Mondo

Un altro velo per l’Algeria

No, non è quello che gli estremisti islamici vorrebbero imporre alle donne. È invece il velo delle missionarie che ogni giorno rischiano il martirio pur di insegnare un mestiere alle algerine. E sono

di Giacomo Ratti

Nell?Ovest algerino, fino a poco tempo fa, le stragi commesse da estremisti islamici erano rare. Ma ora anche qui la musica sta cambiando: la zona è controllata dall?Ais, l?Armata islamica di salvezza, braccio armato del Fis, Fronte di salvezza islamico, che dal 1° ottobre 1997 ha stabilito una tregua con l?esercito governativo. Il che ha fatto imbestialire gli estremisti fanatici del Gia, Gruppo islamico armato, che rifiutano ogni trattativa e che anche qui hanno cominciato a colpire la popolazione civile ?colpevole? di appoggiare i ?traditori? dell?Ais.. Nell?ovest algerino fino a qualche mese fa viveva suor Maria Vassena, in una casa delle missionarie di Nostra Signora degli Apostoli. Una casa, la sua, vicino a Mascara, perennemente protetta dalla polizia. In Algeria suor Vassena ha trascorso 41 anni finché, ora che ne ha 74, ha dovuto tornare in Italia. «La vista cominciava a mancarmi, non potevo più lavorare come prima con le ragazze cui per tanti anni ho insegnato a cucire e a ricamare. Ora due giovani algerine mi sostituiscono al ricamo e alle macchine». Le suore della congregazione di suor Maria sono in Algeria dal 1943 e hanno sul posto una ?Casa per la protezione della donna?. «Vi si insegna un lavoro a ragazze che sennò resterebbero chiuse in casa. Facciamo in modo che si sentano più valorizzate e che possano guadagnarsi qualcosa, in una zona di grande povertà. Sono quasi tutte musulmane, molte delle quali mogli di estremisti. Nessuna di loro parlava mai in pubblico o davanti alle altre delle stragi. Ma in privato poi mi raccontavano, e come». In Algeria si uccide e si muore. La sua non doveva certo essere una vita tranquilla… «Eppure laggiù ho lasciato il mio cuore. Io ho vissuto dieci anni ad Algeri. Vi ero arrivata durante la guerra d?indipendenza. Altri tempi. Poi mi sono trasferita a Mascara. E certo, negli ultimi tempi vivevamo confinate in casa, mentre prima si andava in giro liberamente. Oggi in Algeria sono restate 15 mie consorelle: sei italiane, una egiziana, una libanese, e sette francesi. La nostra è una Congregazione internazionale fondata in Francia a fine Ottocento da padre Blanc ma la cui sede centrale adesso è a Roma. Parliamo tutte il francese meglio dell?italiano. A Mascara eravamo tre suore (io, una francese e una libanese) con due sacerdoti, e basta. Nessun laico cattolico: qualcuno c?era a Orano. In Algeria è impossibile convertirsi al cattolicesimo: i pochi che lo fanno, lo fanno di nascosto, sennò vanno incontro a mille persecuzioni: la famiglia non li fa più vivere, lo Stato gli toglie il lavoro». Sapevate di quello che accade in Algeria? Di tutto il sangue che scorre? «Eravamo informate dalla tv francese le cui trasmissioni ricevevamo tramite l?antenna parabolica. La tv algerina non dice mai niente delle stragi. Noi stesse missionarie di Nostra Signora degli Apostoli abbiamo avute due suore, una maltese e una francese, uccise ad Algeri il 3 settembre 1995. Tornavano dalla messa, le hanno uccise per strada, a venti metri dalla loro casa, ad Algeri». Che cosa pensa della situazione attuale? È possibile fare qualcosa? «Il presidente Zéroual non vuole interventi stranieri. Forse perché il governo stesso è coinvolto nelle stragi. L?autista di monsignor Claverie, il vescovo di Orano ucciso due anni fa, è stato torturato dagli agenti della sicurezza nazionale che volevano farlo parlare contro i padri, le suore e la Chiesa. Era un musulmano ma non ha voluto farlo. Ha tenuto un diario le cui ultime frasi sono: ?Sento che nel mio cuore non sono più musulmano ma cristiano?. Credo che in quel caso il sangue del musulmano e quello del cristiano, dell?autista e del suo vescovo, si sono mischiati». Che popolo è quello algerino? Lei lo ha conosciuto bene… «Non so che cosa sia successo. Gli algerini sono molto affabili, portati a socializzare. Eppure in Algeria abbiamo avuto 19 religiosi martiri: i sette padri trappisti massacrati, i padri bianchi, le suore. Oggi gli estremisti si sono infiltrati nel governo, nella polizia, nell?esercito. E viceversa. Forse fanno queste stragi per attirare l?attenzione del mondo. ma non tutti sono così, non tutti sono fanatici. Ho raccolto la testimonianza commovente di una donna musulmana che ha spiegato perché secondo lei ci vuole la Chiesa in Algeria: il fatto che noi suore e religiosi rimaniamo laggiù infonde coraggio alle donne algerine. Anche se il governo ci tollera a malapena e ci controlla i nostri telefoni. Un giorno con le mie consorelle dovevamo andare a Orano. Abbiamo chiamato il vescovo e siamo uscite. Davanti al convento, c?era già la polizia per proteggerci. Come facevano a saperlo? Chiaro, perché anche il nostro telefono era sotto controllo!».


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