Povertà & Norme

Uk, carcere al senza-dimora “che puzza”? Anche in Italia leggi anti-poveri

Antonio Mumolo, avvocato di strada, commenta la nuova norma britannica: «Purtroppo la povertà spesso non è considerata uno status, ma una colpa». È così anche da noi, come dimostrano i molti provvedimenti italiani contro chi vive in strada

di Ilaria Dioguardi


Il disegno di legge “Criminal Justice Bill” del governo Sunak vuole sostituire il “Vagrancy Act” di due secoli fa, che ancora oggi criminalizza il vagabondaggio. Ma rischia di creare problemi ancora più gravi, in nome del decoro pubblico. «La legge precedente, che esiste solo in Inghilterra e in Galles, è già stata abrogata in Irlanda del Nord e in Scozia e consentiva l’arresto immediato delle persone senzatetto, scoperte in strada a dormire e a chiedere l’elemosina», dice Antonio Mumolo, presidente dell’associazione Avvocato di strada. «Se è vero che questa legge porterà all’arresto delle persone che “puzzano”, non mi stupisce».

Colpevole di essere povero

«Purtroppo ancora esiste questo stereotipo culturale secondo il quale i senza dimora sono “colpevoli” di essere tali. La povertà non è considerata, soprattutto nelle società più ricche, uno status, una condizione in cui chiunque può trovarsi. Ma è considerata una “colpa”: chi è in strada, è considerato povero perché non ha voluto lavorare, non si è voluto impegnare e sacrificare. Chi è povero è “colpevole” di essere povero», continua Mumolo. «Questo tipo di mentalità, purtroppo molto diffuso, porta a conseguenze anche giuridiche. In ogni sistema giuridico, in ogni parte del mondo, alla colpa è associata la punizione: se sei colpevole, ti devo punire. Le persone che pensano che i senza dimora siano colpevoli, non si stupiscono se vengono puniti».

Antonio Mumolo, presidente Avvocato di strada

La condanna dell’emarginazione sociale

C’è il rischio che questo “vento nuovo”, che punta l’indice verso la povertà estrema, arrivi anche da noi? «Questo “vento” che c’è in Europa è figlio di una mentalità tipica di Paesi ricchi e agiati che anziché combattere contro la povertà fa la guerra ai poveri. Ciò comporta poi delle azioni pratiche. Spesso non si pensa solo “peggio per te che sei povero”, ma “devi essere punito perché sei povero”. In Italia, come Avvocato di strada, notiamo che sono diverse le “punizioni” inflitte alle persone senza dimora, per la “colpa” di essere diventate povere. La prima è l’invisibilità: nella maggior parte dei casi, le persone in strada non le vediamo, se ci parlano non rispondiamo loro. La prima condanna è l’emarginazione sociale».


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Provvedimenti contro i poveri

«Una “punizione” inflitta, a volte, ai senza dimora è di natura corporale», prosegue Mumolo. «Nel nostro Paese sono tanti gli episodi di aggressione fisica nei confronti dei senza dimora. Il terzo tipo di punizione, il peggiore, è di tipo giuridico. Quando questa mentalità retriva e ingiusta diventa corrente, il legislatore o l’amministratore emana provvedimenti o atti amministrativi per punire i senza dimora, per lottare contro i poveri e non contro la povertà».

Un esempio su tutti, le panchine con un bracciolo metallico in mezzo, per impedire ai clochard di sdraiarsi e dormire. «Molti provvedimenti hanno vietato di chiedere l’elemosina, con il “sequestro dei mezzi” (sembra una barzelletta, ma è vero), che noi come Avvocato di strada abbiamo impugnato ottenendo sempre l’annullamento delle ordinanze: non parliamo di accattonaggio molesto, che è un reato in Italia, ma di persone stese in terra che mettono il cappello o il bicchiere di plastica per racimolare qualche soldo». Alcuni sindaci hanno provato a vietare l’ingresso nei comuni a persone senza dimora o migranti perché “portatori di malattie”. Anni fa il Tribunale di Genova ha accolto il ricorso per condotte antidiscriminatorie dei Comuni di Alassio e Carcare presentato da Arci, Avvocato di strada onlus, Asgi-Associazione studi giuridici sull’immigrazione, Federazione solidarietà e lavoro di Genova.

Le leggi non aiutano i senza dimora

«Quante leggi sono state fatte contro le persone povere? Pensiamo a tutta la normativa che impedisce che queste persone di poter prendere una residenza, che di fatto impedisce loro che possano avere una vita normale», prosegue l’avvocato Mumolo. I benefici dello Stato possono essere dati solo a chi ha una residenza in Italia. «Il povero che non ha un una residenza non poteva avere neanche il Reddito di cittadinanza, quando c’era, e bisognava avere una residenza da ameno due anni per poter fare la domanda. Tante persone, più povere tra i poveri, non potevano accedere neanche a questo beneficio».

Di recente è stato pubblicato il libro Non esistono cause perse. Gli avvocati e la strada (edizioni Intra), scritto da Antonio Mumolo insieme al giornalista Giuseppe Baldessarro, che ripercorre la storia dell’associazione bolognese, dalla sua nascita nel 2000. Il ricavato andrà ad Avvocato di strada.

Foto di apertura di John Moeses Bauan su Unsplash

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