Mondo

Ucraina, il soccorso delle imprese

Uno spaccato della mobilitazione delle aziende per il Paese invaso un anno fa: grandi banche, come Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm; big delle risorse umane, come The Adecco Group; gruppi energetici come Enel, Edison e Hera; società di trasporti, come Flixbus e Dhl. Non solo profit: nel gruppo, anche la piattaforma di pagamento PagoPa (Mef) e la Coop con i propri soci. Beneficiari: Unhcr, associazioni, ong, Caritas. Dal numero di VITA in edicola e nello store

di Giampaolo Cerri

Solidarietà “made in Italy”, nel senso imprenditoriale del termine. L’emergenza ucraina, caratterizzata nel nostro Paese da una grande mobilitazione dal basso – spontanea, quasi “privata” prima che associativa – ha registrato, specularmente, un articolato impegno del mondo produttivo.

Talvolta accogliendo o sostenendo profughi che erano colleghi, lavorando nella sede ucraina del medesimo gruppo o in una società collegata. In un mondo sempre più globalizzato era inevitabile. Intesa Sanpaolo, per esempio, ha accolto in primavera 180 persone, bancari coi loro familiari. Si tratta degli addetti della Pravex Bank, sistemati in una trentina di appartamenti di proprietà della banca. Ad accogliere i primi, arrivati all’aeroporto di Orio al Serio (Bg), Paola Angeletti, chief operating officer del gruppo, per un gesto che non sapeva certo di cerimoniale: «Era il segno di un’attenzione alle persone che, come primo datore di lavoro privato in Italia, consideriamo un nostro tratto distintivo», rammenta.

Anche Unicredit, altro gruppo bancario italiano presente all’estero, ha fatto lo stesso, attraverso il team di Group Security, anche se i colleghi ucraini hanno preso la via dei Paesi più vicini: Polonia, Romania, Slovacchia. Adecco, il gigante delle risorse umane, dal suo quartiere generale di Zurigo, ha messo a disposizione di 400 lavoratori ucraini in Italia, i trasporti via pullman per sfollare i parenti. Agli stessi dipendenti, The Adecco Group in Italia, ha concesso un mese di retribuzione aggiuntiva base come una tantum. «Nel contesto di emergenza attuale e che non accenna ad arrestarsi», rammenta Andrea Malacrida, country manager, «il gruppo ha voluto mostrare la propria vicinanza e fornire un supporto ai lavoratori e a tutto il popolo ucraino».

Intesa Sanpaolo per esempio, in un intervento complessivo di 10 milioni, erogato tramite 12 organizzazioni – dalla Caritas alle Misericordie, dal Cesvi al Consiglio italiano rifugiati – ha donato 4,15 milioni all’Agenzia Onu per i rifugiati – Unhcr, 3 dei quali direttamente dalla banca e 1,15 come “raddoppio”, da parte della stessa Intesa della cifra raccolta tra il pubblico sulla sua piattaforma ForFunding. Senza dimenticare i 300mila euro del Fondo di beneficenza, andati a Soleterre e a Medici senza frontiere – Msf. «Un programma di azioni concrete, integrate tra loro che si inseriscono nel solco del grande impegno di solidarietà e di contrasto alle disuguaglianze», aggiunge Paolo Bonassi, responsabile Direzione Strategic support della banca. Per tornare a Unicredit, il gruppo ha mosso la propria fondazione di impresa, Unicredit Foundation, che ha raddoppiato quanto donato dai dipendenti a livello gruppo, assegnando un contributo totale di circa 845mila euro a Croce Rossa, Save the Children e Unhcr.

In Italia, la banca di Piazza Cordusio ha sostenuto l’hub milanese #HelpUkraine, organizzato da Avsi, e al quale hanno partecipato altre associazioni, fra cui Famiglie per l’accoglienza: un centro nevralgico che ha permesso di aiutare migliaia di ucraini in arrivo nel capoluogo lombardo. Ai rifugiati si è particolarmente dedicato un altro gruppo bancario: Banco Bpm. Piccoli profughi, in questo caso, aiutati per il tramite della rete delle Caritas. Fondi raccolti fra i dipendenti e fra i clienti che hanno permesso di trasferire a Caritas Italiana un contributo di oltre 1,27 milioni di euro, col quale è stata sostenuta la “gemella” ucraina e, in Italia, il progetto Apri agli Ucraini e, nei territori, 20 Caritas diocesane (da Milano a Roma, da Padova a Perugia). «Siamo orgogliosi per questo contributo che è destinato ad ampliarsi grazie a nuove attività da intraprendere sulla base degli sviluppi futuri dell’emergenza umanitaria, a conferma del costante impegno di Banco Bpm sul fronte della solidarietà», ha detto l'a.d.Giuseppe Castagna.

Aiuti e accoglienza il mix di Edison e Fondazione Eos

Verso i bambini si è mossa anche la società energetica Edison, con la sua Fondazione Eos, che ha messo a disposizione il proprio fondo emergenziale, a cui si è aggiunto il contributo dei dipendenti: 500mila euro andati a Terre des Hommes per i rifugiati fra cui, appunto, molte decine di bambini a Milano. Attività di inserimento scolastico, di supporto psicologico, e sportive, col Rugby Milano e Rugby Sempione. A Torino, invece, sostenuta "Casa Oz", che ha accolto le famiglie di piccoli pazienti oncologici ricoverati al Santa Margherita. Un’altra azienda energetica, la bolognese Hera, ha partecipato con 200mila euro alla raccolta promossa da Regione Emilia-Romagna mentre i dipendenti hanno aggiunto 25mila euro per Unhcr, anche tramite la piattaforma di welfare aziendale.


Sempre nel comparto energetico, anche Enel attraverso il proprio personale e tramite Enel Cuore, storica organizzazione non profit del gruppo, ha sostenuto con un milione di euro Save the Children e Unhcr. Agenzia Onu scelta anche dalla già citata Adecco, che con la propria Fondazione è intervenuta con 200mila euro, «per supportare in particolare donne e bambini». Benficiarie di quel contributo anche Fondazione Rava, Progetto Arca, Mission Bambini e Soleterre. Il gruppo, a livello globale, ha messo a frutto le proprie competenze specifiche creando Jobs for Ukraine, portale che mette a disposizione dei cittadini ucraini in fuga opportunità professionali e formazione. Di nuovo Unhcr (con Msf e Comunità Sant’Egidio) ha ricevuto 1,3 milioni raccolti da #coopforucraina, campagna proposta da Coop per i propri clienti e soci. Mobilitazione gemella, anche per importo, di quella, di poco precedente, a favore dell’Africa.

Donare i servizi: il caso FlixBus

Il filone di chi ha messo in campo la propria esperienza produttiva – ore di lavoro del proprio personale, uso dei mezzi aziendali – , a favore della causa del popolo ucraino, è interessante. FlixBus, la multinazionale del trasporto di persone via pullman, si è mobilitata coi propri autobus, almeno una dozzina, per sfollare su richiesta dell’Onu oltre 500 bambini provenienti dagli orfanotrofi situati in aree ad alto rischio (come Kharkiv e Odessa). Successivamente, il gruppo ha deciso di mettere a disposizione 6mila voucher, donati dipendenti e da dirigenti a persone in fuga dall’Ucraina, operazione che ha coinvolto anche l’Italia: «Abbiamo sentito il dovere di fare la nostra parte nel supportare le persone nel ricongiungimento con la propria comunità di riferimento» ricorda a VITA, Andrea Incondi, managing director. Dalla logistica, emerge la storia di Dhl Express. Ai primi di aprile, quando c’era da sostenere lo sforzo di accoglienza delle ong impegnate nei Paesi confinanti con l’Ucraina, la società ha messo a disposizione il volo di un cargo, da Malpensa alla Romania, con 21 tonnellate di cibo raccolti, su base volontaria, tra i dipendenti di Sea, la società di gestione degli aeroporti milanesi. I grandi spazi di Fiera di Milano, negli stessi giorni, sono diventati dei grandi centri di raccolta di generi di prima necessità.

A convogliarli in quegli spazi, la stessa Fondazione di impresa, con la milanese Progetto Arca, raccolti fra tante aziende. L’esito: sette Tir, che avevano raggiunto un’altra era, la polacca di Ptak Warsaw Expo, trasformatasi invece in un grande campo profughi. PagoPa, la piattaforma di pagamento verso gli uffici pubblici, ha realizzato accessi dedicati, per facilitare al massimo le donazioni a favore di sei realtà umanitarie, fra cui Croce Rossa Italiana. Non solo, ha azzerato anche le commissioni in caso di utilizzo di carte di credito: da marzo oltre 700mila euro.

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