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Uday e Qusay, gli orchi trasformati in eroi

E' nato a Mosul, la città dove sono stati scoperti e uccisi i due figli di Saddam. "Erano prepotenti e uomini crudeli. Ma gli americani non si devono illudere" (di Selena Delfino).

di Redazione

E’ l?iracheno più famoso d?Italia. Sin da quando con La Straniera, storia d?amore appassionata in una Torino multietnica, ha vinto il Premio Grinzane Cavour 2001. Nato a Mosul, in Iraq, scrittore e docente di cultura araba all?Università di Genova, Younis Tawfik ha pubblicato pochi mesi fa L?Iraq di Saddam, un monologo sul rapporto con il regime e l?allora imminente conflitto. “Il protagonista sono io”, spiega, “ma avrebbe potuto essere anche un qualsiasi giovane iracheno di quei periodi. Eravamo tutti cresciuti subendo il ?lavaggio del cervello? da parte del regime che usava stratagemmi molto astuti e ben studiati per avere il nostro consenso”. Mosul, la città natale di Tawfik, è salita settimana scorsa alla ribalta delle cronache mondiali perché lì sono stati sorpresi e uccisi i due figli di Saddam. Il dialogo con Younis Tawfik comincia proprio da qui. Vita: L?esercito Usa alla fine è riuscito a eliminare Uday e Qusay, i due figli di Saddam, e il nipote adolescente. Quale potrà essere la reazione del rais? Younis Tawfik: Penso che Saddam non resterà con le mani in mano. Anche se era sempre stato in contrasto con Uday, il figlio maggiore ?pazzo?, si parla comunque della morte dei suoi figli più cari. Saddam amava molto il più piccolo, Qusay, che gli assomigliava anche come carattere. Cercherà di vendicarli, se potrà. Ne sono certo. Come sono sempre stato certo del fatto che la famiglia Hussein non si sarebbe mai arresa e avrebbe combattuto fino all?ultimo. Vita: Qusay aveva anche un ruolo centrale all?interno del partito… Tawfik: Infatti. Uday e Qusay, malgrado la loro nota crudeltà, godevano di un sostegno notevole. Potevano vantare dei seguaci, dei veri e propri fedeli, quindi credo che ci sarà una reazione anche a livello ?tribale?, di clan. Non dimentichiamo che in Iraq vige la legge del taglione. Vita: Saddam potrà di nuovo calarsi nei panni del martire? Tawfik: Le leggende cresceranno, e loro rimarranno impressi nelle menti come degli eroi che hanno resistito fino alla morte; si costruirà il mito del “nipotino che ha sparato fino all?ultimo”? E sono leggende destinate a far leva su tutto il popolo arabo. Come scrivevo anche nel mio libro, Saddam non desidera altro che passare per l?eroe-martire. Lui e la sua famiglia si sono impossessati della storia dell?Iraq. Non soltanto del suo passato, ma anche del presente. Ma loro non sono la vera resistenza! Loro non hanno nulla a che fare con il patriottismo: altrimenti non avrebbero mai massacrato il popolo iracheno come hanno fatto. Purtroppo, oggi, con questi avvenimenti sono diventati dei patrioti… Vita: Prevede quindi un?escalation di violenza a partire da questo avvenimento? Tawfik: Credo di sì. Non finirà qui. Lo hanno dimostrato le manifestazioni di questi giorni nelle quali sono addirittura ricomparse le foto di Saddam e dei suoi figli con le armi in mano. Credo che in Iraq stia succedendo qualcosa di grave che non sappiamo e che l?informazione non svela. Vita: Lei che informazioni ha dall?Iraq? Tawfik: Le informazioni che ho dall?interno del Paese dimostrano che la guerra vera continua. Ho avuto in questi giorni notizie proprio da Mosul che confermano questo: tutta la città antica è impraticabile, così come le altre due città del cosiddetto ?triangolo sunnita?: Al-Fallujah e Bassora. I sunniti hanno detenuto il potere dal 58 fino ad oggi; la famiglia reale era sunnita? Ora, nel Consiglio governativo costituito, ci sono solo 3 rappresentanti sunniti e ben 13 sciiti. Si sentono i veri perdenti, continueranno a resistere. Vita: Secondo lei l?Occidente come dovrebbe comportarsi? Tawfik: Bisogna cambiare subito politica. Il Consiglio di sicurezza dell?Onu deve intervenire con nuove risoluzioni per internazionalizzare il potere iracheno. è necessario coinvolgere buona parte delle nazioni del mondo, ma non solo al fine di garantire la sicurezza in Iraq: anche per iniziare la ricostruzione. L?Iraq oggi è in mano americana. Gli appalti sono in mano americana. Io non sono antiamericano ma non accetto che il mio Paese sia in ostaggio. Vita: Anche lei definirebbe questa presenza ?occupazione? ? Tawfik: Non riesco a vedere altra definizione. E ci sono dei motivi giuridici per farlo. È stata e continua ad essere una guerra illegittima. Non hanno trovato le armi di distruzione di massa. In questi giorni abbiamo visto che alcune delle altre motivazioni apportate erano delle grosse ?bufale?. In più è stata una guerra scatenata senza il consenso delle Nazioni Unite. Se fossero entrati in Iraq con il consenso dell?Onu, magari con qualche squadrone iracheno, formato anche solo da dissidenti, oppositori all?estero? si fosse vista una bandiera irachena accanto a quella americana? in questo caso nessuno avrebbe parlato di una guerra di occupazione. Ma cosa vogliono dire frasi come “azzerare l?esercito iracheno”, oppure “azzerare la Costituzione”? Cosa vuol dire “mandare a casa tutti gli impiegati”? Vuol dire voler annientare una nazione intera. L?Iraq oggi è inesistente a livello amministrativo e istituzionale. Si vuole ricostruirlo ex novo, ma non si può fare questo con una nazione che ha una tradizione antica e una storia millenaria come l?Iraq. Vita: Lei è in Europa dal 79. Perché ha scelto la strada dell?esilio e perché proprio l?Italia? Tawfik: Erano momenti molto difficili nella storia dell?Iraq. Quando nel 79 Saddam salì al potere avvertii che dei gravi cambiamenti stavano sconvolgendo il Paese. Così scelsi l?esilio approfittando della necessità di proseguire la mia carriera universitaria: a quel tempo non era molto semplice uscire dall?Iraq, il rischio era quello di essere considerati degli oppositori. Bisognava agire d?astuzia. Io ebbi la scusa di dover approfondire gli studi. Ho scelto l?Italia per un motivo prettamente letterario. Volevo studiare la lingua italiana per avere la possibilità di leggere la Divina commedia in originale. Vita: Dante? Perché? Tawfik: è abbastanza semplice, perché la presenza della cultura araba nella Divina Commedia è chiarissima esaminando anche solo la struttura dell?Aldilà, ad esempio dell?Inferno. La struttura piramidale a cono rovesciato è prettamente islamica, così come altri elementi: la presenza delle fiere, la guida, il tipo di pene afflitte ai dannati? sono tutti elementi che troviamo anche ne Il libro della scala di Maometto. Ma anche altrove: verso l?anno Mille troviamo tutto questo anche in un libro in prosa e in poesia di un poeta siriano che s?intitola Le epistole del perdono; esistono testi del sufi Ibn al-Arabi che parlano del viaggio nell?Aldilà nello stesso modo. è insomma una struttura nata alla fine del VII secolo d. C. con Maometto e sviluppatasi nella cultura islamica fino al 1400 in Iran grazie al mistico Senai. Vita: Lei tornerà in Iraq? Tawfik: In un futuro credo di sì. Sogno di poter aprire una specie di Casa della cultura italiana a Bagdad. Se riuscissi a fare una cosa del genere, tornerei.

Selena Delfino


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