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Uganda, Mantica: “Non ci risultano armi italiane”
Lo ha detto il sottosegretario in commissione Diritti Umani. I numeri Unicef della strage
Potrebbe aver fatto 337 vittime l’ultimo spaventoso massacro perpetrato dai ribelli dell’ Esercito di resistenza del Signore (Lra) nel nord dell’Uganda. E’ quanto ha oggi dichiarato il dirigente dell’Unicef per quella area, signora Rebecca Symington.
Il bilancio, che emerge da discussioni con alcuni capi del campo profughi di Barlonyo, messo a ferro e fuoco dall’Lra il 21 febbraio scorso, non e’ pero’ confermato ufficialmente, e difficilmente potra’ mai esserlo con certezza. Comprende, infatti, non solo le persone trucidate sul posto (numerose, tra cui donne e bambini, arse vive nelle capanne in cui avevano cercato rifugio), ma anche quanti sono stati massacrati nei campi intorno mentre tentavano la fuga, ed ancora quelli uccisi, magari nei giorni successivi, dopo essere stati rapiti dai ribelli nel corso dell’azione.
Le cifre sulla portata del massacro sono state sempre molto controverse. Il governo ha parlato ufficialmente di 84, una cifra assolutamente non credibile. Gli stessi patologi governativi affermarono di aver trovano nella sola cinta del campo 121 corpi, e di essere certi che molte altre decine, probabilmente un centinaio, erano gia’ stati inumati dai familiari al di fuori del recinto. Nessuno, poi, e’ stato mai in grado di stabilire in maniera attendibile il numero dei rapiti, e tanto meno che fine abbiano fatto. L’ultima cifra su cui le fonti locali avevano concordato era stata quella di 239 vittime; ora addirittura di parla di 337. I ‘guerriglieri di Dio’, come vengono chiamati i ribelli dell’Lra, conducono la loro sanguinosa guerra da 18 anni. Finora oltre 50.000 (100.000, secondo alcune fonti) i morti; circa 25.000 bimbi rapiti e ridotti in schiavitu’ (serve concubine le ragazze, minimiliziani i maschi); e 1,5 milioni di persone (di fatto quasi l’intera popolazione del nord dell’Uganda) costretta dall’incalzare della violenza dei ribelli ad abbandonare villaggi e terre coltivabili e cercare rifugio in campi profughi dove manca anche l’indispensabile per sopravvivere.
Il 9 marzo scorso della vicenda si è parlato ancora in commissione Diritti Umani al Senato, reduce da una visita ufficiale nel territorio ugandese. Secondo il sottosegretario agli Esteri Mantica, intervenuto nel dibattito, “in sede Onu gli sforzi italiani sono giunti al risultato di far inviare una missione conoscitiva al Dipartimento degli Affari politici, cui in prospettiva spetta la competenza di avviare la presenza di una forza multinazionale”.
“Per quanto concerne il traffico di armi” oggetto di interrogazioni parlamentari degli on. Martone e Cima, “il sottosegretario Mantica ricorda di avere risposto all’onorevole Cima in merito alle notizie in possesso dell’esecutivo riguardo al coinvolgimento di italiani, coinvolgimento che, allo stato, non risulta”.
Il Sottosegretario ha inoltre ricordato che l’Italia, al contrario di altri paesi, non dà aiuti di bilancio, aiuti cioè diretti al governo, ma nel caso dell’Uganda sostiene in forma diretta, attraverso organizzazioni umanitarie che operano sul posto, la politica sanitaria e la politica di formazione professionale. Per dare soluzione al conflitto nel Nord Uganda, ha aggiunto, “sarà indispensabile attendere la conclusione del conflitto nel Sud Sudan, in quanto potrebbero venire meno le condizioni degli aiuti incrociati che il governo ugandese ha dato all’SPLA nel Sud Sudan e che il governo sudanese ha dato all’LRA, il cui capo, Joseph Kony, appunto, risulta si trovi attualmente a Khartoum”.
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