Sviluppo sostenibile

Ue, diligenza assaltata ma è un inizio

Approvata dopo settimane di incertezza la direttiva sulla due diligence sulla sostenibilità aziendale (Csddd). Si applicherà solo a 5.500 grandi aziende e molte delle misure previste sono annacquate. Il Forum per la finanza sostenibile: è comunque un passo fondamentale. Ora tocca al Parlamento europeo

di Nicola Varcasia

La catena di fornitura brinda con un bicchiere mezzo pieno. Dopo settimane di incertezza, gli stati membri dell’Unione europea hanno votato a favore della direttiva sulla due diligence delle imprese (Csddd o Cs3d). La direttiva dovrà ora essere approvata dal Parlamento europeo.

Ok con cautela

Non mancano i primi commenti a una vicenda sulla quale erano state riposte le speranze di una più compiuta attuazione dei principi della sostenibilità al mondo delle imprese. Esprime una parziale soddisfazione, il Forum per la finanza sostenibile: «Seppur il testo approvato contenga alcune modifiche rispetto alla proposta iniziale, il Forum esprime soddisfazione per l’accordo su Csddd. L’adozione della direttiva è un passo fondamentale per affrontare l’impatto delle imprese su persone e pianeta attraverso una migliore gestione dei rischi di sostenibilità e per supportare gli investimenti sostenibili».

Equilibrio leggero

Il governo, attraverso una nota di Palazzo Chigi, ha assicurato che la direttiva «contribuirà ad assicurare che le catene di approvvigionamento delle principali imprese europee siano il più possibile rispettose dei diritti umani e della sostenibilità ambientale» e parla di un «testo equilibrato ed efficace».

Misure azzoppate

Tuttavia, gli oneri di maggior controllo sulla catena di fornitura vengono, come nota lo stesso governo, concentrati sulle società di grandi dimensioni, con oltre 1.000 dipendenti e 450 milioni di fatturato globale. Inoltre, e questo è il dato che più fa riflettere, secondo un calcolo effettuato dall’osservatorio olandese Somo, la nuova direttiva si applicherà solo a circa lo 0,05% delle società operanti nell’Unione. Si stima dunque che le modifiche diminuiranno il numero di società dell’Ue coperte dalla Cs3d da circa 16.000 a meno di 5.500. Un po’ pochino, ma è meglio di niente, dato che le big corporation sono quelle che si avvalgono del maggior numero di fornitori.

Governi col freno a mano tirato

L’obiettivo resta quello dichiarato dagli stessi attori che hanno contribuito a mitigare gli impegni, ossia alcuni governi europei tra cui il nostro è tra gli indiziati speciali assieme a quello tedesco, austriaco, finlandese e francese: monitorare le catene di approvvigionamento delle aziende e contribuire alla mitigazione degli effetti delle attività economiche sui cambiamenti climatici, nonché alla tutela dei diritti umani delle persone interessate dall’attività d’impresa.

Passi troppo piccoli

Certo, è un po’ triste pensare che solo le grandi aziende siano tenute a controllare obbligatoriamente le violazioni dei diritti umani e ambientali nelle loro catene del valore. D’altra parte, è giusto e va protetta la capacità operativa di tantissime aziende di medie e piccole dimensioni, alle quali è più che opportuno chiedere di essere oneste e di lavorare con la massima trasparenza possibile, ma non di salvare il mondo intero.

Foto in apertura: Parlamento europeo, da Pixabay

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