Guerra & Pace

Ucraina, da Kharkiv sentiamo solo le sirene e la voglia di vivere come europei

Angelo Moretti, portavoce del Movimento europeo di azione nonviolenta, si trova a Kharkiv, insieme ad un gruppo di attivisti dell'associazione, per incontrare la società civile locale. «In Ucraina, lo scontro in Tv tra Trump e Zelensky», scrive, «non ha avuto la stessa intensità registrata fuori dal Paese. Cosa farà Trump da Washington non è importante. La vera domanda che ci si pone qui è cosa farà l’Europa»

di Angelo Moretti

Sarà un destino o una vocazione del Movimento europeo di azione nonviolenta – Mean, ma ci capita spesso di organizzare le nostre missioni in Ucraina, con largo anticipo, e poi trovarci a ridosso della partenza con notizie sensazionali che fanno preoccupare non poco gli attivisti e le attiviste. Accadde nella seconda missione, il 7 maggio 2022, quando i media del pianeta paventarono l’idea che Putin volesse chiudere la guerra con un bombardamento a tappeto  per omaggiare la memoria della vittoria del nazismo, il 9 maggio, ed è accaduto a ridosso di questa tredicesima missione. Mentre siamo già sul punto di salire sull’aereo che ci porterà in Polonia, il mondo intero commenta lo scontro in TV tra Trump e Zelensky, come una svolta storica che di qui a breve determinerà, in un modo o nell’altro, le sorti della guerra. C’è un solo posto nel mondo, probabilmente, in cui la notizia non ha avuto la stessa intensità drammatica, ed è l’Ucraina, ci è capitato a maggio 2022 ed ancora in questi giorni. 

Siamo qui dal primo marzo, in viaggio nei vagoni-cuccetta con migliaia di ucraini transfrontalieri o perennemente in treno per far visita ai propri familiari. Parliamo un po’ con chi capita, il tragitto da Premzyl, Polonia, a Kharkiv è lungo 23 ore ed abbiamo spezzato con una tappa a Kyiv. Tutti parlano della fatica della loro quotidianità, ai tempi di guerra e non solo, si fanno battute su Trump, ma nessuno si chiede se questo fermerà  la resistenza, la resistenza continua finché non si ferma l’ aggressore che la provoca…

Si parla liberamente russo, si parla liberamente male del Governo per le sue politiche scolastiche ed universitarie, ci si arrabbia con i burocrati della regione che ancora non fanno riaprire i teatri a Kharkiv mentre in altre città, che vivono lo stesso grado di rischio, i luoghi di cultura sono riaperti da un pezzo (sembra di avere un dejavù con le zone rosse regionali durante il Covid), gli adolescenti parlano di sogni di carriera e dello stress a vivere e studiare in mezzo alle sirene, ma nessuno si lascia andare a quel racconto che va tanto di moda dalle nostre parti, in chi in Ucraina non ci viene ma di Ucraina parla ogni giorno, nessuno pronuncia: “finiamola qui e la Russia si prenda pure le nostre vite e le nostre terre!”. Si parla dei fratelli, dei figli, dei mariti che vanno e vengono dal fronte come di un “luogo” che c’è e che non dovrebbe esserci, ma che se c’è allora va presidiato, come si farebbe di un pronto soccorso senza medici o di una scuola senza docenti. Di Trump e della sua maleducazione mafiosa, del dito puntato di Vance, qui non ne frega niente a nessuno. 

Gli abitanti vivono qui ora per ora, non sanno mai se la prossima sirena darà a loro il tempo di ripararsi davvero (in tre giorni che siamo qui è caduta una bomba che ha fatto ben 8 feriti su un condominio civile). Ce lo dicono candidamente e subitaneamente i due Vescovi, latino e greco cattolico, che  incontriamo nella basilica Greco cattolica dedicata a San Nicola: “non possiamo organizzare nulla a lunga scadenza perché ora siamo qui e stiamo parlando, non sappiamo se tra poco noi saremo ancora qui o saremo stati colpiti da un drone e non ci saremo più”. 

Qui ci sono solo due dimensioni: il sogno di un’Ucraina libera, dalla Russia e dalle guerre, e il domani. Se oggi si arriva a domani è una gran conquista, un pezzetto di strada in più verso quel sogno. 

Cosa farà Trump da Washington non è importante. La vera domanda che ci si pone a Kharkiv è cosa farà l’Europa. Sergji si chiede un po’sfiduciato un po’ ironico “ma quanti summit ancora deve fare l’Europa per decidere cosa fare?!”. 

La domanda più completa è: stiamo morendo per l’Europa, ma cosa farà  l’Europa per noi? Perché l’Europa, non la Nato, è la vera dimensione del loro sogno di libertà e indipendenza. La loro domanda di senso non può aver a che fare con gli Usa, che stanno all’Ucraina quanto la Nato sta agli europei: uno strumento più che un sentimento, ha a che fare solo ed esclusivamente con “l’essere visti” dall’amata Europa, come scriveva Kundera relativamente al popolo cecoslovacco. 

Yevhenio, che a Kharkiv è stato vice sindaco, si chiede “può l’Europa, che ha lo stesso Pil dell’America, consentire che torni in vigore la legge della giungla alle sue porte? L’Onu è impotente, l’Osce è impotente, tutto il diritto internazionale sembra inefficace, può l’Europa non agire come forza in questo contesto?”. Loro credono all’Europa, ai suoi valori, alle sue radici, alla sua forza, e confidano che qualcosa di buono dovrà fare.  Nel centro dello splendido “Parco dei Giovani” a  Kharkiv c’è un enorme monumento a stella con dei nomi incisi, ci viene spontaneo chiedere alla nostra guida a chi sia dedicato questo imponente memoriale, “ai caduti di Chernobyl” ci risponde prontamente Sergji. Quella tragedia che colpì Bielorussia ed Ucraina in maniera quasi uguale e che segnò irrimediabilmente l’accelerazione della caduta dell’Urss. Chi andò in soccorso di quelle popolazioni ferite ed a rischio di contaminazioni dal disastro della macchina organizzativa e propagandistica sovietica? Gli europei, non solo gli Stati, ma soprattutto milioni di famiglie accoglienti. 

E allora capisci: il legame con Trump non può essere un sentimento quaggiù, se si innamorasse della causa ucraina ne sarebbero certamente felici, ma non hanno alcuna attesa su di lui (e come tutti conoscevano bene la vicinanza “valoriale” e di narrazione tra Trump e Putin), gli occhi dei giovani ucraini sono puntati solo su di noi, perché solo gli europei possono davvero tradirli, perché ci si sente traditi solo da chi si attende amore.

È per un sogno europeo che continuano a credere che l’aggressione del più forte non può vincere contro la forza della ragione, anche senza il sostegno a stelle e strisce. Trump è solo un personaggio buffo e banale, che ricorda tanto il vicino ma per fortuna, almeno lui, è lontano.

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