Sostenibilità
Unindagine fotografa i giovani 2004. Tra i banchi una generazione formato Windows.
Oggi i ragazzi sono molto diversi da quelli di qualche anno fa. Dicono no alle ideologie, pensano solo al presente, sguazzano nelle contraddizioni. E vivono a finestre.
di Redazione
Chi è giovane oggi in Italia? Quando si smette di esserlo? E come sono i giovani, i soggetti principali cui si rivolge l?educazione, compresa quella ambientale? Un grande istituto di ricerca, lo Iaro, dal 1983 realizza ogni quattro anni una indagine sull?universo giovanile. Sottoponendo sempre le stesse domande si ottiene, negli anni, una rilevazione delle tendenze principali. Il primo problema è come si fa a considerare una persona adulta. Lo Iaro ha fissato alcune tappe: termine degli studi; inserimento nel mondo del lavoro; indipendenza abitativa; matrimonio o convivenza; nascita di un figlio. Misurando queste diverse tappe si possono notare due fenomeni interessanti. Primo, tutte le tappe si spostano in avanti: ben il 19% dei 25-29enni deve ancora cominciare il percorso! Se considerassimo sufficiente aver raggiunto le prime 3 tappe per dirsi adulti, dovremmo considerare «ancora giovani» il 73% dei 25-29enni e il 35% dei 30-34enni. Aumentano poi i tempi tra una tappa e l?altra, e cade la prescrittività dell?ordine delle tappe. In sostanza, se una volta si passavano in successione una dopo l?altra, adesso aumentano i casi di giovani che si sposano, ma non hanno ancora finito gli studi, oppure di persone che vivono da sole ma senza lavoro.
Esistono poi tendenze in costante aumento. Vediamole. La proiezione nel presente (presentismo): in un mondo incerto, caratterizzato da rapide trasformazioni, il futuro appare sempre più difficile da prevedere. Si rafforzano così comportamenti e atteggiamenti orientati al pragmatismo, che privilegiano obiettivi a medio o breve periodo e, nel contempo, diventa sempre più difficile prefigurare un percorso preciso per il proprio futuro personale.
La caduta dei modelli di riferimento: le grandi ideologie religiose o politiche sembrano tramontate. Si sono incrinate le basi tradizionali su cui poggiava la sfera etica socialmente condivisa; i sistemi di valore si sono, per così dire, relativizzati e frammentati, mentre, parallelamente, si è accresciuta la crisi della credibilità istituzionale.
L?imporsi di canali a doppia (o multipla) moralità: i giovani oggi appaiono molto più integrati all?interno della famiglia e della scuola, gli spunti della conflittualità si sono stemperati. Tale integrazione implica una assunzione da parte del giovane di valori e norme di comportamento che, tuttavia, assumono validità solo all?interno degli ambiti di pertinenza: al di fuori di essi il giovane è in grado di aderire ad altri sistemi di valori. È una vita modello Windows, a finestre, in una finestra ho un gioco e uso le regole del gioco, in un?altra altre. Il tutto contemporaneamente. Esempio: vent?anni fa un giovane bravo in casa poteva essere leggermente diverso fuori, ma aveva un senso di colpa; oggi è diverso a seconda degli ambienti, senza alcuna contraddizione.
La diffusione dell?accettabilità del rischio: da disvalore il rischio ha assunto una connotazione positiva quando si associa alla capacità dell?individuo di assumersi dei rischi come componente del successo personale. Questa sorta di rivalutazione del rischio ha però portato molti giovani a non operare una distinzione tra valenze positive e negative del concetto; si assiste così a una estensione di comportamenti rischiosi.
La reversibilità delle scelte: l?accettazione del rischio può essere giustificabile solo in presenza di un secondo assunto esistenziale: ogni comportamento e ogni scelta è considerata revocabile. Nulla deve apparire irreversibile; si evitano così tutte le decisioni che sottendono scelte di vita definitive. Per i ragazzi nulla è definitivo né può esserlo, quindi le scelte si possono, si devono poter cambiare.
La rinuncia all?assunzione di responsabilità: proiezione nel presente, relatività ideale, reversibilità delle scelte inducono il giovane individuo ad evitare di assumersi responsabilità sotto questa luce può essere interpretata la crescente difficoltà dei giovani nei processi di transizione ai ruoli adulti.
La sfiducia nell?altro: il prossimo è percepito come una minaccia, non come una risorsa. La tendenza è quella di rinchiudersi nel proprio intorno sociale, unica fonte di sicurezza. Così famiglia e gruppo dei pari diventano canali di riferimento esclusivi, mentre tutto ciò che è esterno è visto con diffidenza. Infine una dato sociologico: per la prima volta nella storia una generazione non riuscirà a migliorare la propria situazione (economica, culturale, e di status) rispetto ai propri genitori.
(tratto da AA.VV., a cura di Daniele Vignatelli, Meravigliosi millimetri, Anima Mundi editrice 2004)
di Riccardo Pieri
responsabile di Arco, società di consulenza, formazione e progettazione, Cesena
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