Europee, i candidati sociali

Ugo Biggeri (M5s): «L’Europa faccia la transizione ecologica non quella militare»

L'ex-presidente di Banca Etica e Etica Sgr in campo con Conte e Grillo. «Nel M5s trovo un'attenzione alla pace e ai più deboli che ha caratterizzato sempre il mio impegno». E assicura che il movimento è cambiato a cominciare dal tema dei migranti: «Ho chiesto il programma e ne ho discusso». L'Europa, spiega, si concentri sulla transizione green o si esaspereranno i giovani come quelli di Extiction Rebellion o di Ultima Generazione

di Giampaolo Cerri

Il suo nome, annunciato con malcelato orgoglio da Giuseppe Conte durante un’intervista al quotidiano dei vescovi, Avvenire, aveva fatto scalpore: Ugo Biggeri, candidato col M5s alle europee, è stato un colpo autentico da parte dell’Avvocato. Sì perché, anche se uno vale uno, quello di Biggeri non è un nome qualunque: classe 1966, fiorentino, fisico, cattolico-progressista, “donmilaniano”, pacifista e non violento, tra i fondatore di Banca Etica di cui è stato presidente fino al 2019 e fino a un anno fa di Etica Sgr, la società di gestione del gruppo. Oggi impegnato nella Global Alliance for banking on valutes, in questi giorni è in Armenia a incontrare un partner locale.

Biggeri che c’entra lei col M5s?

Credo di aver fatto sempre politica. Mai coi partiti, intendiamoci. Le campagne per il disarmo, l’impegno con Banca Etica, il Social Forum del 2002.

Non l’hanno tirata per la giacchetta?

No, anzi è una candidatura che ho fortemente cercato.

Viva la sincerità.

No, non mi piace fare l’ipocrita. L’ho cercata perché, stando nelle reti della finanza etica europea, in cui lavoro, ho chiaro come, soprattutto negli ultimi anni, l’Unione europea abbia legiferato intorno alla finanza sostenibile. Ho anche chiaro come rimanga sempre il tema della finanza speculativa, che non si ha il coraggio di affrontare. E non avendo più incarichi nella banca, ho pensato che potessere essere il momento giusto per entrare in politica.

È stato facile?

Non è facile farsi ascoltare su questi temi dalla politica ma, avendo avuto l’occasione di incontrare Giuseppe Conte, è stato più semplice: alla fine mi ha scelto lui. Non essendoci neppure la figura dell’indipendente, nel M5s, posso dire di essere espressione diretta del suo presidente. Devo dire che la prima cosa che ho chiesto a Conte è il programma.

L’ha avuto?

Era in bozza (quello definitivo è uscito nei giorni scorsi, ndr). Ecco, non è che si sia discusso di candidatura e basta. Si è discusso di programma e sono riuscito a spostare dei contributi anche al suo interno. Devo dire è un programma che che apprezzo. 

C’è un filo rosso in qualche modo che lega il suo impegno – da giovanissimo con Mani Tese, guidata da un altro fiorentino come Graziano Zoni e poi tutto il resto – col M5s? Perché del Movimento di qualche anno, è ancora il vivo ricordo di posizioni dure, all’epoca del Conte I, sul chiudere i porti, sulle “ong taxi del mare”…

Se fosse stato il Movimento di quegli anni, glielo dico chiaramente, non mi sarei candidato. 

Se fosse stato il M5s di alcuni anni fa, non mi sarei candidato: sui migranti, dalle “ong taxi del mare”, è passato ai corridoi umanitari

Ugo Biggeri, già presidente di Banca Etica

Oggi invece?

Oggi il M5s sulla pace è chiarissimo, davvero molto chiaro, e non solo a parole ma anche per come vota in aula, che è fondamentale. Lei prima parlava di Zoni.

Sì, figura carismatica.

È stato un mentore, per me, feci per lui la campagna “contro i mercanti di morte” con Mani Tese, lui personalmente firmò per la Lega del disarmo unilaterale, e quindi mi trovo bene in questo M5s. Mi trovo bene anche per l’attenzione alle fasce deboli, che ha sempre caratterizzato il cattolicesimo progressista e l’associazionismo. E ancora, la transizione ecologica. 

Questione centrale.

Lo stiamo capendo in ritardo ma credo che i trattori per le strade abbiano aperto gli occhi a molti: se non si pensa a una giusta transizione che sostenga, non tanto le grandi aziende, ma appunto gli agricoltori o i cittadini in difficoltà, le fasce più deboli, sarà un grande problema. Una transizione che sappia coniugare sociale e ambientale, che è obiettivo costante del mondo cattolico anche del mondo della sostenibilità. Tutto questo lo trovo forte dentro il movimento 

C’è qualcosa di “lapiriano”, in questo M5s?  Per stare alle sue radici, al suo mondo?

Direi donmilaniano. Don Lorenzo Milani è la persona che mi è più cara e che ho studiato di più.

Ha appena dato alle stampe un libro: Don Milani, alle radici dell’economia alternativa, edito da Fondazione Giangiacomo Feltrinelli.

C’è un contributo di Francuccio Gesualdi (uno dei figli adottivi del Priore, ndr) altra persona a me molto cara. Ritiro fuori quello che ha scritto Alex Langer, ci ha scritto Luigino Bruni e c’è la postfazione di Rosy Bindi. Quando ho pensato il libro, la cui ricerca è partita quasi un anno fa, francamente, non avrei scommesso nemmeno due euro sul fatto che sarei stato candidato. Ora sembra averlo fatto apposta. 

Biggeri, c’è un passaggio del pensiero di don Milani che più si attaglia al passaggio storico attuale?

Dice a un certo punto di Esperienze pastorali (Lef editrice) che le innovazioni nel campo della produttività hanno fatto sì che la stessa persona che lavora al telaio, a Prato, produca quattro volte di più, ma il beneficio, in realtà, è andato a una società dei consumi che tende ad abbassare sempre di più i costi per aumentare i consumi. E al padrone, cioè all’industria. 

Ugo Biggeri con Vandana Shiva

Una profezia.

Se non abbianmo questo spirito, questa idea che lui aveva visto lucidamente 50 anni fa, rischiamo di fare la stessa cosa con gli aspetti ambientali. 

Vale a dire?

Vale a dire avremo innovazione ambientale ma va a favore dei ricchi. Ecco, secondo me il M5s ce l’ha più chiaro di tutti.

Sorpreso?

Un po’, ero rimasto al programma del 2019 sui migranti…

E i già citati “taxi del mare”… 

E invece non parlano più di taxi del mare ma di corridoi umanitari che, tra l’altro ricordo, è quello che fanno sia le chiese valdesi, la Chiesa, l’Arci, Sant’Egidio.

Allora Biggeri, facciamo che la circoscrizione Nord-Est la porti a Strasburgo, come personalmente mi auguro…

Mi fa piacere, perché appena uno fa politica sembra che cominci a puzzare: tutti pigliano le distanze. Invece sarebbe bello che si capisse quando una persona lo fa, perché veramente ha qualcosa da dire e non perché è un interesse personale. 

È il suo caso?

Io tutto sommato sono contento della vita che faccio e ho voluto candidarmi perché penso che essere a Strasbugo strategico su temi su cui mi sento mi sento forte, su cui ho lavorato una vita: la pace, la transizione ecologica giusta. E poi soprattutto la finanza, non ci rendiamo conto che di soldi, nel mondo, ce n’è una quantità pazzesca. E noi non li andiamo nemmeno a tassare.

Le stavo dicendo: ipotizziamo che lei arrivi a Strasburgo, qual è il provvedimento, la mozione a cui vorrebbe legare il suo nome? Ai tempi del Social Forum fiorentino del 2002, in cui lei si impegnò, si parlava tanto di Tobin Tax: il prelievo sulle transazioni speculative internazionali.

Ci sarebbe da farla davvero, anzi, una tassa che vada a colpire tutte le transazioni finanziarie. Rallentare la speculazione dovrebbe essere un obiettivo dell’Unione europea. C’è un rapporto, l’Esma, l’autorità europea sui mercati e sulla loro sicurezza, realizzato dopo la crisi del 2008, in cui si stima che i derivati siano 33 volte il volume dei derivati, trentatré volte il Pil mondiale. 

Spieghiamo che cosa significa.

Significa che i derivati sono una specie di assicurazione, come fosse la polizza dell’auto. Se a uno sucedesse, putroppo, di investire una persona, ecco che la compagnia pagherebbe un milione di euro, per fortuna non succede mai e quello che paghiamo ogni anno è il premio. Bene, i premi che si pagano per i derivati nel mondo cominciano a essere vicini al prodotto interno lordo mondiale. Eppure, faccio un ragionamento da fisico, sono usati di fatto per fare scommesse. 

I derivati hanno una loro funzione, però.

Certo, sono utili anche per la regolamentazione dei mercati ma non c’è bisogno di sprecare tutto questo denaro – perché “sprecare” è la parola giusta – considerando il fatto che, se le cose vanno male, c’è l’effetto leva al contrario e si ripercuotono nell’economia nell’economia reale.

Quindi, quando parliamo di Tobin Tax…

Quando parliamo di Tobin tax, sembra che che vogliamo mettere una tassa nuova. Invece la Tobin tax sarebbe un modo per reperire risorse, migliorare, evitare che sia più conveniente fare speculazione rispetto a investire nell’economia reale.

Una tassa utile.

La tassa che servirebbe di più a tutti gli imprenditori del mondo, che siano sostenibili oppure no. Ecco, questa è una narrativa diversa, che deve essere che deve essere fatta sulla sulla Tobin tax, perché serve per il gettito fiscale ma soprattutto è utile perché, se i grossi gruppi non hanno più interesse a fare così tanti derivati, probabilmente investono nell’economia reale. E questo è quello che ci servirebbe. 

Biggeri con l’economista Amartya Sen

Proseguiamo col Biggeri a Strasburgo…

Ci sarebbe il tema dei paradisi fiscali. Sulla fiscalità ci sarebbe tanto da fare.

Spieghiamolo bene.

Si tassa ancora il lavoro! Nella busta paga di ognuno di noi, vediamo quanto è tassato il nostro lavoro. Non è tassato allo stesso modo lo spreco di risorse ambientali, l’uso di materie prime, l’inquinamento, l’uso, dell’energia fossile. Gradualmente si potrebbe fare un passaggio di fiscalità dal tassare il lavoro alle attività che nuocciono ambiente. Questo produrrebbe innovazione come quella di cui parlava don Milani.

Ricordiamolo, ancora. 

Don Milani diceva che bisogna stare attenti all’uso della tecnologia, perché devono poterne beneficiare tutti. Perché l’operaio della tessitura di cui sopra – grazie all’innovazione tecnologica – produce quattro volte più di prima ma non è che gli diano quattro volte più lo stipendio, ma neanche la metà, cioè non gli è aumentato proprio il salario! Ecco, questa è l’attenzione al sociale che dobbiamo avere anche nella transizione ecologica e in generale in tutte le innovazioni. 

È appena uscito un numero di VITA magazine sul “l’Europa da rifare”, uno dei temi è il Green Deal, di cui lei ha parlato molto. Un altro è quella di un Continente che ripensi la propria politica migratoria.  

Bisogna creare canali legali di migrazione, perché diventi sconveniente usare quelli illegali. Ma dico di più. 

Prego.

Sono assolutamente a favore della natalità, dobbiamo fare in modo che sia una cosa bellissima. Se però i nostri giovani non fanno figli, forse ci dobbiamo fare delle domande. 

E che risposte ci diamo?

Sicuramente dipende anche da tutte le migliorie, gli incentivi, la attenzioni che possiamo metere in campo ma, secondo me, c’è una paura di futuro che noi non vogliamo vedere. Guardi cosa successe sui tentativi di Ultima generazione o di Extinction Rebellion per attirare l’attenzione sui temi cruciali come quelli della transizione ecologica.

Che succede, Biggeri?

Succede che puntiamo tutti il dito sul vandalismo e non guardiamo la luna del fatto che questi ragazzi vedono un problema enorme, che esiste, e che noi adulti continuiamo ad ignorare. Bisogna dare un futuro che piaccia alle giovani generazioni. E poi, di nuovo “da fisico”, osservo che la Francia ci ha messo vent’anni per riuscire a riaumentare la natalità. Dopodiché, ce ne vorranno altri 25 perché questi nuovi figli diventino uomini produttivi. Fino allora che facciamo? Abbiamo questa narrativa sui migranti che è assolutamente controproducente, perché gli imprenditori rimarranno senza lavoratori e non tra 20 anni, sta già succedendo. Quindi smettiamola di dire che l’immigrazione è un problema e gestiamola come un’opportunità.

Per i Corpi civili di pace i tempi saranno lunghissimi. Che comunque le idee di Langer non muoiano è fantastico

Ugo Biggeri, già presidente di Banca Etica

Lei prima citava Langer. Fu lui a pensare i Corpi civili di pace. Il loro rilancio, visto che si parla di Difesa europea, è una delle idee contenuto nel numero di VITA appena uscito. 

Anche se i tempi sono lunghissimi, che comunque le idee di Langer non muoiano è fantastico. Il punto è che abbiamo in Italia un pensiero unico bellicista che è spaventoso. E succede in un Paese dove il Papa si schiera apertamente per un cessate il fuoco immediato, eppure la stragrande maggioranza dei dei dei partiti non non coglie questo, anzi fa finta che non ci sia questo richiamo. Lo trovo veramente, veramente preoccupante. In un momento in cui si sta facendo transizione militare, Il corpo civile di pace sembra sembra qualcosa da anime belle. 

Invece?

Invece io io sono convinto invece che sarà qualcosa che crescerà nei prossimi anni. Perché le persone si rendono conto che la pace va prevenuta, che ci sono metodi anche “non di guerra” per mantenerla. A partire da queste esperienze che cambiano il vissuto culturale, si può pensare si può pensare un giorno di ritornare a una Europa di pace. Ora, purtroppo siamo in un’Europa in cui, si pensa alla transizione militare più che la transizione green. 

C’è un piano di azione per l’economia sociale e, parallelamente, su un altro livello, ci sono diverse direttive sulla responsabilità sociale di impresa. Ora su quest’ultimo tema c’è una frenata generalizzata: all’Estero, perché la stessa Germania ha ripensato ad alcuni provvedimenti, ma anche in Italia, dove Confindustria, Abi, Ania fanno pressing sul ministro Giorgetti, perché le dichiarazioni non finanziarie previste dalla nuova direttiva non siano sanzionabili come quelle finanziarie. 

Bisogna far capire che sono opportunità, non non dei nuovi orpelli burocratici. Quelli che vogliono rallentare la transizione ecologica finiranno per provocare ancora di più i ragazzi in lotta contro i cambiamenti climatici. E francamente ho paura…

Di cosa, Biggeri?

Onestamente ho paura che li spingeranno ad azioni anche di eco-terrorismo, che sarebbero assolutamente deleterie, però quando si mette in un angolo il futuro delle nuove generazioni… Insomma è qualcosa di una gravità incredibile, invece invece ci giochiamo sopra, c’è molta irresponsabilità in giro. 

Bisogna far capire che sono opportunità, lei dice.

Sì perché a un certo punto la competizione mondiale, per gli imprenditori, per il libero mercato, difficilmente continuerà a giocarsi conservando il modo di produrre del passato. Quindi qualunque norma, che invece aiuti a trovare percorsi innovativi, mi sembrerebbe uno stimolo per tutte le imprese. È quello che dice da sempre la finanza etica: valutare le conseguenze non-economiche delle azioni economiche.

C’è chi dice però che c’è troppa burocrazia.

L’Unione europea dovrebbe avere il coraggio di fare come per le sigarette.

Prego?

Sì, sui cui pacchetti c’è scritto “nuoce gravemente alla salute”. Non sull’aria di un alpeggio o di una baita. E così dovrebbe essere: chi non applica la direttiva dovrebbe scrivere sui propri prodotti “Nuoce  gravemente alla salute”. Dopo poco, tutti correrebbero a fare i report socio-ambientali. 

La lezione qual è?

Che troppe volte, per cercare di non rompere nessun uovo nel paniere, finiamo per immobilizzarci. 

Le foto sono dell’intervistato.

Questa intervista fa parte di una serie sui candidati sociali alle elezioni europee, di cui sono già uscite quella Humberto Insolera (Pd), a Rita Bernardini (SuE). a Bruno Molea (Forza Italia).

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