Economia

Ue: niente soldi agli agricoltori da salotto

Per il neoministro Catania «la riforma Pac sembra vecchia di 6,7 anni»

di Redazione

«Niente più soldi agli agricoltori da salotto che non sono attivi nel lavoro in campagna». Ha usato una espressine colorita ma efficace il commissario europeo all’Agricoltura Dacian Ciolos, intervenuto al primo Summit sulla riforma della politica agricola organizzato a Roma dal presidente della Coldiretti, Sergio Marini, al quale hanno partecipato anche il Ministro delle Politiche agricole Mario Catania e il Presidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo Paolo De Castro. «Restano alcune falle nel sistema corrente che» – ha sottolineato Ciolos – hanno portato un numero limitato di casi molto pubblicizzati di “agricoltori da sofà”, speculatori, aeroporti o campi da golf a beneficiare delle risorse della Politica agricola europea (Pac). Di conseguenza stiamo cercando una definizione più stringente nella riforma che escluderà gli agricoltori non attivi. La nostra proposta» – ha continuato Ciolos – «mira a escludere grandi società che hanno piccoli interessi in agricoltura, ma stiamo anche dando una certa flessibilità agli stati membri di escludere quelli che hanno terra ma non ci fanno nulla». Una apertura alle proposte della filiera agricola italiana presentate dal presidente della Coldiretti Sergio Marini secondo il quale l’agricoltore attivo, destinatario principale delle risorse comunitarie, deve essere quello professionale, cioè quello che lavora e vive di agricoltura e che sarebbe spinto all’abbandono dalla riduzione del sostegno e per questo occorre lasciare gli stati membri liberi di adottare una definizione adeguata. «L’Italia perde circa 250 milioni di euro all’anno con questa proposta, in tutto fanno 1,4 miliardi. Non è giusto perché siamo il Paese che si è impegnato di più verso un modello agricolo capace di rispondere alle aspettative dei cittadini in termini di sicurezza, qualità, biodiversità, occupati e ricchezza prodotta per ettaro e ci ritroviamo ora paradossalmente ad essere quelli più penalizzati» – ha denunciato  Marini – «Se usiamo come riferimento solo la superficie agricola, senza meccanismi di correzione si favoriscono nuove rendite fondiarie». «L’Italia è il Paese che versa il 14 per cento del bilancio comunitario e riceve appena il 10 per cento. E’ uno scarto enorme che non ha giustificazioni: sono 5 miliardi l’anno che diamo ad altri Paesi che magari hanno un Pil procapite più alto», ha sottolineato il ministro delle Politiche agricole, Mario Catania . «Questa riforma Pac sembra vecchia di 6-7 anni e cucita a misura di chi non produce, mentre secondo noi il sostegno va a chi fa vera agricoltura». Come ricordato dall’onorevole De Castro, presidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo, c’è anche «preoccupazione sul peso della burocrazia per un “greening” troppo complicato, per la flessibilità di applicazione della Pac su territori abituati magari ad aiuti elevati, anche perché l’Italia non ha ancora attuato la regionalizzazione». Una preoccupazione sollevata dal Presidente della Coldiretti Sergio Marini secondo il quale la proposta di destinare risorse al greening (“rinverdimento”) per favorire una maggiore cura dell’ambiente è in realtà da rivedere perché esclude la maggior parte delle colture virtuose in termini sostenibilità del territorio e di cattura di CO2, ampiamente diffuse nell’agricoltura italiana come olivo, vite e alberi da frutta, che sono la base della dieta mediterranea. In pratica un olivicoltore italiano non prenderebbe i pagamenti “verdi”, mentre i prati della regina d’Inghilterra sì. Una considerazione sulla quale il Commissario Ue si è dimostrato sensibile.

 


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