Famiglia

Un assessorato alla disabilità a Milano?

Lo ha ipotizzato l'assessore Landi di Chiavenna al convegno di Anffas

di Redazione

“E se fosse la Regione Lombardia a dover render conto alle Nazioni Unite su come tratta i propri bambini?”. È stato questo il filo conduttore della conferenza che Anffas Onlus insieme ad Anffas Lombardia ed in collaborazione con Ledha e L’Abilità ha organizzato, proprio per parlare di diritti dell’infanzia in Lombardia. Istituzioni locali e società civile si sono incontrati il 26 febbraio scorso e hanno discusso per individuare insieme risposte e soluzioni ai numerosi temi messi sul piatto dai rapporti inviati all’ONU sullo stato di attuazione della Convezione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia.
 
Una formula, questa, scelta da Anffas Onlus per interrogare tutte le regioni del nostro Paese sul rispetto dei dettami della Convenzione e per capire se principi e pratiche di tutela “del supremo interesse del bambino” vengono attuati nei vari modelli di welfare. Si è partiti dalla Lombardia in quanto definita una delle regioni più virtuose nel campo dei servizi alla persona.

Il punto in Lombardia
La prima parte della conferenza, aperta dalla Presidente di Anffas Lombardia Carla Torselli, è stata dedicata alla presentazione del rapporto supplementare sullo stato di attuazione della Convenzione curata dal gruppo di monitoraggio CRC che accompagna il rapporto governativo sotto esame da parte dell’ONU. Arianna Saulini, coordinatrice del Gruppo CRC, adottando l’impostazione del convegno e parlando quindi di bambini (e non solo di bambini con disabilità), ha illustrato il capitolo del Rapporto supplementare dedicato alle misure generali, evidenziando soprattutto il concreto pericolo che corriamo nella disomogeneità di politiche tra le diverse Regioni su temi come: assegnazione di fondi, costituzione dei Garanti Regionali per l’infanzia, formulazione di Piani Sociali Regionali che guardino all’infanzia. Questa disomogeneità, ha proseguito Saulini, è principalmente legata alla mancanza di un Piano Nazionale per l’Infanzia (così come di un Garante Nazionale), previsto per legge ma che purtroppo si fa ancora attendere (l’ultimo risale al biennio 2002-2004).


Successivamente è intervenuto Giovanni Merlo, Direttore della Ledha, che ha avuto il compito di individuare sovrapposizioni e complementarietà tra la Convenzione sui diritti dell’infanzia e quella sui diritti delle persone con disabilità che devono servire come strumenti utili per riconoscere le barriere e non per identificare la patologia e che ha sottolineato come “ogni trattamento differenziato senza giustificazione è una discriminazione”.


Laura Borghetto, presidente dell’associazione L’Abilità, ha concluso la parte della mattinata dedicata alla presentazione dei temi della CRC raccontando la Convenzione con la voce diretta delle famiglie, tramite un video, da dove sono emersi indicatori “non quantificabili”, ma importanti al pari degli altri, quali l’importanza delle parole, il supporto e la comprensione che si sviluppa tra le famiglie; in altre parole, quella rete sociale che influisce sulla qualità della vita delle persone. Borghetto ha concluso con un invito che tutti dobbiamo raccogliere: quello, cioè, di facilitare il coinvolgimento diretto dei bambini con disabilità. Sono loro i veri protagonisti delle loro vite.

E ora?
Questa prima parte del convegno si è chiusa “aprendo” la tavola rotonda con delle domande, formulate da Michele Imperiali, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico di Anffas Onlus, che ha moderato i lavori, e dirette agli amministratori locali:
•          In Lombardia si pianifica e si programma sulla base di dati certi? Esistono le stime sulla disabilità in età 0-5?
•          Le normative regionali tengono conto dei cambiamenti di paradigma nell’approccio ai programmi per la cura, tutela e promozione della salute dei bambini e degli adolescenti con disabilità?
•          Le politiche per la disabilità nell’infanzia vengono concepite e promosse nell’ambito dell’approccio alla “categoria disabili” o nell’ambito delle politiche dell’infanzia?
•          E’ garantito l’accesso alla diagnosi precoce e certa ed ai programmi tempestivi di abilitazione?
•          Sono garantiti i livelli essenziali omogenei su tutto il territorio regionale?
•          Le famiglie sono supportate da subito in un percorso di informazione e formazione sulle tutele e sull’accesso ai servizi?
•           A che punto è il percorso tra inserimento, integrazione e inclusione scolastica in Lombardia?
•          Chi e come esercita l’attività di monitoraggio e controllo dell’applicazione della convenzioni sui diritti dell’infanzia in Lombardia?
•          Il modello di welfare lombardo è allineato con i dettami della convenzione ONU?

L’assessore alla salute del comune di Milano Giampaolo Landi Di Chiavenna, dopo aver riassunto l’impegno dell’amministrazione cittadina a favore delle persone con disabilità, ha condiviso la necessità di istituire una banca anagrafica dinamica in grado di fotografare quantitativamente e qualitativamente la condizione dei bambini e adolescenti con disabilità di Milano, oltre ad aver sottolineato l’esigenza di superare la frammentazione che oggi esiste in tema di presa in carico a causa delle competenze spalmate tra i vari assessorati e uffici. Per questa ragione ha ipotizzato, quale strada ideale, quella di istituire un assessorato alla disabilità (rispetto alla quale Anffas si sente però di esprimere qualche perplessità) in grado di svolgere uniformemente tutte le attività richieste per la gestione dei bisogni.

Che dire in conclusione di questa prima conferenza regionale?
Sarebbero sufficienti, per iniziare, tre cose:
–          facciamo l’anagrafe dinamica 0-5;
–          aggiorniamo  e pratichiamo  i paradigmi culturali in tema di salute e disabilità  in tutte le leggi regionali;  
–          scegliamo “l’interesse superiore del bambino” quando si devono decidere le priorità nelle scelte delle politiche sociali ed economiche.


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