Famiglia
Tv e giornali, basta massacrarci: lo sfogo degli assistenti sociali
Il consiglio nazionale presenta una ricerca che accusa i media di offrire una rappresentazione distorta e offensiva dei social worker, descrivendoli come impotenti, menefreghisti se non freddi ladri di bambini. Durissimo l'attacco contro la tv: ci processa e ci condanna senza appello. Realtà o vittimismo?
Un j'accuse senza precedenti, con toni che fanno emergere una vera e propria esasperazione. E' questo il contenuto di un comunicato stampa diffuso dal Consiglio nazionale Ordine degli assistenti sociali-Cnoas per presentare la ricerca “Le rappresentazioni del Servizio sociale nei media” condotta da studiosi e docenti universitari in Germania, Gran Bretagna e Italia. In base alla ricerca, il servizio sociale non gode in Europa di buona reputazione, e la colpa è tutta dei giornalisti, rei di offrire al pubblico un'immagine «schiacciata da comodi luoghi comuni e stereotipi» e comunque parziale.
Dalla ricerca emerge infatti che sui giornali i tipici assistenti sociali “allargano le braccia”, in segno di impotenza; non vanno a casa dei cittadini; conoscono il pericolo – ad esempio quando ad essere minacciata è una donna – ma non fanno nulla, e sono addirittura considerati ladri di bambini. Una professione, dunque, quasi sempre rappresentata in modo parziale, almeno secondo il Cnoas: generalmente donna, in bilico tra la frustrazione personale e l’insensibilità professionale, quasi mai protagonista. Gli stereotipi – si legge ancora – tratteggiano gli assistenti sociali come ladri di bambini, freddi burocrati, distratti esecutori delle regole del sistema, oppure, all’estremo opposto, come eroi, amici, disponibili a un approccio flessibile, capaci di manifestare molta empatia nei confronti degli utenti, ma proprio per questo violatori di regole. O, ancora, missionari che si donano completamente alla causa dei più deboli nell’intento di coprire, con tale atteggiamento oblativo, problemi soggettivi di riconoscimento affettivo.
Ancora peggiore, sottolinea il Cnoas, è la situazione se si analizzano i programmi televisivi con al centro fatti di cronaca che hanno per protagonisti i servizi sociali. «Un dato balza all’evidenza: molto raramente gli assistenti sociali sono invitati nelle trasmissioni tv a partecipare come esperti. Al loro posto siedono psichiatri, psicologi, avvocati e giudici. Nei rari casi in cui vi partecipano, si assiste ad un paradosso: quello di partecipare senza poter partecipare. Il conduttore del programma (non sempre giornalista) chiede all’assistente sociale di parlare solo del caso affrontato in trasmissione, mentre l’assistente sociale vincolato, tra l’altro, al segreto professionale, tenta, quasi sempre invano, di allargare la prospettiva di analisi ai problemi e ai temi sociali di cui quel caso è solo un esempio».
La ricerca condotta sui media italiani dall’equipe della professoressa Elena Allegri dell’Università del Piemonte Orientale – prosegue il comunicato – conferma l’enfatizzazione e la raffigurazione strumentale e spettacolare del dolore, una sorta di processo virtuale mediatico dall’esisto assolutamente scontato e a tutto svantaggio della figura e dell’opera dell’assistente sociale. «Il tutto ammantato sotto l’ala protettiva dichiarata di tv di servizio, caratterizzata da un (finto) intento pedagogico con caratteristiche di denuncia sociale. L’arena mediatica viene troppo spesso scelta come luogo di scontro e quasi mai di confronto tra i diversi soggetti coinvolti, così come i media sono spesso, consapevolmente o meno, lo strumento (a volte ricattatorio) usato dai cittadini per sollevare l’attenzione sulla propria situazione».
I toni degli assistenti sociali sono davvero accorati, tanto da arrivare a chiedersi – facendo riferimento a un recente caso di cronaca avvenuto in Toscana – «quando avremo cittadini che per protestare contro gli assistenti sociali si arrampicheranno sul Colosseo?». Speriamo mai, diciamo noi da giornalisti, anche perchè varrebbe forse la pena di analizzare anche gli stereotipi che colpiscono questa categoria. Almeno su Vita, nel nostro piccolo cerchiamo di raccontare anche il lavoro degli assistenti sociali tenendoci il più possibile lontani dai luoghi comuni.
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