Politica

Ue: Incompatibili i prezzi minimi delle sigarette in Italia

Secondo Lussemburgo il regime italiano crea una distorsione di concorrenza

di Redazione

 

Il sistema in vigore in Italia dal 2005 che stabilisce dei prezzi minimi di vendita al dettaglio per le sigarette è «incompatibile» con il diritto dell’Unione europea, in quanto «pregiudica il vantaggio concorrenziale di taluni produttori o importatori e crea una distorsione di concorrenza». È quanto stabilisce la sentenza emessa oggi dalla Corte di giustizia Ue, perchè in contrasto con la direttiva 95/59/CE che prevede che i produttori e gli importatori di paesi terzi «stabiliscano liberamente i prezzi massimi di vendita al dettaglio per ciascuno Stato membro».

Nella finanziaria del 2005, invece, il ministero dell’economia ha stabilito un prezzo minimo di vendita al dettaglio delle sigarette al di sotto del quale è vietata la commercializzazione dei prodotti, che nel 2007 era pari a 3,40 euro per un pacchetto da venti. La Commissione Ue ha quindi fatto ricorso contro l’Italia.

Secondo Lussemburgo, infatti, «il regime italiano non consente di escludere che il prezzo minimo imposto pregiudichi il vantaggio concorrenziale» e «rigetta l’obiettivo di tutela della salute e della vita delle persone invocato dall’Italia a giustificazione della misura», si legge nella sentenza, che ricorda anche che «la fissazione dei prezzi a dei livelli elevati può essere adeguatamente ottenuta mediante l’aumento dell’imposizione fiscale, senza con ciò compromettere la libertà di determinazione del prezzo». Per questo, conclude la Corte Ue, l’Italia «prevedendo un prezzo minimo di vendita per le sigarette, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza della direttiva 95/59/CE».

 


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