Mondo
Uganda, così una bici può evitare la cecità
A Kitgum, Cbm Italia Onlus ha realizzato un centro oculistico di secondo livello, dotato di sala operatoria: saranno curate 10.200 persone ogni anno. Per raggiungere i villaggi più lontani e intercettare precocemente persone malate o ormai rassegnate a una cecità che invece si può risolvere con una semplice operazione di cataratta, 50 biciclette faranno la differenza... La testimonianza dall'Uganda del direttore Massimo Maggio
Può una bicicletta evitare di cadere nella cecità? Sì. Per questo lo scorso 24 marzo, a Kitgum, in Uganda, durante la cerimonia di inaugurazione del nuovo plesso oculistico chirurgico dell’Ospedale St. Joseph, a un certo punto sono comparse 50 biciclette. «Gli operatori sociosanitari proprio grazie a quelle biciclette riescono a raggiungere le persone che vivono nelle comunità più distanti, che non verrebbero in città. In questo modo portano la clinica nei villaggi, vanno e fanno attività di screening visivo», racconta Massimo Maggio, direttore di Cbm Italia Onlus. «Spesso così scoprono letteralmente l’esistenza di pazienti piccoli e grandi bisognosi di cure, perché la cecità qui è considerata una disabilità grave, c’è uno stigma importante, le persone vivono nascoste. È una cosa che dico sempre ma che è molto vera: con poco, si può fare tantissimo. Con 30 euro si paga l’intervento di cataratta per una persona adulta, per la stessa operazione su un bambino, che necessita di un’anestesia totale, bastano comunque 125 euro, con 7 euro si comprano un paio di occhiali, con una bicicletta si cambia la vita a tante persone».
Nel mondo il 75% dei casi di cecità sono evitabili, dice The International Agency for the Prevention of Blindness-Iapb. Il fatto è che la metà delle persone con problemi visivi non riesce ad accedere a servizi oculistici: sono un miliardo di persone, vivono soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Patologie curabili come cataratta, errori refrattivi, tracoma, traumi e glaucoma, non curati a causa della mancanza di mezzi e servizi oftalmici adeguati, portano così ancora troppo spesso alla cecità. È in questo contesto che si inserisce l’impegno di Cbm Italia, in linea con la strategia 2030 In Sight di Iapb: tutti dovrebbero avere l’opportunità di fare un esame della vista, ricevere cure oculistiche a prezzi accessibili, avere gli occhiali quando ne hanno bisogno.
In Uganda per esempio vivono 3 milioni di persone con problemi visivi, ma si conta appena un medico oculista ogni milione di persone. Le cliniche oculistiche mobili sono il corollario del nuovo reparto oculistico appena inaugurato a Kitgum, che curerà 10.200 persone all’anno. «SI tratta di un centro oculistico di secondo livello, destinato ad essere il punto di riferimento anche per altri centri che pure esistono in zone relativamente vicine ma che non hanno la possibilità di realizzare determinati interventi chirurgici», spiega ancora Massimo Maggio. Il progetto di cui Cbm è capofila è sostenuto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (Aics) ed è realizzato in accordo con il Ministero della Salute ugandese: accanto a Cbm Italia, sono coinvolte anche la ong Medici con l’Africa Cuamm e i partner Gnucoop, Uici e i governi distrettuali di Kitgum, Arua e Terego.
All’Ospedale St. Joseph a Kitgum, nel Nord dell’Uganda, è stata costruita una nuova sala operatoria e sono stati ristrutturati e ampliati gli spazi dedicati all’accoglienza, alla visita e alla degenza dei pazienti, secondo gli standard internazionali di accessibilità. «L’Unione Italiana Ciechi è stata con noi più volte a Kitgum per fare in modo che tutta la struttura fosse a misura persone con disabiltà. Questo è un punto sempre più caratterizzante i progetti di Cbm Italia: inclusione non è “permettere di entrare” a qualcuno che è escluso, ma realizzare un ambiente che è utile per tutti, un’inclusione che è convivenza». Al St. Joseph esisteva già un piccolo ambulatorio oculistico, «ma non c’era sala operatoria. Ora garantiremo cure di qualità a un bacino molto esteso: prevediamo 10.200 pazienti l’anno», racconta Maggio da Kitgum. Costruire i muri però in un Paese che ha un oculista per milione di abitanti, non basta. Così il progetto ha finanziato anche «il percorso di studi di un secondo medico oculista, che il giorno stesso dell’inaugurazione era pronto ad operare». La cerimonia è durata 8 ore ed è stata una grande festa, con balli e canti: «Questo per dire quanto la comunità senta la necessità e l’importanza di questa struttura. In queste otto ore la clinica oculistica ha iniziato a riempirsi di persone, a un certo punto c’erano decine e decine di persone in coda per essere visitate. Il giorno stesso sono state fatte le prime operazione di cataratta e dopo una notte di degenza, il giorno dopo le prima persone operate vedevano», racconta Maggio.
Nel suo viaggio in Uganda, il direttore di Cbm Italia ha visitato sei progetti in corso. Nel cuore gli sono rimasti i volti dei tanti bimbi in cura al Ruharo Eye Center di Mbarara, nel Sud del Paese: «Lo sosteniamo da molti anni, è l’unico centro di riferimento in Uganda per la presa in carico dei bambini con retinoblastoma, un tumore alla retina molto aggressivo che colpisce soprattutto i bambini. Se non diagnosticato e curato per tempo può estendersi oltre l’occhio ed essere fatale. Nei Paesi in via di sviluppo come l’Uganda il 70% dei bambini colpiti da questo tumore non sopravvive. Ho trovato bambini che venivano da tutta l’Uganda ma anche da Sud Suda e dal Kenya. Ho visto la grande dignità di famiglie appese davvero solo alla speranza. E bambini malati, che appena potevano, trovavano un sorriso in un piccolo parco giochi allestito nell’ospedale (nella foto di apertura). Lo hanno donato i genitori di un bambino con retinoblastoma che al Ruharo Hospital è stato operato e stato salvato. Una storia commovente».
Foto di Cbm Italia Onlus
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.