Welfare

Un anno tragico, non inutile

Kosovo un anno dopo, intervento di Antonio Papisca, docente ed esperto di relazioni internazionali

di Antonio Papisca

Antonio Papisca, insieme ad altre 7.000 persone firmò nell?aprile dello scorso anno l?appello ?Io vado a Pristina? promosso dal nostro settimanale e dalle maggiori organizzazioni della società civile che chiedeva a Belgrado di cessare la pulizia etnica e ai governi occidentali di cessare i bombardamenti. Docente di Relazioni internazionali all?università di Padova, e direttore del Centro studi per i diritti dell?uomo e dei popoli, siamo tornati da lui a un anno dall?inzizio dei bombardamenti Nato sulla Serbia e gli abbiamo chiesto di provare a stilare un bilancio di un anno vissuto pericolosamente. Il Kosovo ha significato l?affermazione di un nuovo ordine mondiale, sicuramente più temibile di quello che abbiamo immaginato e costruito nei decenni passati perché basato su rapporti di forza tra Stati e non più su valori condivisi da tutti. Dopo l?ultima Guerra c?è stata una vera rivoluzione nelle relazioni internazionali, decisa dai leader politici dell?Occidente. Dopo gli orrori dell?Olocausto e di Hiroshima si decise che era giunto il tempo di fondare un nuovo diritto internazionale basato su valori universali come pace, democrazia e diritti umani, ripudiando l?ordine primitivo fondato sulla legge del più forte. La radice di questo nuovo ordine fu la Carta delle Nazioni Unite del 1945, che fu seguita dalla Dichiarazione dei diritti dell?uomo del 1948. Bene: in un ordine come questo non c?è più posto per la guerra che infatti venne bandita come istituto e definita un ?flagello?. Concetto recepito dalla nostra Costituzione che infatti ?ripudia? la guerra. Beninteso, l?uso della forza è ammesso, ma soltanto da parte dell?Onu , che infatti viene dotata di un proprio esercito. I singoli Stati non possono mai usare la forza, con un?unica eccezione: la difesa da un?aggressione. In questo caso lo Stato aggredito può difendersi militarmente, ma solo in attesa di un intervento dell?Onu che spenga il conflitto. C?è un corollario: anche un organismo regionale come la Nato può intervenire per risolvere una crisi, ma deve essere autorizzata dal Consiglio di sicurezza dell?Onu. Nel caso del Kosovo, questa autorizzazione non è mai arrivata, quindi si è consumata una palese violazione del diritto internazionale. D?altra parte da un anno sfido chiunque a definire ?di polizia internazionale? l?intervento Nato. Il vero problema sa qual è? È puerile che la Nato abbia portato questo argomento per giustificarsi («se non interveniamo noi, chi può farlo?»), perché dipende anche dagli Stati del Patto atlantico far funzionare l?Onu. Ma nessuno lo fa, e io sospetto che questo atteggiamento nasconda un piano molto raffinato…delegittimare l?Onu. Gli Usa, è chiaro, non sopportano più di essere i più forti e contare come l?ultima isola del Pacifico. Questi nodi fondamentali, un anno dopo, sono ancora tutti sul tappeto. Eppure, paradossalmente, l?azione militare intrapresa un anno fa dalla Nato può essere considerata una felix culpa, una sorta di marachella internazionale, condannabile e moralmente inammissibile, utile però a far emergere una situazione nuova e di assoluto interesse. Si è verificata, infatti, una cosa solo apparentemente inaspettata: la tanto declamata società civile internazionale ha iniziato a dire la sua, ha cominciato a contrapporsi nettamente ad un modo di sentire le cose che non stava né in cielo né in terra. Un anno dopo possiamo dire che sarà senza dubbio la cautela a dominare le prossime scelte dei governi, in modo particolare di quello americano. E sono state le leadership più preparate e competenti di queste organizzazioni a guidare la ?rivolta?: in questo senso Pristina e Seattle c?entrano. Per il ruolo sociale ma anche politico che le Ong stanno vistosamente portando alla ribalta a livello mondiale. Si va affermando sempre più quello che io ho definito ?global governance?, una cultura basata sul riconoscimento dei diritti umani e sull?applicazione del principio di sussidiarietà. La scommessa, oggi, è la democratizzazione dell?Onu e una rapida approvazione della Carta dei diritti fondamentali dell?Europa. Tappe obbligate, assolutamente necessarie per togliere lo scettroagli Stati Uniti. Anche in questo caso va riconosciuto l?enorme ruolo delle Ong che sono diventate veri e propri strumenti di pressione internazionale. Ha ragione chi sostiene che nei Balcani ha perso una certa politica e ha vinto la società.


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