Famiglia
Ucraina, l’appello di Caffo: “Sui bimbi di guerra l’Europa non può fallire”
Intervento del fondatore di Telefono Azzurro protagonista a Varsavia nella conferenza "How to Ensure and Promote Mental Health during War", organizzata delle associazioni che si occupano di protezione dell'infanzia. "Trasferire a tutti i soggetti che entrano a far parte della 'filiera dell’accoglienza e della protezione' gli strumenti per potersi raffrontare con questi bambini in maniera adeguata". Il rischio tratta
La Conferenza di Varsavia, di cui Telefono Azzurro è tra i promotori e che è diventata in pochi giorni un punto di riferimento a livello europeo per enti, associazioni, ma anche per governi e istituzioni, se pur nata dalla drammatica contingenza del conflitto ucraino e dall’emergenza delle centinaia di migliaia di bambini e adolescenti in fuga, traumatizzati dalla violenza della guerra, segna un salto di qualità importante nell’approccio al tema dei bambini scomparsi e – spesso – vittime di tratta e di abusi.
È evidente quanto l’Unione Europea si sia trovata impreparata rispetto alla capacità di comprensione e di gestione della tragedia dei bambini in fuga dalla guerra. Una tragedia che, per la sua dimensione e gravità, e dopo due anni di infanzia ferita dalle restrizioni e dalle paure della pandemia, sta mettendo in crisi i dispositivi già esistenti e rodati, tanto a livello nazionale che a livello europeo.
Bisogna dare un passo in più. È estremamente necessario, e non più rinviabile, uno sforzo per mettere a sistema le competenze, le best practices, i modelli di intervento. Creare percorsi strutturati di dialogo tra Istituzioni, authorities, forze di polizia, agenzie educative, società civile, ma anche aziende e media, ripartendo dall’ascolto dei bisogni per poter mettere in campo professionalità e soluzioni integrate, ma anche tecnologie, capaci di dare risposte a scenari in trasformazione.
La crisi dei bambini ucraini rappresenta un banco di prova rispetto al quale l’Europa, e ciascuno di noi, non può permettersi di fallire, o di attendere. La strada da percorrere non può che essere quella di mettere in collaborazione tutte quelle competenze – pubbliche, private, associative – capaci di portare un contributo rapido, competente, professionale, attraverso un’azione di coordinamento che sia in grado di affrontare e gestire in maniera transnazionale i bisogni primari (accoglienza, protezione, ricollocazione in contesti sicuri) e a medio termine (cura, istruzione, inclusione) dei piccoli ucraini.
Il lavoro che da decenni sta svolgendo, sul fronte della scomparsa e della tratta, il network del 166.000, la linea di emergenza transfrontaliera per i bambini scomparsi di cui Telefono Azzurro è il referente per l’Italia, rappresenta senza dubbio un modello interessante e funzionale di capacità di affronto. La dimensione del dramma ucraino richiede però un approccio più vasto.
I due temi centrali
Due sono i temi su cui portare l’attenzione. Uno, più immediato: la necessità di strutturare l’accoglienza e garantire protezione a questi bambini.
La mancanza di policies comuni, la mancanza – soprattutto – di dati biometrici che consentano la tracciabilità degli spostamenti, cui si aggiungono percorsi d’accoglienza talvolta gestiti da strutture private che si muovono in maniera indipendente, creano situazioni di incertezza e aprono spazi di rischio per i minori. Bisogna quindi lavorare a livello normativo e di governance, ma anche sull’implementazione di tutte quelle tecnologie che possono fare la differenza nella gestione di questi eventi.
Il secondo aspetto riguarda la capacità e la preparazione necessarie a gestire il delicatissimo aspetto dell’equilibrio e della salute mentale di bambini e adolescenti in fuga dal conflitto, predisponendo risposte concrete di medio e lungo termine per affrontare le conseguenze dei traumi ai quali sono stati e sono sottoposti.
Bisogna quindi investire competenze e risorse nell’ambito della formazione, trasferire a tutti i soggetti che entrano a far parte della “filiera dell’accoglienza e della protezione” gli strumenti per potersi raffrontare con questi bambini in maniera adeguata, con la consapevolezza degli effetti e delle ricadute dei traumi che hanno subìto. Gioca un ruolo fondamentale, in questo, la capacità che sapremo mettere in capo nel formare le persone della scuola e delle diverse agenzie educative affinché siano in grado di gestire questa situazione nuova e inaspettata.
Una sfida anche per l'Italia
L'incontro di Varsavia ha avviato una positiva piattaforma di riflessione, uno questo spazio di confronto, aperto e partecipato, tra tutti i soggetti europei che vogliono essere parte di questa grande sfida.
Una sfida rispetto alla quale il nostro Paese, con la sua antica storia di accoglienza e con una cultura e competenza di altissimo livello nell’ambito dell’associazionismo e delle risposte alle fragilità sociali e umane date da un Terzo settore maturo e innovativo, ha senza dubbio l’opportunità di giocare un ruolo guida in questo processo. E il momento di farlo è ora.
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