Welfare
Un Aiuto Trasparente, lo dice padre Albanese
"Una catastrofe che richiede trasparenza e responsbilità. Ecco perché ho scelto di aderire all'inziativa di VITA". E sul numero ancora in edicola speciale maremoto di 20 pagine
Ogni volta che scoppia un?emergenza umanitaria, le polemiche sui fondi piovono a grandine. Ma è solo la paura dei più scrupolosi che temono il broglio o forse dietro le quinte c?è qualcuno che getta benzina sul fuoco? Certamente, certi scandali del passato, come nel caso della Missione Arcobaleno che interessò proprio l?impegno della Protezione civile italiana nella ex Jugoslavia, non hanno giovato alla causa di coloro che operano sul campo.
Ciò non toglie che in Italia vi è un?istintiva incapacità, forse per eccesso di provincialismo, a concepire nuove elaborazioni politiche e culturali di respiro internazionale, soprattutto quando si tratta di cooperazione allo sviluppo o di emergenze umanitarie. Ecco perché occorre riflettere insieme, con l?intento di rilanciare l?impegno di chi vuole fare le cose sul serio. A questo riguardo le organizzazioni non governative rappresentano senz?altro il meglio di quanto l?Italia solidale ha prodotto in questi anni; anche se poi – è triste doverlo scrivere – molte di loro soffrono per la mancanza di finanziamenti a causa dei tagli imposti dal nostro governo ai fondi della cooperazione. Per carità, un po? tutti riescono a sbarcare il lunario; c?è chi lo fa meglio, c?è chi s?arrangia. Sta di fatto che quando arriva un disastro come quello dello tsunami, ognuna scende in piazza con l?intento di reperire fondi per aiutare la povera gente.
Premesso che io sarei più felice se potessi vivere in un Paese dove lo Stato finanziasse la cooperazione, la protezione civile, come anche la ricerca scientifica con i soldi dei contribuenti, senza dover ricorrere agli sms di Stato, alle maratone televisive o ad altri caroselli. Così come sarebbe auspicabile che anche le ong definissero insieme delle strategie di cartello per offrire maggiori garanzie alla gente. Un esempio? Il Segretariato sociale della Rai in questi anni si è profuso nel dare spazio alle singole organizzazioni con spot pubblicitari di vario genere. Il fine è nobilissimo, ma non sarebbe meglio presentarsi al pubblico come cartello di organizzazioni impegnate insieme, ad esempio nello Sri Lanka o nel Darfur?
Dopo tutto il concetto di cooperazione implica l?assioma di partenariato, al di là di ogni forma di autoreferenzialità. In questo caso, la spartizione dei fondi raccolti attraverso gli spot avverrebbe secondo il principio di proporzionalità, secondo il numero e le dimensioni dei progetti.
Un?ultima considerazione. Oggi è di moda assistere alla parata degli sponsor nelle kermesse televisive o radiofoniche. Questi signori – tanto per fare un esempio i quattro gestori di telefonia mobile – vorrebbero dimostrare agli italiani che anche loro fanno beneficenza. Nel gergo tecnico si chiama ?cause related marketing? (crm), commercializzazione legata a una buona causa, una vera e propria campagna finalizzata all?abbinamento del prodotto, servizio o marchio che sia, per un certo tempo, a una campagna sociale o a un?organizzazione non profit. La convinzione è che, se realizzata in modo eticamente corretto e non opportunistico, la campagna di crm arrechi benefici d?immagine all?impresa, e ai suoi prodotti, che si distingue per la sua attenzione al sociale, e all?organizzazione non profit che raccoglie fondi per le proprie attività filantropiche o missionarie.
Il tema è certamente di grande interesse ma forse meriterebbe una maggiore attenzione da parte di coloro che sono direttamente impegnati a livello di volontariato. Anzitutto si pone la questione della trasparenza da parte delle aziende, alcune delle quali operano in settori quantomeno controversi nell?ambito più generale di quei processi commerciali planetari che vengono riassunti con il termine di globalizzazione. Ma non solo. Se da una parte è vero che l?impresa può fare del bene, dall?altra è opportuno rammentare che la campagna di crm non può essere affatto considerata come ?un?azione caritativa? mancando il presupposto fondamentale, rappresentato dalla pura gratuità. Insomma, aiutare attraverso gli sms è lodevole, meglio però se i soldi vengono indirizzati direttamente a chi di dovere, le ong nella fattispecie. A loro il compito di rendicontare pubblicamente il proprio operato a servizio degli ultimi.
Proprio per queste considerazioni ho accolto con gioia l?iniziativa di Vita di scendere in campo con una raccolta fondi trasparente, a costo zero, e che mette insieme 16 associazioni e ong. Speriamo che sia un primo passo nella direzione che ho cercato di indicare verso un diverso futuro.
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