Welfare

Ue: cooperazione con la Cina a patto che rispetti i diritti umani

L'avvertimento contenuto in una risoluzione del Parlamento europeo pubblicata l'11 aprile

di Benedetta Verrini

I rapporti commerciali, culturali, economici tra Europa e Cina si rafforzeranno sempre di più, ma a patto che il dialogo coinvolga anche quei problemi di sicurezza, di sviluppo dei diritti umani e di creazione di uno Stato di diritto che l’Europa considera fondamentali. Con una risoluzione dell’11 aprile 2002 (Risoluzione del Parlamento europeo sulla comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: strategia UE nei confronti della Cina: attuazione della comunicazione del 1998 e future iniziative per una politica comunitaria più efficace (COM(2001) 265 ? C5-0098/2001 ? 2001/2045(COS)), il Parlamento europeo delinea la strategia dell’Unione nei confronti della Cina. Partendo dalle relazioni positive in corso, e considerando che i Giochi olimpici previsti per il 2008 potrebbero dimostrarsi una grossa opportunità nello scambio di conoscenze tra le diverse culture, si sottolinea il profondo interesse dell’Unione verso la Cina, confermato dai rapporti culturali e dalla espansione delle facoltà di sinologia. La cooperazione potrà dunque svilupparsi in tutti i campi, ma solo “se la Cina porrà fine alla violazione dei diritti dell’uomo e compirà progressi sostanziali nella democratizzazione del suo sistema politico”. Il Parlamento si compiace del sostegno della Cina alla lotta internazionale contro il terrorismo; riconosce l’impegno per la ricostruzione dell’Afganistan; prende atto del suo riavvicinamento all’India sulla questioni della sicurezza, nonostante i suoi rapporti antichi con il Pakistan; si congratula per la sua adesione all’Omc. Ma non nasconde la preoccupazione per il fatto che manchi ancora un impegno chiaro per la ratifica della Convenzione Onu sui diritti civili e politici, che si traduce in una serie di violazioni inaccettabili per l’Europa. Prima fra tutte la politica cinese nei confronti dei tibetani: nella regione di Xinjiang e nel Tibet la libertà di religione continua a essere rigorosamente limitata; un gran numero di suore e monaci sono ancora detenuti; l’identità culturale e religiosa di un intero popolo gravemente in pericolo. Non solo. L’Europa deplora il permanere in Cina della pena di morte; l’uso sistematico della tortura contro dissidenti politici e minoranze sociali ed etniche; le esecuzioni per la fornitura di organi destinati ai trapianti; l’intenzione del governo cinese di separare con la forza dai genitori 11.000 bambini nati in Cina da residenti permanenti di Hong Kong, trasferendoli sul continente. Nel campo commerciale, ricorda il Parlamento, l’Ue non può assolutamente accettare prodotti provenienti da campi di lavoro forzati. In quello delle comunicazioni, ingiustificate appaiono le restrizioni che limitano l’accesso dei cittadini a Internet. E molto resta ancora da fare nel campo della protezione degli animali, ai quali è spesso inflitto un trattamento crudele e inumano. Dal canto suo, l’Europa si impegna ad aprire un ufficio informazioni della Ue a Taipei. A monitorare, attraverso una relazione annuale, l’evoluzione dei diritti dell’uomo. E a concedere al Presidente e a tutti i gli alti funzionari di Taiwan, quei visti, negati dagli stati membri nel novembre 2001, in violazione della libertà di circolazione delle persone. Il testo della Risoluzione su www.europalex.it


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