Volontariato

Un attacco in grande stile alla sana anomalia italiana

Giorgio Vittadini, fondatore della Compagnia delle opere

di Giuseppe Frangi

Silvio Berlusconi: «Quello delle cooperative è un sistema non sano, che non fa parte del libero mercato e su cui credo si debba intervenire con provvedimenti legislativi» Luca Cordero di Montezemolo: «Le cooperative devono fare il loro mestiere. Niente marmellata tra istituzioni, politica ed economia in difesa di una presunta italianità» L?affaire Unipol si sta traducendo in un affondo senza precedenti contro il mondo cooperativo? Giorgio Vittadini, fondatore della Compagnia delle opere e ora alla guida della Fondazione per la sussidiarietà, s?è fatto un?idea chiara su quello che sta accadendo. «Mi sembra di vedere lo stesso film del 1992, quando sull?onda di Tangentopoli si diede via libera alle privatizzazioni che risultarono un grande affare per i grandi gruppi. Il risultato lo abbiamo davanti agli occhi tutti: monopoli privati, servizi inefficienti e grandi affari per chi allora si allineò agli input della grande finanza internazionale». E&F: Eppure oggi come allora c?è una malefatta che ?legittima? questa offensiva? Giorgio Vittadini: È indubbio. Ma io mi chiedo: siamo sicuri che queste siano le uniche malefatte commesse in Italia in questi anni? Oppure ci sono malefatte che vengono accuratamente silenziate solo perché a commetterle sono i grandi gruppi? Lo stesso reato di cui sono imputati Fiorani-Ricucci e Consorte mi sembra sia stato commesso da una grande azienda italiana non più tardi di qualche mese fa. Ma nessuno l?ha perseguita e nessuno nei suoi confronti ha gridato all?illecito. Solo qualche discretissimo rilievo in punta di penna. Poi niente. E&F: La politica quindi non c?entra? Vittadini: La politica ha la colpa di aver accettato supinamente le prediche e i ricatti dei farisei della grande finanza internazionale. Anche la sinistra è stata succube. Il peggio è che tutta questa pressione viene fatta in nome del mercato: e poi scopriamo che le banche entrano nel capitale di aziende in grande crisi, contravvenendo a una delle regole auree del liberalismo. Ma poi c?è un danno ancor più grave che si sta facendo all?Italia. E&F: E qual è? Vittadini: Si fa un?identificazione tra Borsa e mercato. Si impone la cultura del bilancio trimestrale a servizio degli azionisti e degli investitori finanziari. Ma questo è un modello che uccide la peculiarità italiana e l?idea stessa di sviluppo, costringe il nostro sistema produttivo a una schizofrenia per rispondere alle sollecitazioni del mercato, rendendo difficili gli investimenti a lungo periodo. Per poi scoprire che tutta questa pressione serve ad alimentare solo bolle speculative: quante ne abbiamo viste in questi anni? E&F: Lei parla di modello italiano. Per tanti quel modello in realtà è un?anomalia. Basta passare in rassegna le reazioni al caso Unipol… Vittadini: La grande questione è una sola: si vuol far passare l?idea che qualunque posizione ideale che abbia a che fare con l?economia è di per sé un male. Quindi, secondo questi signori, la cooperazione diventa qualcosa che inquina l?economia, al di là delle colpe di qualche suo esponente o manager. Io, invece, ribatto che la cooperazione è un valore in sé perché rompe quel manicheismo del sistema produttivo che si appoggia sullo schema imprenditore-dipendente. La cooperazione è il momento della partecipazione diffusa al fattore imprenditoriale, stabilisce un nesso sano tra valore sociale e valore economico. E poi, quale idea imprenditoriale non nasce, alla fine, da un impeto ideale? Gran parte dello sviluppo italiano – della nostra anomalia – si è appoggiato a questo modello. Screditarlo significa una svendita della nostra identità, oltretutto a pessimi offerenti. E&F: Perché il mondo della cooperazione non ha saputo scansare e ribattere a questi attacchi? Vittadini: Il suo limite è che troppe volte si attesta sulla linea dei principi senza difendere la propria esperienza sul piano ideale. Doveva difendere con forza questa sua natura, perché nel sistema Italia ci vuole più ideale, non meno; perché l?ideale vissuto è la garanzia del bene comune. Consorte è esattamente figlio di questa crisi ideale. Non conta la difesa di una formula astratta ma di un principio di mutualità vera. Soprattutto in un contesto come questo in cui nessuno crede al fatto che l?economia italiana abbia questa diversità. E&F: C?è comunque un problema di governance da parte del mondo cooperativo? Vittadini: Certamente. Ma guardiamo anche da chi ci vengono le lezioni. Da un sistema economico che, come dice Fassino, controlla l?informazione. Basta leggere i giornali di queste settimane per rendersene conto. Gestiscono un?informazione a orologeria a servizio delle loro proprietà e di chi ci sta sopra. Siamo in balìa di una rozzezza che semplifica tutto, buttando via il bambino con l?acqua sporca. E&F: E anche la politica sembra sotto scacco? Vittadini: Il suo grande errore è stato quello di non aver tutelato con forza la diversità italiana. Poi c?è l?altro peccato, che è quello di presunzione. Guardi a D?Alema. Lui ha ancora l?idea dell?avanguardia, della superiorità intellettuale che s?incarna nel partito. Quindi, ha appunto la presunzione di governare questo mondo, in fondo non si sente in unità con quel mondo. D?Alema si ritrova sconfitto dopo aver sconfitto lui per primo l?idea. La realtà è che non abbiamo leader in grado di interpretare questo mondo diffuso. E quindi non abbiamo superato la prima repubblica. Nessuno ha saputo interpretare questa anomalia italiana. Così ogni volta ci troviamo a perdere tempo con dibattiti ipocriti. E a subire il ricatto di chi ci vorrebbe come un?Inghilterra di serie B.


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