Fino a che punto Castellitto-attore si è sentito Castellitto-barbone?
«Attraverso il film ho capito che l?esperienza del dolore e della povertà è soprattutto esperienza di solitudine. Spesso basta un sorriso o una parola di saluto per aprire uno spiraglio di comunicazione con queste persone. E non è solo un modo per metterci la coscienza tranquilla. Devo confessare che quando mi càpita di incontrare per strada un barbone, ho l?istinto di proteggermi da quello che emana, cioè la paura di essere solo, che scopro essere anche mia. Tutti noi abbiano paura di rimanere soli, di diventare incapaci di comunicare. Gli emarginati non fanno altro che costringerci a metterci davanti allo specchio».
Sorride Castellitto guardando la piccola e anziana Giovanna sfilare per i suoi compagni con il ?Barboun?; sorride e si fa fotografare. E Giovanna è contenta di stare accanto all’attore famoso, visto in televisione attraverso le vetrine dei negozi di elettrodomestici. «Sono sicuro di interpretare i desideri di molti di loro, quando penso che, oltre a un pasto caldo e a un letto, si potrebbe pensare di aprire gratuitamente i cinema e i teatri.
Un biglietto gratis può servire ad avvicinare il mondo edulcorato dei benestanti all’universo degli emarginati».
Sergio Castellitto lancia, quasi sottovoce, una proposta subito raccolta da Giusi Gabriele, assessore alla promozione alla salute del Comune di Roma, che ha organizzato l’evento. Chissà se, oltre a un tetto, i barboni romani, che sono circa tremila, avranno anche un posto in prima fila al cinema o al teatro. Una proposta che ci sta bene, accanto a quelle messe in cantiere dall?assessore: costruzione di case famiglia, centri diurni, percorsi di inserimento graduale nel mondo del lavoro.
Il giaccone dello stilista milanese sarà uno degli strumenti per combattere l’emergenza freddo dell’anno prossimo. O forse di quest’anno, visto che la primavera è ancora di là da venire. I City angels, vigilantes volontari sparpagliati nelle metropoli di Roma e Milano, penseranno a distribuirlo tra gli homeless. «Affrontare l’emergenza freddo è fondamentale», continua Castellitto, mentre mostra a tutti le multifunzioni del ?Barboun?, «ma è altrettanto importante affrontare l?emergenza interiore del mondo dei normali, dei privilegiati. Fare in modo che nulla, e men che meno il benessere, ci chiuda gli occhi di fronte al dolore. Accorgersi del dolore fa bene».
Non è la prima volta che Sergio Castellitto si avvicina senza finzioni al mondo della diversità. L?ha già fatto qualche mese fa, recitando con la compagnia del Teatro patologico di Dario D’Ambrosi. Si è sbizzarrito nelle vesti del terribile Capitan Uncino sul palcoscenico insieme a giovani attori portatori di handicap. Alla fine dello spettacolo, tra i ragazzi che gli facevano festa intorno, ha schivato fotografi e giornalisti, svanendo via proprio come un personaggio delle favole. Allora, anche per un personaggio pubblico la solidarietà non è solo occasione di buona pubblicità? «Sarebbe indegno pensare di farsi pubblicità alle spalle del dolore degli altri. C?è troppo buonismo in giro, troppa retorica. I fatti non dobbiamo aspettarceli solo dalle istituzioni, per poi magari arrabbiarci se non arrivano. Dobbiamo cominciare da noi, dalle nostre esistenze, che sembrano, e non sono, delle fortezze inattaccabili».

Una casa popolare per il clochard
Il barbone è per definizione colui che non ha una casa, che vive per strada. In America li chiamano homeless, senza dimora, per rendere ancora più chiaro il concetto. Non che per tutti sia una scelta, anzi. Ma sicuramente per la stragrande maggioranza di loro trovare un tetto non è facile. A Milano però c?è una associazione che da anni aiuta i senza casa a lasciare i marciapiedi, fornendo loro l?opportunità di tornare a vivere in appartamento. È la Cena dell?Amicizia (telefono 02/33220600), che gestisce diverse comunità di accoglienza per emarginati sociali, ma a cui recentemente è venuta un?idea geniale: recuperare dieci appartamenti dello Iacp (l?Istituto per le case popolari) in rovina, ristrutturarli e metterli a disposizione degli ex ?barboni?.
In questo modo la Cena dell?amicizia ha ottenuto un duplice scopo: restituire valore a case ormai degradate e offrire un tetto a persone che ne avevano bisogno. Il meccanismo che ha permesso tutto questo è semplice: l?associazione ha ricevuto la gestione degli appartamenti, si è accollata l?onere della ristrutturazione (circa 25 milioni per appartamento); gli ospiti dal canto loro contribuiscono pagando un piccolo affitto, e vengono seguiti dai volontari che li hano accompagnati fuori dal tunnel dell?emarginazione. Fino alla meta finale, la ricerca per ciascun inquilino di un altro appartamento sempre popolare, ma ottenuto attraverso le graduatorie cui accedono tutti i cittadini in possesso dei requisiti adatti. Il progetto della Cena dell?Amicizia è tuttora in corso; per contribuirvi si possono effettuare versamenti sul ccp 58528209.

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