Formazione

Un anno dopo, il terremoto è ancora tutto lì

Pakistan/ Viaggio in Kashmir, tra le macerie. Dopo il sisma non si è fatto quasi nulla. Le ong lanciano un appello

di Redazione

«Quando vedo le altre donne con i propri figli, anche se hanno perso tutto nel terremoto, penso che almeno hanno un motivo per vivere», mi dice Salma, una donna di 30 anni che vive a Balakot, epicentro del terremoto dell?8 ottobre dello scorso anno. «Ma a me cosa resta? Vorrei essere morta anche io insieme alla mia famiglia». Salma non è l?unica a versare in questo stato di prostrazione; tra i superstiti lo sconforto è molto diffuso. Anche a me sembra incredibile che sia passato già un anno dal sisma: i segni di ricostruzione sono ben pochi. Sono qui insieme ad alcuni giornalisti per vedere il lavoro di ActionAid nelle zone terremotate del Kashmir e della Nwfp – North Western Frontier Province. All?indomani della tragedia, che ha colpito nel subcontinente indiano una zona estesa quanto il Belgio, la risposta del governo pakistano e della comunità internazionale è stata immediata. Poche settimane dopo il sisma, terminata la fase di primo soccorso, è stato istituita Erra (Earthquake, Rehabilitation & Reconstruction Authority), un?autorità con il compito di sovrintendere alla ricostruzione, indirizzando e controllando i fondi dei donatori internazionali. Ad Erra è stato deputato il lavoro di ricostruzione delle case, degli edifici pubblici e delle infrastrutture. Le ong, in coordinamento con Erra, si sono dedicate alle necessità più immediate della popolazione: fornitura di alloggi provvisori, accesso a fonti d?acqua potabile, recupero psico-sociale, distribuzione di animali da allevamento, corsi di formazione per intraprendere nuove attività creando fonti di reddito per le famiglie, etc. Purtroppo, episodi di corruzione avvenuti in seno ad Erra e in parte riconosciuti dallo stesso governo pakistano, hanno determinato un forte rallentamento del processo di ricostruzione. La zona in cui è avvenuto il sisma è cruciale per l?equilibrio geo-politico dell?intera regione: il Kashmir ha una forte corrente irredentista che ne vorrebbe l?indipendenza tout court, sia dal Pakistan sia dall?India. Ma le sue centrali idroelettriche, che forniscono oltre metà dell?energia necessaria al Pakistan, fanno sì che il governo centrale si guardi bene dal concedere ulteriore autonomia. La Nwfp è indicata come rifugio di Osama Bin Laden e come culla di Al Qaeda. Musharraf, presidente dell?unico paese musulmano alleato degli Usa nell?area, non vuole rischiare che una enorme mole di denaro finisca nelle mani sbagliate. E così il flusso di fondi, tra corruzione e burocrazia, tarda ad essere impiegato a beneficio della popolazione locale che versa ancora in condizioni drammatiche. «Nonostante Erra sostenga il contrario, a migliaia vivono ancora in rifugi provvisori», mi dice Bushar Gogra, coordinatrice Emergenze di ActionAid Pakistan. «è fondamentale che le ong, la società civile e la comunità internazionale continuino a far pressione sul governo del Pakistan, affinché utilizzi i fondi ricevuti in maniera trasparente e coinvolgendo le comunità nel processo di ricostruzione».


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