Non profit

Un anno per l’impresa sociale

Si tratta di una svolta epocale nel sistema di finanziamento del terzo settore in Italia.

di Riccardo Bonacina

l cammino della +Dai -Versi sta davvero per terminare. Andiamo in stampa alla vigilia del voto di fiducia al Senato che convertirà definitivamente in legge il decreto n. 35. Il testo, che va in aula recependo il maxiemendamento del governo, è addirittura migliorativo rispetto a quello del decreto legge (il testo integrale su www.vita.it nella sezione ?Non profit lex?). Come abbiamo già scritto, si tratta di una svolta epocale nel sistema di finanziamento del terzo settore in Italia. Non solo, si tratta anche del primo segnale di attenzione del governo di centrodestra (dopo quattro anni!) a un settore che vanta 250mila organizzazioni, 800mila persone retribuite al lavoro e 3 milioni e mezzo di volontari che ogni giorno si rimboccano le maniche per rispondere ai bisogni propri e altrui, un settore cui ogni anno 31 milioni di italiani affidano una donazione media di 117 euro a testa. è un bene per tutti il fatto che la classe politica, tutta, dimostri di capire, o almeno di intuire, che non c?è futuro per il Paese, che non ci sarà nuovo welfare e neppure più competitività senza la valorizzazione di chi ogni giorno produce massicce dosi di capitale sociale. Un capitale utile a tutti, e i cui dividendi (la fiducia prodotta ogni giorno) sono a beneficio di tutti: cittadini, imprese, istituzioni. La norma sulla deducibilità introduce finalmente un po? di democrazia nel sistema più statalista e burocratizzato che esista: il fisco. Riconoscendo la deducibilità delle liberalità alle organizzazioni non lucrative, si incoraggia una sorta di fiscalità volontaria con il trasferimento diretto dai cittadini alle organizzazioni di terzo settore i cui servizi sono, una volta di più, di pubblica utilità. Il governo e l?opposizione hanno ora un?ulteriore opportunità, nell?anno che ci separa dalle elezioni politiche, di dimostrare di avere a cuore, almeno un po?, il bene di questo Paese, al di là di tutte le strategie elettorali e le polemiche conseguenti. Quello di dare un futuro politico e legislativo al disegno di legge sull?impresa sociale che aveva iniziato l?iter parlamentare all?inizio del 2002 e che lo scorso 21 dicembre 2004 è stato licenziato con un parere positivo dalla commissione Giustizia del Senato. Anche qui la partita in gioco è quella di aggiungere un po? di democrazia reale alla vita del Paese, in questo caso un po? di democrazia economica giacché in Italia, come previsto dall?articolo 2247 del Codice civile, solo l?impresa capitalistica e a fini di lucro ha diritto di cittadinanza. Il disegno di legge sull?impresa sociale, che ora giace al Senato in attesa di essere iscritto nel calendario dei lavori in aula, sancirebbe l?esistenza di una forma di «impresa privata senza scopo di lucro che esercita in via stabile e principale un?attività economica di produzione e di scambio di beni e di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale». Alla convention di Cgm è stato letto il messaggio di un grande vecchio dell?economia italiana, Pellegrino Capaldo, accolto da un?ovazione dei 1.200 cooperatori, che scrive: «Giace in Parlamento un disegno di legge-delega sull?impresa sociale. Secondo me si potrebbe fare di più e meglio, ma questo disegno è già qualcosa, va nella dimensione giusta. E allora auguriamoci che venga approvato senza indugi». Chissà se i nostri parlamentari sapranno ragionare con altrettanto realismo, cioè con altrettanto amore alla realtà.


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