Mondo

UE e Paesi poveri: bene il 2011, ma in futuro?

di Sergio Marelli

Sono stati 12.3 miliardi di Euro le risorse destinate dalla Unione Europea alla cooperazione con i Paesi dei Sud del mondo nel 2011. Una allocazione di 1.2 miliardi superiore a quella del 2010 che riporta i valori ai livelli del 2008 e 2009. Il dato emerge dal rapporto di attività “Annual Report on the European Union’s development and external assistance policies and their implementation in 2011 presentato dalla Commissione europea. Strumento interessante e ricco di informazioni … anche per quel 44% di europei che dichiarano di non sapere nulla in merito alla destinazione degli Aiuti ai Paesi poveri della Unione.

Nonostante la crisi economica fosse già aperta, quindi, la UE è riuscita a mantenere il livello dell’APS degli anni precedenti e, quel che più conta, un grado di efficienza rimarchevole come testimoniato dai 10.3 miliardi erogati nel corso dell’anno. Il 35% dei fondi sono stati destinati ai Paesi dell’Africa del Nord e sub-sahariana, il 20% a quelli europei, il 18% agli asiatici e medio orientali e solo il 6% agli Stati latino americani. La lista dei “top ten” per il 2011 risulta così composta: Turchia, Territori palestinesi, Afganistan, Kosovo, Repubblica Democratica del Congo, Serbia, Marocco, Etiopia, Sud Africa e Tunisia.

A parte qualche discrepanza di dettaglio dovuta all’incomprensibile utilizzo da parte della Commissione, per il calcolo percentuale delle allocazioni, di una vecchia classificazione dei Paesi e della loro suddivisione in categorie (Paesi Meno Avanzati, a Basso, Medio, e Medio Alto Reddito) risalente al 2008, i dati del Rapporto sembrano confermare che le indicazioni del Parlamento Europeo, ovvero di privilegiare Africa e Paesi più poveri, siano state nel complesso rispettate. Con all’incirca il 50% delle risorse destinate ai Paesi a più Basso Reddito (Low Income Countries – LICs), la UE si conferma realtà attenta alle situazioni più svantaggiate e rispettosa delle indicazioni politiche del suo organo democratico.

Buone notizie, quindi, ma che ora attendono la riprova della programmazione per i prossimi anni. La discussione sul piano finanziario (Multi Annual Financial Framework) 2014-2020, è ancora in alto mare. Gli Stati  membri riuniti nel Consiglio europeo, ostacolano l’approvazione della proposta avanzata dalla Commissione che prevede un ulteriore incremento delle risorse destinate alla cosiddetta Azione Esterna e allo “strumento” di Cooperazione allo Sviluppo; l’Agenda for Change (il documento di orientamento politico e strategico) impone un aumento dei fondi destinati ai Paesi più poveri.

La palla ora sta nelle mani del prossimo Summit straordinario convocato per il 22 e 23 novembre. Certo gli Stati membri, presieduti al Consiglio europeo dall’imbarazzato e interessato governo di Cipro, continueranno a premere per un rafforzamento della cooperazione di “vicinato”; la società civile e le ONG non devono mollare la presa in questo rush finale, anche facendosi forza dei buoni risultati recentemente ottenuti con la lobbying dei loro network europei, CONCORD in testa ; la Commissione dovrà giocare le proprie carte nella miglior verve diplomatica per ricusare gli attacchi di autoreferenzialità; il Parlamento dovrà far valere il suo potere di “co-decisione”, una delle maggiori acquisizioni introdotte con il Trattato di Lisbona. Tutto in vista di una cooperazione europea a favore dei più deboli e di esempio per quelle molto più interessate e utilitaristiche attuate dai singoli Stati membri.

 

 

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