Volontariato
Ue: Blair, Barroso e il vertice-workshop di Hampton
Una riunione "informale", durante la quale Blair vuole evitare discussioni sulle prospettive finanziarie 2007-2013
Un grande ‘workshop’, un convegno-lampo ai massimi livelli sulle sfide della globalizzazione, senza decisioni, senza dichiarazioni scritte, e senza gigantesche delegazioni di centinaia e centinaia di persone fra ministri, diplomatici e funzionari. Sarà questo, nelle intenzioni della presidenza britannica dell’Ue, lo spirito del vertice Ue di giovedì prossimo, una riunione dove tutto sarà informale e “genuinamente aperto”, secondo le parole di Tony Blair nell’invito ai suoi 24 colleghi, tranne il luogo: lo splendido castello di Hampton Court vicino a Londra.
Un formato che ha suscitato non poche critiche. Perché il vertice non si terrà a Bruxelles, dato che questa è la regola da circa tre anni? Perché un solo giorno dalle 10 alle 18, con il rischio di un frettoloso e inconcludente giro di tavolo? E soprattutto perché non si avranno “discussioni dettagliate” (sempre secondo la lettera-invito di Blair) sulle prospettive finanziarie 2007-2013, il dossier più caldo e urgente per l’Unione europea in questo momento? L’impressione diffusasi a Bruxelles e in molte capitali è che il premier britannico abbia deliberatamente deciso di fare della sua presidenza un momento di ‘pausa’ per l’Europa. Pausa e basta, secondo i maligni. Pausa di riflessione, per i più benevoli.
In effetti, a parte la questione della Turchia – dove si è visto il valore del proverbio inglese “where there’s a will there’s a way” – e una relativa accelerazione su alcuni aspetti della lotta al terrorismo, la regia di Londra finora si è distinta per inerzia e attendismo. A luglio Blair, mentre bruciava ancora il fallimento del vertice di giugno sulle prospettive finanziarie, di cui era stato fra i principali artefici, era riuscito nell’impresa non facile di strappare consensi all’Europarlamento con un discorso volitivo ed entusiasta, tipico del suo stile: le sfide della globalizzazione, era il senso, per l’Europa sono più importanti dell’accordo finanziario mancato, e la spesa europea va reindirizzata da settori ‘vecchi’ come l’agricoltura a quelli strategici della ricerca e dello sviluppo. Pochi giorni dopo, gli attentati di Londra avrebbero distolto per mesi l’attenzione dal dibattito sul bilancio Ue e sulla globalizzazione.
Giovedì il premier britannico avrà la possibilità di continuare il discorso brutalmente interrotto all’inizio dell’estate, ma qual è l’obiettivo reale di questo super-workshop al vertice? Il momento non appare propizio per svolte decisive, con una Germania che sarà rappresentata ancora da Gerhard Schroeder e la Francia di Jacques Chirac che nelle ultime settimane è tornata a insistere sulla protezione dell’agricoltura in vista del vertice della Wto a Hong-Kong, attaccando con forza il commissario Ue al Commercio Peter Mandelson. Blair lo sa e anche per questo ha deciso di non entrare nel vivo delle discussioni di bilancio e di mandare avanti la Commissione europea di José Manuel Barroso.
L’Europa, si ragiona a Bruxelles, in questo momento avrebbe bisogno di tutto fuorché di nuovi scontri laceranti in mondovisione, dopo la crisi costituzionale, il fallimento del negoziato sul bilancio di giugno e lo stillicidio negoziale di settembre sulle prospettive di adesione della Turchia (finito ‘bene’, ma ai tempi supplementari e senza entusiasmo). Anche Londra condivide quest’interesse a una ripresa lenta della discussione, senza surriscaldare il motore ancora lontani dal traguardo. Con un gioco delle parti preparato accuratamente, Barroso e Blair hanno confezionato le proposte presentate giovedì scorso all’Europarlamento dal presidente della Commissione per rilanciare il dibattito sul bilancio.
Prima di negoziare le cifre, come Blair ha sostenuto in vari interventi negli ultimi giorni, secondo i due bisognerebbe prendere coscienza della gravità delle sfide attuali. Nel piano in cinque punti presentato da Barroso si propone infatti di dedicare almeno il 60% della spesa dei fondi strutturali Ue al rafforzamento della competitività, e di dedicare un terzo del bilancio comunitario all’innovazione. Un fondo Ue contro gli shock della globalizzazione (una vecchia proposta di Romano Prodi, ma ora con dotazione ridotta da 7 a 3,5 miliardi) e la promessa di non rimettere in discussione l’accordo sulla Politica agricola comune (Pac) del 2002 se non per qualche ritocco minimo sono le ricette di Barroso per cercare di tenere buona la Francia.
Così, dietro l’idea del vertice super-informale sulla globalizzazione, si cela chiaramente un primo sondaggio britannico (e della Commissione Ue) sulle direzioni da prendere nel negoziato. L’estrema prudenza delle proposte di Bruxelles non è casuale. Blair farà di tutto per evitare che le questioni dello ‘sconto’ britannico e della spesa agricola, su cui è naufragato l’accordo nel vertice di giugno, siano sollevate esplicitamente a Hampton Court: fiuterà il clima, in vista di una proposta un po’ più dettagliata da presentare nella prima settimana di novembre.
Alla fine il leader laburista sa, come ha detto Barroso giovedì al Parlamento, che “senza accordo sulle prospettive finanziarie pluriennali il 60% del bilancio resterà paralizzato”, inclusa la parte sulle politiche più innovative, mentre proprio l”odiata’ Pac sarebbe l’unica a poter continuare a funzionare in automatico. E’ probabile quindi che da qui a dicembre, come ha indicato nel suo invito ai colleghi, Blair faccia degli sforzi effettivi per cercare di raggiungere un’intesa: anche perché, da un punto di vista britannico, è l’unico a poter proporre una qualche forma di modifica del privilegio dello ‘sconto’ strappato da Margaret Thatcher nel 1984 senza che ciò appaia un’iniqua imposizione di Bruxelles. In caso contrario, da gennaio il testimone passerà alla piccola e tenace Austria, e la presidenza britannica, come spesso accade ai paesi più grandi, sarà ricordata più per le polemiche e i successi mancati che per gli obiettivi raggiunti. Con buona pace del summit-convegno sulla globalizzazione.
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