Esg
Ue, ecco la diligenza dovuta. Imprese responsabili anche per i fornitori
Stamane il Consiglio per la competitività del Consiglio Ue ha varato la Corporate responsibility due diligence directive - Csddd (o anche Cs3d). Impegna le aziende sopra i 1.000 dipendenti e 450 milioni di fattura a vigilare sulla catena del valore (soprattutto d'acquisto) relativamente a rispetto dei diritti e inquinamento. Applicazione, scaglionata in base alle dimensioni, entro 5 anni
Habemus Diligentiam! Dopo mesi di stop and go, di resipiscenze (tedesche) e baratti che hanno interessato anche l’Italia (ne scrivemmo qui), la Direttiva sulla diligenza dovuta, Csddd o anche Cs3d, dopo tanti rimaneggiamenti che l’hanno resa un affare solo delle grandi imprese europee, è stata approvata stamane dai ministri europei al Consiglio della competitività (qui la nota), articolazione del Consiglio europeo.
Si tratta, lo ricordiamo, di un provvedimento che obbliga le aziende a controllare la propria filiera di fornitura, verificando che a monte non vi siano produzioni in cui si violano i diritti umani e risultino inquinanti. «Se viene identificata una violazione di questi obblighi», ricorda proprio la nota, «le aziende dovranno adottare le misure appropriate per prevenire, mitigare, porre fine o minimizzare gli impatti negativi derivanti dalle proprie attività, da quelle delle loro controllate e da quelle dei loro partner commerciali nella loro catena di attività. Le aziende potranno essere ritenute responsabili dei danni causati e dovranno fornire il pieno risarcimento».
Il provvedimento, una volta firmato di presidenti di Consiglio dell’Ue e Parlamento europeao, sarà pubblicato nella Gazzetta europea e, da quel momento, gli Stati membri avranno due anni per recepirla.
Tempi di applicazione differiti, in base
alle dimensioni aziendali
La direttiva si applicherà a seconda delle dimensioni delle imprese e seguendo questa tempistica: tre anni dall’entrata in vigore della direttiva per le aziende con più di 5mila dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato, quattro anni per quelle con più di 3mila dipendenti e 900 milioni di euro di ricavi e 5 anni per le imprese con più di 1.000 dipendenti e 450 milioni di euro di giro d’affari.
Le reazioni
Come al solito, Andreas Rasche, professore e “preside associato” della Copenhagen Business School, uno dei guru degli Esg su LinkedIn, è stato uno dei primi a commentare: «È bello vedere questa adozione», ha scritto, «dopo così tante discussioni all’inizio dell’anno ma la maggioranza è stato risicato 68% (il 65% era il minimo richiesto per ottenere la maggioranza qualificata)».
Anche lo studioso è tornato sul tema della progressiva riduzione del campo di applicazione partorità dalla negoziazione di questi due mesi e mezzo, da quando cioè nel Coreper dei rappresentati, a fine febbraio, la Germania, per le pressioni della Confindustria tedesca sul governo tramite i liberali, fece capire che non avrebbe votato così Austria e Finlandia, col pronto soccorso, interessato, della Meloni.
«Ci resta il sapore amaro di una Csdd fortemente annacquata», ha concluso lo studioso danese, «ma è un passo importante nella giusta direzione: avere finalmente una normativa europea vincolante per la due diligence della catena del valore!».
Qui Roma: si aspettano le mosse
di Confindustria, Abi e Ania
Gli ha fatto eco, Lorenzo Solimene di Kpmg, sulla stessa piattaforma: «Adesso (come per la Csrd) sarà necessario avviare un percorso di confronto tra imprese e istituzioni per definire è chiarire gli approcci operativi da sviluppare oltre che la definizione di linee guida puntuali: fondamentale sarà dare indicazioni chiare a chi poi deve applicare la Direttiva».
Sì perché se sulla direttiva dedicata alla rendicontazione, ossia la Csrd, c’è già stata una levata di scudi di Confindustria, Abi, Ania (ne abbiamo scritto qui) che hanno richiamato il ministro Giancarlo Giorgetti a una certa prudenza nel recepimento, c’è da aspettarsi che per la Diligenza dovuta ci sarà ugualmente una certa fibrillazione nelle associazioni di rappresentanza.
Nella foto di apertura, di Km Asad/ZumaWire/LaPresse, manifestazione di lavoratori per il 1 maggio a Dacca, in Bangladesh, dove si approvvigionano anche aziende europee del tessile.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.